Philip Farmer - I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata

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I cavalieri del salario viola ovvero La grande abbuffata: краткое содержание, описание и аннотация

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The Private Universe è la taverna preferita di Chib, un po’ anche perché il proprietario la gestisce illegalmente. Dionysus Gambrinus, incapace di farsi strada fra i posti di blocco, i cavalli di Frisia, i fili spinati e le trappole della procedura ufficiale, ha da tempo rinunciato ai tentativi di ottenere la licenza.

Ha dipinto apertamente il nome del suo locale sopra le equazioni matematiche che un tempo distinguevano l’esterno della casa. (Già professore di matematica all’Università 14 di Beverly Hills, con il nome di Al-Khwarizmi Descartes Lobacevski, ha dato le dimissioni e ha cambiato nome.) L’atrio e diverse camere da letto sono stati trasformati, per berci e far chiasso. Comunque, non ci sono clienti egiziani, probabilmente per la loro eccessiva suscettibilità nei confronti dei florilegi messi per iscritto dai clienti sulle pareti dell’interno:

À BAS, ABU

MAOMETTO ERA FIGLIO D’UN CANE VERGINE

LA SFINGE FA SCHIFO

RICORDATEVI DEL MAR ROSSO!

IL PROFETA ERA UN FETICISTA DEI CAMMELLI

Alcuni di coloro che hanno scritto le provocazioni hanno padri, nonni e bisnonni che sono stati a loro volta oggetto di simili insulti. Ma i loro discendenti sono stati perfettamente assimilati, sono beverlyhillsiani fino al midollo. Così è fatto il regno degli uomini.

Gambrinus, un uomo che più che semplicemente tozzo è quasi cubico, sta in piedi dietro il banco, che è a forma di quadrato, un segno di protesta contro gli ovoidi. Dietro di lui è appeso un grosso cartello:

ONE MAN’S MEADD IS ANOTHER MAN’S POISSON

Gambrinus ha spiegato molte volte questo gioco di parole, non sempre in modo soddisfacente per i suoi ascoltatori.{La frase è la parodia del proverbio inglese One man’s meat is another man’s poison , “quel che è cibo — lett. : carne — per qualcuno è veleno per qualcun altro”. Un primo gioco di parole sta nella sostituzione di poison (ingl.: “veleno”) con il francese poisson , “pesce”, cosicché la frase viene a significare “quel che è carne per uno è pesce per l’altro”. C’è però un ulteriore gioco di parole tra meat (“carne”) e mead , “idromele” e, per esteso, “bevanda alcolica”. N.d.T. } Basti dire che Gambrinus lo spiega così: Poisson era un matematico, e la distribuzione di frequenza di Poisson è una buona approssimazione della binomiale, via via che il numero delle prove cresce e la probabilità di riuscita in una singola prova è minima.

Quando un cliente è troppo sbronzo perché gli si possa dare ancora da bere, viene scaraventato fuori della taverna con furiosa energia e completa demolizione da Gambrinus, il quale, in questi casi, grida: — Poisson! Poisson!

Gli amici di Chib, i Giovani Radicchi, seduti a un tavolo esagonale, lo salutano, e le loro parole riecheggiano inconsapevolmente quelle della più recente valutazione del suo comportamento, effettuata dallo psicolinguista federale.

— Chib, monaco che non sei altro! Sei venuto per sapere come andrà, senza dubbio. Scegli, scegli!

Madame Trismegista, seduta a un tavolino sagomato a forma del Sigillo di Salomone, lo saluta. È la moglie di Gambrinus da due anni, un primato, ma è così perché lei lo accoltellerebbe, se lui la piantasse. Inoltre, lui è convinto che la moglie possa in qualche modo manovrare il suo destino, mediante le carte. In quest’era illuministica prosperano gli indovini e gli astrologi. Mentre la scienza procede, l’ignoranza e la superstizione le galoppano ai fianchi e le azzannano le chiappe con grossi denti scuri.

Lo stesso Gambrinus, libero docente, portatore della fiaccola della conoscenza (almeno fino a tempi recenti), non crede in Dio. Ma è sicuro che le stelle marcino verso una congiunzione per lui infausta. Con una strana logica, crede che le carte di sua moglie dominino le stelle; chiaramente un errore, perché non si rende conto che la cartomanzia e l’astrologia sono due campi distinti.

Che potete pretendere, da un uomo che afferma che l’universo non è simmetrico?

Chib saluta Madame Trismegista con un cenno della mano e si dirige verso un altro tavolo. Lì siede:

UNA TIPICA MINORENNE MAGGIORATA

Benedectine Serinus Melba. È alta e snella e ha fianchi sottili, da lemure, e gambe agili, ma seni grossi. I capelli, neri come le pupille dei suoi occhi, sono spartiti in mezzo da una scriminatura, incollati al cranio con lacca profumata, e acconciati in due lunghe trecce. Le trecce le passano sulle spalle nude e sono unite da un fermaglio d’oro appena sotto la gola. Dal fermaglio, che ha la forma di una nota musicale, le trecce si dividono di nuovo, e ognuna passa, in cerchio, sotto uno dei seni. Un altro fermaglio le unisce, e poi si separano ancora per girarle dietro la schiena: lì sono fissate da un terzo fermaglio e tornano a incontrarsi sul ventre. Un quarto fermaglio le tiene insieme, e le due cascate gemelle fluiscono nere sulla parte anteriore della gonna a forma di campana.

Il viso è pesantemente imbellettato di verde, acquamarina, con un trifoglio ornamentale, e di topazio. Indossa un reggiseno giallo con rosei capezzoli finti, e dal reggiseno pendono vaporosi nastri di trina. Il corsetto verde vivo ornato di rosette nere le cinge la vita. Sopra il bustino, che ne rimane seminascosto, c’è una struttura di fili metallici coperta da una lucida stoffa rosea trapunta. Dietro si estende in modo da formare una mezza fusoliera o una lunga coda di uccello, cui sono fissate piume artificiali, gialle e rosse.

Una gonna diafana ondeggia fino alle caviglie. Non nasconde le mutandine frangiate di pizzo, a strisce gialle e verde scuro, i cosciali bianchi, e le calze nere a rete con orologi verdi in forma di note musicali. Le scarpe sono di colore azzurro vivo, con tacchi alti di topazio.

Benedectine ha messo quel costume per cantare al Festival Popolare: le manca solo il cappello da cantante. Comunque, è venuta per lamentarsi, tra le altre cose, perché Chib l’ha costretta a disdire il suo numero e quindi a perdere l’occasione di fare una grande carriera.

Lei è in compagnia di cinque ragazze, tutte fra i sedici e i ventun anni; tutte bevono S. (per “sballo”).

— Non possiamo parlare in privato, Benny? — chiede Chib.

— Perché? — La voce di Benedectine è bellissima, in chiave di contralto, ma imbruttita dall’inflessione.

— Mi hai fatto venir qui per farmi una scenata in pubblico? — dice Chib.

— Per amor di Dio, che altra scenata può esserci? — strilla lei. — Guardatelo! Vuol parlarmi a quattr’occhi!

Allora Chib si rende conto che Benedectine ha paura di restare sola con lui. E soprattutto è incapace di star sola. Adesso capisce perché insisteva per lasciare aperta la porta della camera da letto mentre Bela, la sua amichetta, era a portata di voce, e sentiva tutto.

— Avevi detto che lo facevi solo con il dito! — grida lei. Si indica la pancia già leggermente arrotondata. — Avrò un bambino! Fetente bastardo imbroglione schifoso!

— Non è vero — dice Chib. — Tu mi avevi detto che per te andava bene, che mi amavi.

— Lo amavo! Lo amavo! dice lui! Che cazzo ne so di quello che ho detto, mi avevi così eccitato! Comunque, non ti ho mai detto di metterlo dentro! E poi, quello che hai fatto ! Mio Dio, per una settimana non ce la facevo più a camminare, bastardo.

Chib suda. A parte la Pastorale di Beethoven che sgorga dal fideo, nella sala regna il silenzio. Gli amici sogghignano. Gambrinus, voltato dall’altra parte, beve uno scotch. Madame Trismegista mischia le carte e scorreggia in una corrusca congiunzione di birra e cipolle. Le amiche di Benedectine si guardano le unghie fluorescenti, lunghe come quelle degli antichi mandarini, o fissano Chib con aria torva. La sofferenza e l’umiliazione di una appartiene a tutte, e viceversa.

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