Vernor Vinge - Naufragio su Giri

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Naufragio su Giri: краткое содержание, описание и аннотация

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Come il pianeta Tschai della celebre quadrilogia di Jack Vance, anche Giri non scherza: creato fin nei minimi dettagli dalla fantasia di Vernor Vinge, è un mondo pittoresco e avventuroso popolato da una miriade di razze e tribù bellicose, alle quali non è per niente facile inculcare il concetto di Pax Galattica. Ma questo sarebbe niente se almeno su Giri ci fosse una remota possibilità di sopravvivenza…
Invece: sostanze velenose e piante poco raccomandabili, complotti di corte e intrighi tribali, violenze e pericoli, guerre e sacrifici. I due terrestri sbarcati su questo mondo pazzesco per una spedizione scientifica, e costretti a restarvi loro malgrado, si accorgeranno che c’è poco da stare allegri soprattutto quando, per tentare l’unica via di fuga, dovranno partecipare a un piano sanguinoso e assecondare la volontà di un principe folle.

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Trascorsero un’ora a esplorare le fontane e le stanze giardino della Galleria, prima di tornare finalmente alla polla di transito per saltare ottocento miglia più a nord, fino alla foresta pluviale a triplo strato che copriva la porzione equatoriale del Regno d’Estate. Lì il principe mostrò a Ionina le stanze costruite tra i rami degli alberi di legno duro che si alzavano dalle profondità fumose della vegetazione. Percorsero un ampio viale livellato su un fondo di rami e ascoltarono i ronzii e le grida della vita che scorreva sotto di loro, nel verde fitto e scuro della foresta. Dai tronchi grigio-verdi simili a pilastri si alzavano odori non identificati, a volte allettanti e a volte vagamente sgradevoli.

Pelio continuava a parlare a ruota libera, ma per tutto il tempo osservava tra sé le reazioni della ragazza e ne ammirava il corpo bruno e snello. Ionina ascoltava con attenzione e le sue poche domande erano sempre sensate, anche se a volte un po’ ingenue. Ogni tanto gli rivolgeva uno sguardo di approvazione e lui si chiedeva come lo giudicasse. Non restava a bocca aperta di fronte a ciò che le veniva mostrato, come succedeva invece a molti rappresentanti della piccola nobiltà che venivano dalle baronie più lontane a visitare per la prima volta il palazzo. Da qualche parte, pensò il principe, lei doveva aver visto cose anche più impressionanti. Ma dove? Dimenticò Samadhom, sempre a pochi passi di distanza, e anche le guardie del corpo.

Per il pasto di mezzogiorno si fermarono nel padiglione di caccia affacciato sulle pianure di Dhendgaru. La sala da pranzo era virtualmente deserta. Con tutta la nobiltà riunita nel Torrione per il ricevimento dell’ambasciatore, lui e Ionina avevano l’opportunità senza precedenti di scorrazzare per tutto il palazzo senza farsi notare. Pelio preferiva non pensare al rovescio della medaglia. Il fatto che suo padre non gli avesse nemmeno chiesto di assistere al ricevimento era solo un’altra conferma di quanto lui fosse stato allontanato dai centri di potere. Quando un giorno avesse davvero ereditato la corona, sarebbe stato il primo monarca fantoccio dopo secoli di storia.

Di solito, il pensiero lo avrebbe fatto ammutolire, ma quel giorno niente sembrava avere più grande importanza. La bvepa in salsa rosa era deliziosa, anche se Ionina non la finì. Sembrava più interessata alla distesa argentata dei campi di grano che si stendevano ondulati fino all’orizzonte. Pelio si trovò a spiegarle in che modo il raccolto di tutte quelle centinaia di miglia quadrate venisse mietuto e teletrasportato nelle foreste per dar da mangiare agli animali che costituivano la base della loro alimentazione. Dalle sue domande capì che, nel posto da dove veniva, i contadini tenevano il bestiame in alloggi appositamente costruiti e che li alimentavano con il prodotto dei campi vicini. Il che confermava la sua teoria. Solo le persone con dei precisi limiti mentali avevano bisogno di concentrare in quel modo la loro produzione di cibo.

7

Trascorsero il pomeriggio rengando nel palazzo. Le stanze non distavano mai più di una lega l’una dall’altra, così anche se l’immenso edificio si stendeva per ottocento miglia a nord dell’equatore, per altrettante a sud e per trenta sia a est che a ovest del meridiano reale, qualsiasi posto al suo interno era raggiungibile con due o tre salti al massimo. Le ore passarono e le ombre incominciarono ad allungarsi. Attraverso le lunghe finestre della stanza dei giochi Pelio scorse a ovest i primi colori del tramonto.

Guardò il tavolo da gioco. Ionina sedeva protesa in avanti, concentrata sulle palle d’argento che lui aveva appena fatto rotolare sul piano. Parve avvertire il suo sguardo e alzò gli occhi.

— C’è qualcos’altro che vorresti vedere dopo che avremo finito la partita, Ionina?

La ragazza si raddrizzò di colpo, dimenticando il gioco. Schiuse le labbra, ma rimase in silenzio per parecchi secondi, come per riflettere. Sulla terrazza sotto di loro alcuni altri meccanismi continuavano rumorosamente il loro corso.

— Sì — rispose lei alla fine. — Quando Ajao e io siamo stati… presi dai soldati, avevamo con noi molte cose. Posso vederle? Sono solo poveri oggetti ormai inutili, ma mi farebbe felice vederli.

È una bugia, pensò Pelio. Ricordò i frammenti recuperati dalle truppe. Erano strani, come gioielli dalla forma insolita. Se fosse stato superstizioso li avrebbe chiamati talismani. Tornò a specchiarsi negli occhi misteriosi della ragazza. Ebbene, mi presterò volentieri al tuo gioco. Poteva essere un’ottima occasione per scoprire di più sulle origini di Ionina, e anche se c’era qualcosa di magico connesso a quegli oggetti non avrebbe potuto causare guai il solo vederli. L’unico problema era che lui li aveva nascosti nel suo magazzino personale nel Torrione.

Spinse lo sguardo oltre il parapetto fino ai nobili riuniti nella terrazza sottostante. Nel corso di un’ora il gruppo si era ingrandito. A giudicare dagli abiti estremamente formali e dalle lunghe ombre esterne, il ricevimento si era concluso e i partecipanti se n’erano andati ciascuno per la propria strada. Forse si poteva raggiungere il Torrione senza dover parlare con troppa gente.

— Credo di poterti accontentare, Ionina… a patto che tu mi descriva la funzione degli oggetti che avevi con te.

La ragazza chinò la testa in modo quasi impercettibile, senza guardarlo negli occhi. — Lo farò, per quanto mi è possibile.

Dovettero compiere parecchi salti intermedi per adattarsi all’aria sempre più rarefatta, prima di emergere finalmente nel grande gelo della Sala Alta. La stanza si trovava a diecimila piedi sul livello del mare ed era il posto più sicuro di tutto il palazzo, a parte lo stesso Torrione. Sotto le finestre a fessura, uno strapiombo di roccia ricadeva verso il basso per migliaia e migliaia di piedi. Solo un Corporato sarebbe riuscito a teletrasportarsi fino a quella stanza senza aver prima scalato quelle altezze come pellegrino. Cinque secoli prima, quando gli antenati di Pelio avevano dominato solo il Regno Interno, limitato alle dimensioni di un moderno ducato, si erano rivolti alla Corporazione per cercare un luogo dove potersi mettere ragionevolmente al sicuro in caso di attacco. La Corporazione aveva sengato quella nicchia nella parete di roccia e aveva teletrasportato una squadra di minatori sul posto. La nicchia era stata ampliata per ricavare un’immensa sala e per raggiungerla era stata costruita una scala di pietra larga una iarda che scendeva per tremila piedi nella roccia. Chiunque si avventurasse lungo quella scala era completamente indifeso nei confronti di un attacco dall’alto, e i primi re non avevano avuto problemi nell’escludere pellegrini indesiderati. Era stato necessario più di un secolo per saldare alla Corporazione il debito contratto in quella occasione, ma la spesa si era dimostrata un ottimo investimento perché in quel modo il Regno Interno si era aggiudicato la fortezza più inattaccabile di tutto il continente. Senza quella fortezza, la dinastia di cui Pelio era l’ultimo erede e che ora si trovava a governare su un continente pressoché per intero e su buona parte di un altro, non sarebbe mai sopravvissuta. Alla fine, naturalmente, l’espediente delle stanze nascoste si era sparso anche negli stati più piccoli e il modo di assediarli e di espugnarli era diventato ampiamente risaputo. Ecco perché, in tempi più moderni, la Sala Alta aveva incominciato a essere usata solo come entrata per un ambiente molto più sicuro, il Torrione del Regno d’Estate.

Lassù l’aria era fredda. La sala era vicina all’equatore, ma il fatto non influiva sugli effetti dell’altitudine e una corrente gelida turbinava attraverso le strette fessure delle pareti. La stanza era stata suddivisa in quattro ambienti minori, anche loro grandi abbastanza da ospitare parecchie centinaia di persone e abbondanti provviste. Naturalmente, il posto non veniva usato come nascondiglio da secoli e dunque in quel momento era vuoto e cavernoso, con il silenzio rotto soltanto dal vento circostante. Tre soldati, vestiti con abiti adeguatamente pesanti, si trovavano in piedi vicino alle finestre. Pelio li guardò e vide che nessuno di loro indossava la fascia del capo sorvegliante. Si allontanò rapidamente dalla polla e andò a dare un’occhiata alle sale mino ri. Bvepfesh, dov’era il capo sorvegliante?

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