— E non se n’è mai accorto nessuno?
— Fa di tutto per non farsi notare, e c’è riuscito benissimo, visto come stanno le cose. Il concetto di famiglia dev’essergli completamente estraneo, però ha cercato di ricrearlo per tenere in piedi la commedia. Ogni sera quella gente si mette a cantare, e sembrano felici e contenti, e la signorina Connie lavora a maglia come tutte le vecchie di questo mondo, anche se non fa niente di preciso. Sferruzza, e basta. Io ho trascorso lì una sola sera, Leila, ma qualcun altro l’ha fatto per anni e anni, sera dopo sera, giorno dopo giorno…
Redpath s’interruppe, pensieroso. — Hai mai pensato che l’inferno possa essere una vecchia stanza semibuia, con poltrone imbottite e vassoi di panini, dove è proibito urlare per non attirare l’attenzione dei vicini?
Leila guardò il coltello, pensosa. — È difficile credere che qualcuno possa controllare a questo modo degli esseri umani, forzando la loro volontà.
— Ma è vero, Leila. Comunque ho il sospetto che all’inizio il controllo non sia così totale o immediato. Credo che per i primi tempi si debba restare nel raggio d’azione del mostro. È, per questo che Betty York è venuta a cercarmi e ha usato tutte le sue risorse per portarmi in quella casa. Probabilmente Albert è l’unico che di tanto in tanto disobbedisce. Sono quasi sicuro che quando gli viene voglia “fa un salto” in America solo per comprarsi le sigarette. Forse è l’elemento più difficile da controllare perché può spostarsi a suo piacimento. Sì, ha trasportato anche me nella casa di Gilpinston. Ci scommetto che quello scherzo me l’ha combinato lui. Voleva…
Redpath esitò di nuovo. — Per i cadaveri nella vasca da bagno avevi ragione tu, Leila. Non facevano parte dell’incubo, credo. Devo averli visti sul serio. Ma perché mai qualcuno dovrebbe scorticare due cadaveri? Dev’esserci ancora qualcosa che non… — Smise di parlare. Una sensazione familiare, ma ugualmente orribile, stava nascendo dietro i suoi occhi. Il suo cervello era invaso dal gelo. Nella sua testa c’era un serpente gigantesco che cominciava ad agitarsi.
— Non capisco una cosa. — Leila si girò a guardarlo, stringendo il coltello con aria noncurante. — Se tu ti sei trovato in quella casa, sotto il controllo del mostro, come hai fatto a sfuggirgli?
Redpath si portò le mani alle tempie, le rivolse un sorriso forzato, imbarazzato. — Non ci sei arrivata? Credevo che fosse ovvio. — Oscillò leggermente. La pressione sul suo cervello diventava più forte. Adesso la sua voce era stridula, innaturale. — Ho perso tempo… Credevo di essere al sicuro… [la bisogno di me, capisci… Vuole che io dia l’allarme prima che scoppi la bomba… Il nato-Tre-Volte bombarderà l’astronave, e userà una bomba molto potente, un’arma terribile… L’Inghilterra non esisterà più, Leila… Forse non resterà niente dell’Europa…
Redpath sospirò all’improvviso, fissò Leila come se la vedesse per la prima volta, cercò di controllare il tremito spasmodico dei muscoli della bocca. — Ti dirò cosa devi fare, Leila. La casa di Gilpinston è il suo rifugio, e per questo è così lontana. Pochi secondi prima che esploda la bomba… Appena prima dell’esplosione… La cosa, il grande burattinaio, si farà trasportare lì da Albert. Dopo l’esplosione ci sarà silenzio completo. Silenzio ESP, voglio dire. Il nato-Tre-Volte aspetterà un po’, resterà in ascolto, ma non percepirà niente e ripartirà, soddisfatto. Probabilmente morirò anch’io, perché il grande burattinaio non vuole correre il rischio che io sveli la sua presenza, ma tu puoi impedire tutto questo. Noi due possiamo impedirlo, se lavoriamo di comune accordo. Basta uccidere il grande burattinaio prima che cada la bomba. Il nato-Tre-Volte saprà cos’è accaduto. Scruterà la Terra coi suoi sensi e non farà cadere la bomba. O almeno lo credo. Tu mi aiuterai, vero, Leila? Dimmi che mi aiuterai, per amor di Dio!
Redpath afferrò Leila per le spalle, serrò le dita sulla sua carne tenera. Lei indietreggiò, mosse le labbra, e affondò il coltello nel corpo di Redpath. Il dolore fu assoluto, tremendo; una sintesi di tutti i dolori che avesse mai provato. Allentò la presa sulle spalle di Leila e guardò il coltello. Gli aveva trafitto la camicia, era penetrato in maniera superficiale nell’accumulo di grasso sottocutaneo quasi all’altezza della vita, e lì si era fermato. Leila, irrigidita, tremante, stringeva ancora l’impugnatura.
— Non volevi farlo — le disse, dolce, quasi paterno; poi le tolse il coltello di mano, lo ripulì dal sangue. — Ti ho spaventata e tu hai reagito perché eri impaurita, però non permetteremo che un incidente banale come questo modifichi i nostri piani, vero”?
— No, John. — La voce di Leila era debolissima. Le lacrime le scendevano copiose lungo le guance. — Scusami se…
— Non preoccuparti. — Redpath mise il coltello sul tavolo, strappò un po’ di carta dal distributore appeso al muro, l’infilò sotto la camicia per tamponare la ferita. Il sangue era già sceso, aveva formato una macchia sui calzoni, appena sotto la cintura. Stringendo la carta con la sinistra, Redpath concentrò tutta la sua attenzione su Leila. Il dolore improvviso gli aveva schiarito leggermente le idee, ma quelle pressioni intangibili erano cresciute in maniera enorme. Nel suo cervello si era scatenata una forza che adesso lottava, impaziente, selvaggia, per prendere il sopravvento.
— Non riuscirò a parlare per molto — sussurrò, preso dal panico. — Quel mostro mi sta ascoltando. Non perdere tempo a fare le valigie, Leila. Prendi il passaporto e le carte di credito e tutti i soldi che hai. Se parti subito puoi raggiungere l’aeroporto di Londra appena dopo mezzanotte. Con un po’ di fortuna puoi partire per Chicago prima dell’alba. Appena sarai arrivata prendi…
— Chicago! — Leila scosse la testa, indietreggiò. — Non posso!
— Non discutere! — La voce di Redpath era fortissima, nello spazio angusto della cucina. Il suo sguardo vagava follemente dalla faccia di Leila al coltello sul tavolo. — Perché stai a discutere? Puttana! Cosa vorresti fare?
— John, io… — Leila lo fissò per un attimo a occhi spalancati, poi corse in soggiorno.
Redpath bestemmiò, impazzito, furioso; poi prese il coltello e l’inseguì.
Il motore della mini, alimentato dalla batteria nuova, si accese subito, pronto a scattare. L’auto vibrò, tremò, ma dopo un attimo il motore si spense. Leila Mostyn continuò a far girare il motorino e a premere l’acceleratore, finché non si rese conto di aver ingolfato il motore. Smise coi tentativi di accensione, cercò di calmare l’affanno, si girò a guardare la casa. La luce delle scale esterne era accesa. Da un momento all’altro poteva comparire quell’apparizione incredibile, mostruosa, curva, con gli occhi spenti, che un tempo era John Redpath. Se l’avesse visto, probabilmente avrebbe perso ogni autocontrollo. Leila si morse le labbra, contò lentamente fino a sessanta, girò la chiave. Il motore partì.
Accese i fari, uscì dal parcheggio, infilò Leicester Road, diretta in centro. Aveva in mente di andare subito al posto di polizia; ma quando si trovò a qualche centinaio di metri dalla casa, protetta da quell’involucro di metallo che le permetteva di sfuggire a tutto, la paura diminuì gradualmente. Ricominciò a pensare nei termini consueti. Conosceva bene John Redpath. A prescindere da quello che gli era successo o da quello che qualcuno gli aveva fatto, l’idea di consegnarlo alla polizia, di vederlo chiuso in prigione, tranquillizzato a furia di calmanti, vivisezionato cerebralmente, le sembrava un tradimento mostruoso. Era pazzo, oscenamente pazzo, tanto che la paura l’aveva quasi spinta a ucciderlo a coltellate; ma doveva trattarsi di una follia passeggera, scatenata dalle droghe che gli avevano iniettato all’istituto.
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