— Ve l’ho detto, sergente — spiegò Orcutt, accarezzandosi il mento. — Esperimenti spaziali, ma questa non è un’astronave.
— No? Ma lo sembra veramente. E che cos’è allora?
— Be’, tutto quello che vi posso dire è che è un problema.
— Non è una buona spiegazione.
— Intendo dire che questa macchina ci ha posto il problema dell’iperspazio e la sua correlazione con lo spazio intorno a noi.
— In questo momento — intervenne Devan — ci stavamo occupando della trasferibilità delle strutture di cellule viventi da qui e là e quindi di nuovo qui. Soprattutto del ritorno.
— Proprio così — disse Sam Otto.
— Già, già — mugolò il sergente — e chi è il vecchio là, intorno ai fili?
— È il dottor Winfield Costigan — spiegò Devan — inventore dell’Ago.
— Comunque — commentò il sergente — non riesco a vederci chiaro. Voi inventate una cosa e non sapete nemmeno a cosa serve.
— Volete conoscere il dottore? — gli chiese Devan.
Il sergente fu presentato a Costigan, intento a osservare alcuni cavi e un diagramma.
— Funziona?
— Non ora.
— E cosa succede quando va?
— Non l’ho ancora deciso del tutto. Vi spiacerebbe darmi quella carta? — e indicò il diagramma.
Il sergente lo raccolse e glielo porse. — E come si fa a sapere quando va, allora?
— Eccoci! — esclamò il dottore, lasciando cadere il foglio a terra. — Tenete — e mise in mano al sergente una pila che il sergente impugnò alzandosi sulla punta dei piedi per vedere meglio quello che succedeva. — Ah! — disse Costigan. — È una questione di regolarità di circuito. Pochi ohms in più o in meno possono rovinare il circuito. Ora la corrente è a posto. — Si staccò dal sergente, togliendogli la pila, che poi spense e rimise a posto. Quindi si fece indietro sforzandosi, quasi disperatamente, di vedere la parte superiore dell’Ago allungando il collo.
Intanto Devan, guardandosi intorno, notò che l’agente Griffin si stava dirigendo verso di loro, girando intorno all’Ago.
— Certo che è una cosa enorme — disse il sergente — proprio come nei libri di Randolph.
— Ascolta qui — disse Griffin, battendo con le nocche sul fianco della macchina. Ne uscì un suono sordo. Griffin si avvicinò, sempre tamburellando sul corpo metallico. Guardò infine nella cavità. — E questo che cos’è?
Si fermò a esaminare le capsule un po’ più da vicino.
Nello stesso momento Costigan urlò: — Ehi!
Tutti si volsero verso di lui e, notando l’orrore sul suo volto, cercarono l’oggetto di tale sgomento. Griffin spaventato dal tono del dottore e dalla sua espressione, aveva fatto un passo all’indietro non incontrando resistenza alcuna, dato che quello spostamento lo fece cadere proprio nella cruna dell’Ago.
Sotto lo sguardo impotente di tutti i presenti, Griffin fu visto cadere all’indietro nella galleria, lanciando un urlo di terrore.
Poi scomparve e le mani che si stesero per afferrarlo non riuscirono a raggiungerlo. Il suo abito cadde vuoto a terra. Le scarpe e le calze erano grottesche a vedersi, così vuote e affiancate.
Vi furono secondi che parvero lunghi minuti di sfibrante agonia. Si poteva avvertire l’atmosfera tesa e freneticamente ansiosa.
Il sergente Peavine si mosse verso l’Ago e Devan pensò che stesse per entrarvi anche lui, ma fortunatamente Costigan aveva interrotto il funzionamento della macchina.
Steso nella cavità stava Peavine, che afferrava i vestiti vuoti dell’amico, come a cercarvi un segno di lui, ma invano.
Il silenzio che avrebbe dovuto circondare il funzionamento della macchina di Costigan fu infranto. Primo anello della catena di congiunzione con l’opinione pubblica fu il sergente Peavine. A lui seguirono Devan, Orcutt, Sam Otto, Holcombe. Tooksberry e Costigan, che si trovarono nella necessità di rispondere a uomini in uniforme, i quali passarono poi la parola ai giornalisti.
Da questo momento, il piccolo gruppo di scienziati che aveva deciso di lavorare segretamente, vide crollare nel modo più clamoroso il proprio programma. Giornalisti, fotografi, operatori, poliziotti dappertutto. Prima in giro all’Ago e poi da loro a chiedere febbrilmente notizie sul funzionamento della macchina e sulla scomparsa delle due persone. Si doveva quindi ricominciare ogni volta daccapo a spiegare, a parlare, e i sei uomini erano stanchi, affranti, con la barba lunga. D’altra parte, era stato loro assolutamente proibito di allontanarsi dallo stabile.
Non avevano più un momento di pace, era un continuo susseguirsi di lampi al magnesio: fotografie accanto alla macchina, da soli, coi poliziotti e, sempre, con gli abiti di Griffin e Glenn Basher bene in vista.
Devan era fuori di sé e pensava che si dovevano trovare anche gli altri nella sua stessa condizione di fame, sonno e stanchezza.
— Avrete la colazione non appena terminata la prima parte dell’interrogatorio — rispose alle sue sollecitazioni il tenente Harold Johnson, compresissimo nella sua parte di poliziotto.
Fu Betty Peredge a cavarli d’impaccio. Arrivò alle nove per lavorare e riuscì a farsi strada sino a loro.
Aveva letto sui giornali ed era, naturalmente, preoccupatissima.
Dopo una discussione piuttosto accesa con Johnson, riuscì a farne capitolare la resistenza e a far portare la colazione ai sei uomini. Ne avevano un gran bisogno; si radunarono nell’ufficio di Costigan, dove poterono anche sbarbarsi col rasoio elettrico.
Le loro condizioni migliorarono subito e Costigan, esprimendo la propria momentanea soddisfazione per il piccolo benessere provato, desiderò anche di poter avere, nonostante l’ora mattutina, un buon sorso di brandy.
Betty, sopraggiunta, spiegò loro che il tenente desiderava avere una dimostrazione dell’Ago e che voleva si recassero tutti sul posto.
— Purché non ci siano altre domande! — esclamò Costigan.
— E non ditelo! — ribatté Sam Otto, con gli occhietti luccicanti e il sigaro, che Betty gli aveva procurato, penzolante dalle labbra. — Dopo tutto, è pubblicità.
— A spese di Glenn Basher e del poliziotto — ricordò Tooksberry. — Proibiranno di fare altri esperimenti dopo queste disgrazie e chiuderanno questo luogo.
— Al contrario — replicò Sam Otto. — Non sapete quale enorme richiamo costituirà per la gente questa macchina. Tutti vorranno vedere e rendersi conto. E qualcuno vorrà entrare per cercare di capire e per riportarci la giusta risposta ai nostri interrogativi. State un po’ a vedere.
— Certo, se avessi saputo che questo esperimento sarebbe costato la vita di due uomini…
— E chi dice che siano morti! — esclamò Devan. — Non potremo mai saperlo sino a che qualcuno non riuscirà a entrare e a uscire!
Quando giunsero vicino all’Ago trovarono ad attenderli poliziotti, giornalisti e fotografi. Dovettero spiegar loro che cosa esattamente era successo ai due uomini.
— Bisognerebbe che la macchina adesso funzionasse — incitò Orcutt. — Griffin e Basher potrebbero essere sulla strada del ritorno in questo momento.
— Desidero una dimostrazione — disse il luogotenente Johnson — ma non desidero che ci siano altre fatalità.
— Fatalità! — esclamò Sam Otto.
— Tutti lontani dalla macchina — ordinò Johnson — ora faremo una prova!
Non appena tutti si furono allontanati dalla macchina, Costigan eseguì tutte le varie manovre necessarie a farla funzionare. Infine si volse e annunciò che il congegno era in moto.
L’occhiata che gli lanciò il tenente Johnson era dubbiosa.
— Ma come, se ha lo stesso aspetto di prima, quando non funzionava!
— Già — replicò Costigan — ma metteteci una mano e vedrete cosa succede. Andateci piano.
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