Raphael Lafferty - Maestro del passato

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Maestro del passato: краткое содержание, описание и аннотация

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Il “migliore dei mondi possibili” è Astrobia, pianeta costruito sul modello dell’Utopia, dove agi e ricchezze sono a disposizione di chi li vuole. Ma proprio quando il sogno sta per realizzarsi ecco scoppiare una crisi inspiegabile: perché la gente volta le spalle al benessere e sceglie di vivere nel pericolo, negli stenti? I capi di Astrobia non lo sanno, e decidono di chiedere aiuto al passato, cercando nella Storia un leader che possa salvare la loro civiltà perfetta. Inizia così uno dei romanzi più ironici e profondi degli ultimi anni. Un’opera inesauribile, allegorica e umana, che mostra realtà e sogno, mostri e astronavi, assassini meccanici e individui programmati. Un futuro di paria e di dominatori, dove il sublime si alterna al mediocre e dove sovrastano sulla scena figure misteriose: il Rimrock, la creatura oceanica, Evita, la strega bambina, e soprattutto il fondatore e insieme il più grande avversario dell’Utopia: Thomas More, il “Maestro del passato”.
Nominato per il premio Hugo in 1969.

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«Perciò decisi di andare all’inferno, per dimostrare che si sbagliavano. Decisi di trovare il Demonio. Quello che incontrai per primo fu il vecchio scienziato demoniaco delle leggende, un uomo artificioso al punto di essere una caricatura di se stesso. E tuttavia era un vero scienziato e un vero figlio del Demonio. Mi associai a lui, mi donò la lunga vita e mi introdusse ad alcuni aspetti del male. Fui uno dei primi esperimenti di longevità che diedero dei risultati positivi. È necessaria una tremenda energia psichica e fisica, perché la cosa funzioni, e io la possedevo. A quell’epoca pensavo che lui fosse il Demonio in persona, e che io fossi Faustia, che aveva stretto un patto col Demonio.

«Bene, lui conosceva perfettamente la sua biologia, e mi diede quello che volevo. Oggi, non c’è più una grande richiesta. “Eterna giovinezza? E chi se ne fa niente?” dicono ridendo. Ma io volli averla, e la voglio ancora oggi. L’ho avuta per secoli… Ah, Thomas, il Santo, e gli altri sorridono, loro non credono alla mia leggenda. Non crederebbero a una leggenda neppure se la vedessero in carne ed ossa, di fronte a sé.»

— Passerotto, tu non hai ancora vent’anni — esclamò Thomas.

— Caro Thomas, ne ho più di duecento — ribatté Evita. — Bene, ho commesso tutti gli abominii che erano di moda al tempo della mia ricerca dell’inferno. Ho goduto della fornicazione, dell’orgoglio, della perfidia, del disprezzo intellettuale. Ma non ho trovato subito l’inferno.

«C’è un’altra leggenda che narra di un ragazzo che girò tutto il mondo per trovare la sua casa. E la prima volta che la vide, subito la riconobbe. È a me che è successo: ho trovato l’inferno. La Dorata Astrobia, il suo Ideale sono l’inferno. L’inferno non mi piace, non mi piacerà mai, ma esiste! »

— Ma la Dorata Astrobia è perfetta, mia cara donna bambina — insisté Thomas. — È l’insieme di tutte le perfezioni divenute un’unica perfezione.

— Sicuro che lo è, mio caro Thomas. L’hanno confezionata in un elegante pacchetto, annodandolo con un nastro dorato. Ero stata ingannata da insegnanti bugiardi che usano certe parole soltanto per significare il contrario, Thomas, e lo sei stato anche tu: dovresti essere abbastanza intelligente per capirlo. Bene, lascia pure che usino le parole che vogliono e nel modo che vogliono! Lascia pure che chiamino le cose come loro aggrada di più. Se Cathead e il Barrio sono l’inferno, allora io sono per l’inferno, finché non ne troverò un altro ancora migliore! Ma non sono pronta ad accettare un inferno così definitivo come l’Ideale della Dorata Astrobia. È una stretta mortale! Spegne via le anime con un soffio come tante candele messe in fila!

C’erano file di candele, lì nell’immensa baracca, o per lo meno dovevano essere pezzi di grasso a forma di candela, lì nella grande stanza dove potevano dormire anche venti persone, e che era palazzo reale, osteria, e centro per il commercio delle pelli, e le candele ogni tanto si spegnevano, perché c’erano molte fessure e fuori s’era alzato il vento.

Un uomo entrò.

— Gli spettri sono di cattivo umore questa notte, Imperatore — annunciò l’uomo. — Hanno appena divorato tutta la carne di mia moglie, lasciando solo le ossa.

— Bene, sto lavorando a un incantesimo regale da usare contro di essi, ma non ha ancora una forma definitiva — disse l’imperatore Carlo 612. — Si afferma che i teschi dei vecchi imperatori dovrebbero darmi l’ispirazione, ma fino a questo momento ne ho ricavato soltanto un mucchio d’informazioni sconnesse. Immagino che per questa notte dovremo lasciarli con il loro cattivo umore, gli spettri.

— A dire il vero, sono quasi contento che se ne sia andata — fece l’uomo, afferrando nel calderone un pezzo di carne dell’idra demonio con una forchetta di legno. — Ma finirò per sentirne la mancanza. Ci azzuffavano spesso, ma non c’era nessuno con cui ci si azzuffasse così bene. Adesso non mi è rimasto nessuno.

— Che cosa sono mai questi spettri? — domandò Thomas, affondando anche lui la forchetta nel calderone per tirar fuori pezzi di carne del demonio. Poi, anche tutti gli altri infilarono le forchette nel calderone e cominciarono a mangiare.

— Gli spettri assomigliano ai taibhse — disse padre Oddopter dal profondo della sua tonaca verde. — Poiché tu sei uno di loro, Thomas, dovresti sapere di che cosa si tratta, almeno in parte. Sono degli animali, o delle creature, o degli esseri strappati al loro ambiente naturale e costretti a vagare altrove. Per la maggior parte del tempo sono invisibili, e anche nelle loro manifestazioni più concrete essi rimangono sempre trasparenti, o almeno un po’ traslucidi, come te stesso al lume di candela.

— Ma esistono davvero? — chiese ancora Thomas. — Oppure sono soltanto storie d’ignoranti?

— Sono reali. E molti di loro sono profondamente irritati di trovarsi in un luogo estraneo. Pensi che la storia di un ignorante sia in grado di divorare la carne di una persona, lasciando solo le ossa? — ribatté il monaco. — Be’… forse anche questo è possibile. Tutto è possibile. Degli spettri, o come altro li vuoi chiamare, si può solo dire che esistono. Una volta avevano un posto nella storia naturale di Astrobia. Ora non più. Ma queste creature hanno una mente superiore a quella degli animali, più o meno al livello dell’uomo. Hanno un corpo, per quanto fragile e mutevole. Sono stati visti, toccati e uditi. Hanno ucciso e sono stati uccisi. In quel calderone ha bollito anche la loro carne, ma è diventata vapore e si è dissolta nel nulla, lasciando soltanto un vago odore. Hanno città e villaggi. Spesso non si avvicinano alle abitazioni degli uomini (forse è vero che si possono tenere lontani con un incantesimo), ma a volte vengono e divorano la carne, tutta la carne di un essere umano, in un attimo.

— Vedo che nelle zone selvagge di Astrobia regna ancora la superstizione — disse Thomas.

— Sì, penso proprio di sì — rispose il monaco. — L’energia psichica, la libido, regna incontrastata quaggiù, almeno a quanto mi risulta. Una volta, credo, era così anche sulla Vecchia Terra, e sopravvisse più a lungo in Africa, e ad Haiti. Tu dimentichi che il controllo della natura, su questo pianeta, è cosa recente. Le zone incolte sono le riserve d’energia di Astrobia. Sono importanti per regolare il tempo, per fertilizzare la terra, per l’acqua e per l’energia prodotta dall’acqua, e anche per l’energia che proviene dal sole. Credo che siano anche le riserve dell’energia psichica di Astrobia, anche se gli esseri umani che vi abitano sono poche migliaia, contro i miliardi dell’Astrobia «civile». Sì, Thomas, qui la superstizione è molto forte.

«Se tre persone, non più, delle terre selvagge immaginano una cosa con sufficiente convinzione (per quanto essa sia mostruosa), esse sono in grado di farla diventare realtà. Possono creare un corpo per la cosa che immaginano, e questo corpo sarà abitato da certi spiriti incorporei che vagano nelle vicinanze. L’ho visto fare. E ho anche fornito il mio aiuto. Quando i bambini delle terre incolte giocano ai mostri, essi creano dei veri mostri, visibili, fetidi. E a volte il mostro divora i suoi creatori.

«Sì, qui si trovano le persone e le bestie più improbabili, gli spiriti e i mezzi spiriti, puri e meno puri; gli archetipi dei sogni collettivi; tutti vivono qui, e spesso esistono in carne e ossa. Qui la superstizione, la credenza nell’incredibile o nell’inesistente, esiste sotto forma di cose irsute e pungenti che lasciano impronte e segni di zanna. Qualsiasi pensiero, o accenno di pensiero, che la razionale Astrobia giudica folle e cancella dalla sua mente, qui riemerge e prende corpo. C’è un uomo, qui da noi, che alleva, ingrassa e uccide per profitto una creatura nata dagli incubi più orrendi della Dorata Astrobia. Espulsa dalle città grazie alla terapia di gruppo, essa è riemersa quaggiù come una realtà fisica.»

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