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Zach Hughes: Segnali da Giove

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Zach Hughes Segnali da Giove

Segnali da Giove: краткое содержание, описание и аннотация

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Da osservazioni raccolte sulla Terra risulta che nella bassa atmosfera di Giove è entrato qualcosa da cui cominciano a pervenire dei segnali. Un Ufo? La deduzione sembrerebbe inevitabile dal momento che nessuna astronave terrestre è ancora mai penetrata laggiù. Ma Zach Hughes — autore dell’indimenticabile Il campo degli Ufo e specialista di fantascienza spaziale non può certamente accontentarsi di una spiegazione così semplice…

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— Callisto Explorer, ripetete prego.

— Houston, abbiamo un bogie vicino all’orbita di Giove. Velocità presunta contosessantamila chilometri al secondo. Ripeto, velocità presunta centosessantamila chilometri al secondo. Massa di circa tre-zero-zero-zero tonnellate. Ripeto, tre-zero-zero-zero tonnellate. Houston, stiamo rilevando la traiettoria. Bogie in rotta di collisione con massa planetaria. Tempo previsto di arrivo nell’atmosfera esterna del pianeta: fra quattro ore e ventitré minuti.

— Callisto Explorer, state filmando?

— Affermativo. Stiamo filmando. Sei tu, Paul? Senti, abbiamo scoperto qualcosa di grosso, sai? Aspetta un attimo. Ecco, adesso lo vediamo. Cos’è quello, Dell? Fammi vedere. Cristo, quel bastardo è enorme. Houston? Se si piazzasse quell’affarino sulla Terra occuperebbe quattro campi di football. Presunta lunghezza, quattro-zero-zero metri. Profilo cilindrico, affusolato a entrambe le estremità. Propulsione misteriosa. Forse i razzi sono sul retro. Si avvicina in fretta.

— Callisto Explorer, dov’è il vostro bogie adesso?

— Sta per passare dietro al pianeta relativamente a noi, e lo farà tra circa cinque minuti, Houston. Un attimo, Dell, hai visto anche tu quello che ho visto io? Houston, c’è una qualche attività a bordo del bogie. Ho visto un bagliore, che è apparso sul nostro schermo ed è stato trasmesso dal radar. Sul davanti della nave, relativamente al pianeta. È possibile che l’attività sia in relazione alle operazioni di frenaggio. Si, ha rallentato un po’. Houston, ha rallentato in un tempo impossibile: ha perduto il cinquanta per cento della sua velocità in dieci secondi. La stiamo perdendo adesso, Houston. I suoi contorni stanno diventando indistinti per via dell’atmosfera. Non va dentro direttamente, ma si avvicina in posizione orbitale. Adesso sta scomparendo, e non vediamo altro che il pianeta.

Dom era seduto sull’orlo della poltrona. Sentiva un brividino tipico alla nuca, vicino all’attaccatura dei capelli, il brivido che provava di solito davanti all’ignoto. Il polso e il respiro erano affrettati rispetto alla norma.

— Interessante, vero? — disse J.J. con un sorriso ironico.

— Cos’è un bogie? — chiese Dom che non conosceva quel termine, ma che capiva bene che si riferiva a un’astronave non identificata di proporzioni gigantesche.

— È vecchio slang usato da alcuni astronauti delle navi da esplorazione — disse J.J. — Risale alle guerre del secolo scorso. Una volta ho cercato sui libri, per capire l’origine della parola. E ho scoperto che c’era un tizio di nome Bogart che recitava sempre nel ruolo del bandito in film melodrammatici. Lo chiamavano Bogie. Così nella guerra aerea il nemico, il cattivo, veniva chiamato bogie.

— E quella nave là come fate a sapere che è cattiva?

— Non lo sappiamo. In seguito il termine finì per essere applicato a qualsiasi oggetto volante non identificato.

— E quello lì continua a non essere identificato?

— Sì.

— È entrato nell’atmosfera di Giove?

— Sì. Due mesi fa la Callisto Explorer è stata sospesa dalla sua missione e mandata verso Giove, più vicino al pianeta di quanto siamo mai andati. C’è arrivata però un po’ troppo vicino. Hanno consumato troppo combustibile per uscire dall’attrazione gravitazionale e abbiamo dovuto spedire una nave di salvataggio da Marte. Riusciremo a raggiungerli, ma per adesso sono ancora nello spazio.

— Quella nave sconosciuta è venuta dall’esterno del sistema solare — disse Dom.

— Senza dubbio.

— E si è persa.

— Non necessariamente — disse Barnes sorreggendosi il mento con le mani.

— Smettila di fare il misterioso, J.J. — disse Dom.

— Ascolta — disse J.J., premendo il bottone d’ascolto nel registratore. Dom sentì le intense vibrazioni sonore che costituivano il rumore di fondo di Giove. — Bisogna ascoltare attentamente — disse J.J.

Dom ascoltò con attenzione, e sentì una serie appena percettibile di impulsi, ripetuti con ritmo costante a intervalli di pochi secondi. Era difficile immaginare la potenza di un trasmettitore capace di farsi udire attraverso il torrente di emissioni radio intensissime di quella stella mancata che era Giove.

— Impossibile — disse Dom. — Impossibile che la nave sia penetrata nell’atmosfera di Giove. Niente potrebbe sopportare una pressione di centomila atmosfere.

— Abbiamo esaminato questa serie di impulsi con tutti i computer possibili e immaginabili — disse J.J. — Ci hanno lavorato attorno i tecnici più bravi del mondo, ma non siamo approdati a niente. Se uno che non parlasse la nostra lingua ricevesse il Mayday spedito da una delle nostre navi non riuscirebbe a tirare fuori un ragno da un buco, proprio come noi non riusciamo a tirare fuori niente da questo linguaggio sconosciuto. Ma sappiamo che il segnale è straordinariamente potente; lo deve essere per poter essere trasmesso nonostante le radioonde emesse da Giove. Tutto questo fa pensare che la nave stia effettivamente orbitando all’interno dell’atmosfera. Dopo un attento studio del film girato dalla Callisto Explorer ci è sembrato di capire che la nave si sia diretta verso il pianeta secondo l’angolatura e la velocità sufficienti a farla entrare in un’orbita stabile.

— Quanto dentro? — chiese Dom.

— Ti ricordi quello scafo da immersione che avevi progettato?

— Andava bene per scendere a dodicimila metri di profondità nell’oceano — disse Dom. — Più di mille atmosfere di pressione.

— Bisognerebbe più che raddoppiare la tenuta di quello scafo.

— No — disse Dom scuotendo la testa. — Non si avrebbe alcuna probabilità di tornare.

— Nel nostro caso si tratterebbe di tremila atmosfere — disse J.J.

— No, non c’è modo.

— Un modo c’è — disse J.J. serio. — Un modo c’è, perché c’è una nave aliena, là nell’atmosfera di Giove, che sta sopportando benissimo la pressione.

— Se le osservazioni della Callisto Explorer sono esatte — disse Dom, — la nave è più veloce e più grande di tutte quelle che abbiamo noi in funzione e in cantiere. È venuta dall’esterno del sistema solare, e questo significa o che ha viaggiato per moltissimo tempo, o che ha sconfitto la costante rappresentata dalla velocità della luce. In entrambi i casi la sua tecnologia è molto più avanzata della nostra.

— Dom, ti rendi conto di che vantaggi avremmo se riuscissimo ad allontanare cento milioni di persone dalla Terra e a trasferirle in un pianeta dotato di vita del sistema di Alfa Centauri?

— Se Alfa Centauri avesse pianeti dotati di vita.

— E per ogni nuovo pianeta dotato di vita che si scoprisse, altri milioni di persone potrebbero emigrare — disse J.J. come se non avesse sentito l’interruzione.

— È un vecchio sogno, vecchissimo — disse Dom. — Ed è appunto solo un sogno, finché non ci sarà l’iperpropulsione.

— E se quella nave aliena l’avesse l’iperpropulsione?

Dom scosse la testa, convinto che era impossibile costruire uno scafo capace di resistere a una pressione di tremila atmosfere.

— Ti rendi conto di quanto sia tragica la situazione? — disse J.J. — Il terreno ci sfugge sotto i piedi. Per conservare la vita sulla Terra consumiamo le nostre ultime risorse: trasportiamo fin qui i fertilizzanti che prendiamo su Marte, per produrre cibo appena sufficiente a mantenere miliardi di persone poco al di sopra del livello d’inedia. Tu e io sappiamo che lo spazio potrebbe darci di più, che è la nostra ultima speranza, ma quella gente affamata non la pensa così. Gli affamati, davanti al budget delle imprese spaziali, dicono che si tratta di soldi spesi male, che si potrebbero spendere meglio cercando sulla Terra il modo per produrre più cibo, per sfruttare l’oceano, per bonificare le ultime foreste pluviali tropicali e per irrigare i deserti. È da prima dell’atterraggio sulla Luna che combattiamo contro quelli che ci vogliono ridurre il budget. Ci tagliano e ci riducono i finanziamenti, e alla fine vinceranno loro. Ogni secondo che passa ci sono sempre più bocche da sfamare. I terristi sono già riusciti a fare uscire la Cina dal programma spaziale, e il Giappone ha un programma solo nominale. La Gran Bretagna sta per tirare i remi in barca e arrendersi agli oppositori dello spazio. Perfino la Russia ha qualche problema. Noi adesso stiamo lottando solo per mantenere il budget attuale, e non c’è alcuna probabilità che possiamo vincere. Gli altri sono molti di più. Il budget verrà tagliato, e questo significa la fine delle esplorazioni e dell’espansione nello spazio. Saremo ridotti a fare solo il su e giù per il trasporto dei fertilizzanti. I populcratici hanno la maggioranza assoluta in tutte e due le Camere, e il Presidente è un populcratico.

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