Poul Anderson - Nessuna tregua con i re
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- Название:Nessuna tregua con i re
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1974
- Город:Roma
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— Ne deduca ciò che vuole. — Gli Espisti stavano per svoltare l’angolo dell’edificio. — Non vorrei essere costretto a sparare, perciò la prego, torni indietro.
— Siamo a un punto fermo — disse l’uomo alto. — Nessuno di noi vuole infierire contro gli indifesi. Lasci che la porti fuori di qui.
Mackenzie si inumidì le labbra, inaridite dal vento e dal freddo.
— Se vuole lanciare un incantesimo su di me non faccia complimenti — lo sfidò — se no, sparisca.
— Non le proibirò di raggiungere i suoi uomini perché sembra la soluzione più semplice per convincerla ad andare via, ma le anticipo che qualsiasi gruppo armato che si proverà a entrare nelle nostre terre sarà annientato.
Mi conviene andare a recuperare i miei ragazzi. Phil non può tenere a freno quei tipi per sempre!
L’uomo alto si accostò al palo al quale erano stati legati i cavalli.
— Qual è il suo? — chiese con calma.
Non vede l’ora di liberarsi di me… Accidenti! Deve pur esserci una porta si servizio!
Mackenzie fece un fulmineo dietrofront, precipitandosi nell’atrio mentre l’Espista gridava. I suoi passi rimbombavano. No, non a sinistra. Di là c’era solo l’ufficio. A destra, dietro quell’angolo…
Si trovò di fronte a un lungo corridoio con in mezzo una scala curva. Su di essa c’erano già gli Espisti.
— Fermi! — urlò Mackenzie. — Fermi o sparo!
I due uomini che stavano più in alto aumentarono il passo, gli altri si girarono e iniziarono a scendere verso di lui.
Sparò badando bene di non ucciderli: voleva solo fermarli. I colpi rimbombarono nel corridoio. Gli Espisti caddero a terra uno dopo l’altro, feriti chi alla gamba, chi a un braccio chi a una spalla. Ma Mackenzie aveva fallito alcuni tiri, così, quando l’ultimo nemico rimasto, l’uomo alto, si avvicinò, il percussore batté a vuoto.
Il colonnello sguainò la sciabola e colpì l’avversario alla testa. L’uomo inciampò e Mackenzie ne approfittò per oltrepassarlo e gettarsi su per la scala, tortuosa come un incubo. Gli sembrava che il cuore si stesse spaccando.
Arrivato finalmente su un pianerottolo vide una porta di ferro, di fronte alla quale un uomo vestito d’azzurro stava trafficando con la serratura. Appena lo vide, l’Espista lo attaccò.
Mackenzie gli infilò la sciabola tra le gambe, facendolo incespicare, quindi gli sferrò un colpo alla mascella. L’uomo perse l’equilibrio e andò a sbattere contro il muro. Il colonnello lo tirò per la veste e lo gettò a terra.
— Fuori! — tuonò.
Gli Espisti si rialzarono guardandolo minacciosi. Mackenzie agitò la sciabola nell’aria.
— Da ora in avanti colpirò per uccidere.
— Corri a cercare aiuto, Dave — disse l’uomo che stava armeggiando davanti alla porta. — Lo terrò a bada io. — Si tenne fuori dalla portata della sciabola, mentre l’altro scendeva le scale con passo incerto.
— Vuole essere annientato? — chiese. Mackenzie provò ad aprire la porta, ma era ancora chiusa a chiave.
— Non penso che ne siate in grado senza quello che è nascosto qua dentro.
L’Espista si sforzò visibilmente di controllarsi. Passarono degli interminabili minuti, quindi dal basso si udì un rumore che si avvicinava. L’uomo tese una mano.
— Non possediamo che attrezzi agricoli — disse — ma lei ha solo quella lama. Si arrende?
Mackenzie sputò a terra. L’Espista continuò ad avanzare.
Presto arrivarono i rinforzi. A giudicare dal rumore dovevano essere un centinaio, ma la curvatura della scala permetteva a Mackenzie di vederne solo una decina. Si trattava di massicci contadini che agitavano nell’aria i ben affilati attrezzi agricoli. Dal momento che il corridoio era troppo largo per potersi difendere, il colonnello avanzò verso la scala, dove gli assalitori avrebbero potuto passare solo due alla volta.
Delle falci da fieno guidarono l’attacco. Mackenzie parò un colpo, tirò un fendente. La lama penetrò nella carne fino a colpire l’osso e il sangue zampillò, rosso nonostante la poca luce. L’uomo cadde a terra con un urlo. Quindi il colonnello schivò un affondo facendo cozzare le lame fino a bloccarle. Mentre scrutava la faccia dell’avversario, larga e scurita dal sole, venne spinto indietro. Con il taglio della mano riuscì a colpire la laringe del giovane che cadde a terra portandosi dietro l’uomo che aveva alle spalle. Impiegarono diverso tempo a districarsi e rialzarsi.
Un forcone arrivò diretto al ventre di Mackenzie. Questi lo afferrò con la sinistra facendolo deviare e sferrando un colpo contro la mano che lo impugnava. Venne colpito al fianco destro da una falce. Vide il sangue sgorgare, ma non avvertì alcun dolore, segno che gli organi vitali erano illesi. Si diede a vibrare sciabolate a destra e a manca e di fronte a quella minaccia sibilante gli avversari della prima linea arretrarono. Dio mio! Mi sembra di avere le ginocchia di gomma! Non ce la faccio a resistere neppure cinque minuti!
Si udì il suono di una tromba e riecheggiarono delle scariche di fucile. Sulla scala gli uomini si irrigidirono, qualcuno gridò.
Dal piano terra arrivò un rumore di zoccoli e una voce ringhiò: — Fermi tutti! Gettate le armi a terra e scendete. Il primo che si oppone è finito.
Mackenzie si appoggiò alla sciabola cercando di riprendere fiato. Quasi non si accorse neanche che gli Espisti se ne stavano andando.
Quando si fu un po’ ripreso, si avvicinò a una finestra e guardò fuori. La piazza era occupata dai cavalleggeri e la fanteria era in arrivo.
Fu raggiunto da Speyer, accompagnato da un sergente del genio e da diversi soldati. Il maggiore gli corse accanto.
— Tutto bene, Jimbo? Ma sei ferito!
— Oh, è solo un graffio! — disse Mackenzie che stava tornando in forze. Non era eccitato per la vittoria, provava solo un gran senso di solitudine. La ferita iniziava a farsi sentire. — Non è niente di grave, guarda.
— È vero, credo che te la caverai. Bene. Aprite quella porta.
I genieri, presi i loro attrezzi, si diedero da fare intorno alla serratura, con una grinta che almeno per metà derivava dalla paura.
— Come avete fatto ad arrivare così in fretta? — domandò Mackenzie.
— L’avevo immaginato che ci sarebbero stati dei problemi — rispose Speyer. — Appena ho udito gli spari sono saltato fuori dalla finestra e sono riuscito a raggiungere il cavallo prima che quei contadini ti aggredissero. Li ho visti mentre si riunivano. La cavalleria è arrivata quasi subito e i fanti erano poco più indietro.
— Avete trovato resistenza?
— Non dopo aver sparato qualche raffica a vuoto. — Speyer si guardò intorno. — Adesso abbiamo in pugno la situazione.
Mackenzie fissò la porta.
— Bene — disse. — Non sono più così dispiaciuto di avergli puntato contro la pistola in ufficio. Pare che i seguaci si servano tranquillamente delle vecchie armi, mentre gli Espisti non dovrebbero neppure possederle. Almeno, così dicono le loro leggi… Hai proprio avuto un’idea geniale, Phil. Come ti è venuta?
— Mi sono domandato il motivo per cui il capo aveva mandato un messaggero a cercare aiuto. Non dovrebbero essere dei telepati? Oh, ecco!
La serratura si ruppe con un tintinnio. Il sergente aprì la porta e Mackenzie e Speyer entrarono in una sala enorme e sovrastata dalla cupola.
Curiosarono per la stanza a lungo, senza parlare, osservando oggetti di metallo e di altre sostanze meno note. Non c’era niente di familiare. Il colonnello si fermò davanti a un cubo trasparente, dal quale fuoriusciva un’elica. Al suo interno si agitavano delle oscure masse informi, luccicanti di piccole stelle.
— Credevo che gli Espisti si fossero impossessati di cose risalenti all’epoca precedente le Bombe Infernali — disse a bassa voce — che avessero delle bombe segretissime mai usate, ma sembra che non sia così, vero?
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