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Jack Vance: I signori dei draghi

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Jack Vance I signori dei draghi

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Dal labirinto giunse il suono di un corno. I cavalieri si fermarono e ripiegarono; tutte le forze di Banbeck si girarono e ritornarono a tutta velocità nei meandri rocciosi.

I Fanti avanzarono di qualche passo con aria di sfida, accennando a inseguirli, poi si fermarono vinti dalla stanchezza.

Delle tre squadre non erano sopravvissuti uomini a sufficienza per formarne una sola. Erano morti gli otto Giganti, tutti gli Armieri e quasi tutti i Battitori.

Le forze di Banbeck raggiunsero il Labirinto con un vantaggio di pochi secondi. Dalla nave nera giunse una gragnuola di pallottole esplosive che frantumarono le rocce nel punto in cui uomini e draghi erano scomparsi.

Su uno sperone di roccia levigato dal vento, sopra la Valle dei Banbeck, Ervis Carcolo e Bast Givven avevano assistito alla battaglia.

I macigni avevano nascosto in gran parte i combattimenti. Le grida e il clangore salivano esili e metallici, come ronzii d’insetti. Si scorgeva lo scintillio delle scaglie dei draghi, il movimento degli uomini che correvano, ombre e guizzi: ma solo quando le forze decimate dei Basici uscirono barcollando all’aperto risultò evidente l’esito dello scontro. Carcolo scosse il capo con acido sbalordimento. — Che furbo demonio, Joaz Banbeck! Li ha messi in fuga! Ha massacrato il meglio delle loro forze!

— Si direbbe — osservò Bast Givven — che i draghi, armati di zanne, spade e mazze ferrate, siano più efficienti degli uomini muniti di pistole e raggi termici… almeno nel corpo a corpo.

Carcolo grugnì.

— Anch’io avrei fatto altrettanto, in circostanze identiche. — E rivolse a Bast Givven un’occhiata pungente. — Non sei d’accordo?

— Certamente. Senza discussioni.

— Naturalmente — proseguì Carcolo — io non avevo il vantaggio della preparazione. I Basici mi hanno colto di sorpresa, ma Joaz Banbeck non ha avuto questa difficoltà. — Tornò a guardare la Valle dei Banbeck, dove la nave dei Basici continuava a bombardare il Labirinto, facendo a pezzi i macigni. — Hanno intenzione di cancellare il Labirinto? In tal caso, ovviamente, Joaz Banbeck non avrebbe altri rifugi. La loro strategia è chiara. E, come avevo previsto, ecco le forze di riserva!

Altri trenta Fanti avevano sceso la rampa e si erano schierati immobili sul campo calpestato, davanti all’astronave.

Carcolo si batté il pugno sul palmo dell’altra mano. — Bast Givven, ascoltami attentamente! Ora abbiamo la possibilità di compiere una grande impresa, di salvare la nostra sorte! Guarda il Crepaccio Clybourne, come si apre nella valle, direttamente dietro la nave dei Basici.

— La tua ambizione ci costerà la vita.

Carcolo rise.

— Suvvia, Givven, quante volte può morire un uomo? Che c’è di meglio che perdere la vita nella ricerca della gloria?

Bast Givven si voltò e scrutò i miseri resti dell’esercito della Valle Beata. — Potremmo conquistare la gloria percuotendo una dozzina di sacerdoti. Non è necessario scagliarci contro una nave dei Basici.

— Comunque — disse Ervis Carcolo — sarà così. Io vi precedo. Tu schiera le nostre forze e seguimi. Ci incontreremo all’inizio del Crepaccio Clybourne, al limite occidentale della valle.

XII

Scalpitando e borbottando nervose imprecazioni, Ervis Carcolo attendeva all’inizio del Crepaccio Clybourne.

Davanti alla sua immaginazione sfilavano, una dopo l’altra, le possibilità sfortunate. I Basici potevano arrendersi alle difficoltà incontrate nella Valle dei Banbeck e ripartire. Joaz Banbeck poteva attaccare attraverso i campi per salvare il Villaggio dei Banbeck dalla distruzione facendosi annientare. Bast Givven poteva dimostrarsi incapace di dominare gli uomini scoraggiati e i draghi ribelli della Valle Beata. Poteva verificarsi una qualsiasi di queste situazioni: e ognuna sarebbe stata sufficiente a stroncare i sogni di gloria di Carcolo.

Camminava avanti e indietro, impaziente, sul granito scheggiato. Spesso scrutava la Valle dei Banbeck, e si voltava a spiare gli squallidi profili delle rocce, cercando le sagome scure dei suoi draghi, le figure più alte dei suoi uomini.

Accanto alla nave dei Basici attendevano due squadre di Fanteria Pesante: coloro che erano sopravvissuti al primo attacco e le riserve. Stavano acquattati in gruppi taciturni, seguendo la distruzione del Villaggio dei Banbeck. Frammento per frammento, le guglie, le torri e le pareti rocciose che avevano ospitato la gente di Banbeck si sgretolavano, precipitavano in mucchi crescenti di schegge. Raffiche ancora più violente investivano il labirinto. I macigni si spaccavano come uova. Pezzi di roccia scivolavano giù nella valle.

Trascorse mezz’ora. Ervis Carcolo, torvo in viso, sedette su una roccia.

Un tintinnio, un suono di passi: Carcolo, balzò in piedi. Snodandosi contro il cielo venivano i resti malridotti delle sue forze, gli uomini depressi, i Rissosi incupiti e petulanti, sparuti gruppetti di Diavoli, Orrori Azzurri e Assassini.

Carcolo abbassò le spalle. Cosa poteva fare, con un contingente tanto futile? Trasse un profondo respiro. Mostrarsi coraggioso! Mai parlar di morire! Facendosi avanti gridò: — Uomini, draghi! Oggi abbiamo conosciuto la sconfitta ma la giornata non è ancora conclusa. Il momento del riscatto è vicino: ci vendicheremo dei Basici e di Joaz Banbeck!

Squadrò in faccia gli uomini, sperando nel loro entusiasmo. Quelli ricambiarono le sue occhiate, apatici. I draghi, che non capivano con altrettanta chiarezza, sbuffavano sommessamente, sibilavano e borbottavano. — Uomini e draghi! — latrò Carcolo. — Voi mi chiedete come conquisteremo queste glorie? Io vi rispondo: seguitemi! Combattete dove io mi batterò! Che cosa conta per noi la morte, ora che la nostra valle è stata devastata?

Scrutò di nuovo le sue truppe, incontrando ancora una volta indifferenza e apatia. Carcolo soffocò il ruggito di frustrazione che gli saliva in gola e si girò. — Avanti — gridò burberamente. Montò sul Ragno barcollante e scese il Crepaccio Clybourne.

La nave dei Basici martellava il Labirinto e il Villaggio dei Banbeck con eguale veemenza. Da un punto elevato, sull’orlo occidentale della valle, Joaz Banbeck assisteva allo sventramento di un corridoio dopo l’altro. Gli appartamenti e le gallerie scavati pazientemente nella roccia, scolpiti, lavorati, levigati nel corso di generazioni… tutti squarciati, distrutti, polverizzati. Poi il bersaglio divenne la guglia che conteneva l’appartamento privato di Joaz Banbeck, con il suo studio, il laboratorio, il reliquario dei Banbeck.

Joaz stringeva e allentava i pugni, furioso della propria impotenza. Lo scopo dei Basici era evidente: intendevano distruggere la Valle dei Banbeck, sterminare completamente gli uomini di Aeriith… e cosa poteva impedirlo?

Joaz studiò il Labirinto. I vecchi ammassi di detriti erano andati in schegge, fin quasi alla base perpendicolare dello strapiombo. Dov’era l’apertura della Grande Grotta dei sacerdoti? Le sue ipotesi ingegnose si rivelavano rutili. Ancora un’ora e il Villaggio dei Banbeck sarebbe stato completamente devastato.

Cercò di reprimere un senso nauseante di frustrazione. Come poteva impedire quella distruzione? Si costrinse a calcolare. Chiaramente, un attacco sferrato attraverso il fondovalle equivaleva a un suicidio. Ma dietro la nave nera si apriva un burrone simile a quello in cui stava nascosto Joaz: il Crepaccio Clybourne. Il portello della nave era spalancato, e i Fanti stavano acquattati da un lato. Joaz scosse il capo con una smorfia acida. Era inconcepibile che i Basici trascurassero una minaccia tanto evidente.

Eppure… nella loro arroganza, non poteva darsi che ignorassero la possibilità di un’azione tanto insolente?

L’indecisione tormentava Joaz. Poi una raffica di pallottole esplosive squarciò la guglia che ospitava il suo appartamento. Il reliquario, l’antico tesoro dei Banbeck, stava per venire distrutto… Joaz fece un gesto alla cieca, balzò in piedi, e chiamò a sé il Signore dei draghi più vicino.

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