— Piantala, trombetta metallica! — gli intimò Thomas, scoppiando a ridere.
— Non ti eccita il fatto che l’Ideale della Dorata Astrobia sta diventando realtà? — domandò l’elaboratore con una certa apprensione, o con quella che si sarebbe potuta definire apprensione, se la cosa fosse ancora esistita su Astrobia.
— Non molto — rispose Thomas. — Io l’ho inventato, ed era tutta una presa in giro. Non devo permettere che lo scherzo si rivolti contro di me.
E tuttavia Thomas era davvero colpito dai risultati raggiunti su Astrobia, anche se non proprio dall’Ideale meraviglioso di Astrobia. C’era qualcosa di straordinariamente lucido nel tutto, una semplicità che risolveva tutti i problemi. Materialmente e mentalmente Astrobia era un mondo pulito, dove la pioggia cadeva sempre all’ora prevista. Era già qualcosa: c’era l’ordine.
Astrobia era un mondo urbano. Tutte le sue grandi città erano effettivamente una sola, unite in un unico, immenso conglomerato. La campagna non veniva sfruttata quasi per nulla. C’erano strette zone con gli impianti produttivi automatici, e zone incolte e selvagge per mantenere l’equilibrio. Poche persone vivevano in entrambe. Ma il aria cuore di Astrobia erano le città, e gli abitanti delle città lo sapevano fin dalla nascita.
Non c’erano individui da prendere con le molle, non c’erano dissenzienti o insoddisfatti, ognuno eccelleva in tutto, l’uniformità era completa. Cosa si poteva mai dire contro un mondo che aveva raggiunto tutti gli scopi che si era prefisso? E inoltre c’era il modo di lasciare quel mondo in modo piacevole, non appena la stanchezza si fosse fatta sentire.
— Io la sento già — disse Thomas, — e faccio fatica a tenermi, ogni volta che passo davanti a una di quelle cabine.
Ma c’era una cosa che sembrava mancare su Astrobia, ed era appunto quella cosa che lo lasciava perplesso.
— Dove vanno a messa? — chiese, mentre sostava nel bel mezzo della dorata Cosmopoli.
— Non vanno a messa, Thomas, non lo fanno più da secoli — gli disse Paul. — Oh, ce ne sono alcuni, pochi, che a volte lo fanno. Anch’io lo faccio, occasionalmente, ma io sono un capriccio di natura e sono classificato come criminale. A Cathead vi è stata una certa rinascita, in questo campo, insieme ad altre stramberie, ma su Astrobia non più di una persona su diecimila vi ha mai assistito.
— Allora, non ci sono chiese?
— A Cathead, nel Barrio, e nelle zone incolte ve ne sono alcune, quelle poche almeno che potrebbero essere definite in questo modo. Tutti gli edifici di quel tipo che rimangono ancora a Cosmopoli e nelle altre città si trovano sotto la tutela dell’Intendenza alle Antichità. Alcune hanno sculture d’epoca, di qualche interesse per gli specialisti. La messa non viene celebrata in nessuna di esse, ma se la cosa ti interessa potrai vederne un’ottima registrazione in Replica.
— Andiamo a visitarne una.
Dopo aver faticato a districarsi in un dedalo di viuzze che Paul non conosceva molto bene, trovarono infine una chiesa. Era molto piccola e nascosta in un angolo buio. Entrarono. C’era una sensazione di vuoto totale, privo della Presenza divina.
— Mi stavo chiedendo: quando ci sarà la prossima messa? — disse Thomas. — O forse qui la messa non è esattamente tale… Non sono sicuro di aver capito quello che intendevi dire.
— Oh, è sufficiente infilare uno stoimenof d’or nella fessura e premere il pulsante, per farla cominciare.
Thomas infilò la moneta, e la messa cominciò. Il prete uscì dal pavimento. Non era umano, a meno che non fosse uno zombie. Probabilmente non era neppure un Programmato, ma un semplice meccanismo. Indossava pantaloncini verdi, corti al ginocchio, un berretto da fantino color grigio perla, aveva lunghe basette e il torace liscio e rotondo da ermafrodita. Lui (o la cosa? ) fumava una sigaretta drogata con un lungo bocchino d’epoca: cominciò ad agitarsi e a cantare un inno orribilmente stonato.
Poi, un gran numero di altri meccanismi sbucarono da ogni parte, intonando un coro per accompagnare il prete, pizzicando le corde di alcuni strumenti.
— Per amor di san Giacomo, che cos’è tutto questo, Paul? — esclamò Thomas, sconvolto. — Quelli non sono per caso gli strumenti descritti da Dante, usati dai demoni nel girone più basso dell’Inferno? Perché mai la messa è diventata questa sudicia farsa, Paul, celebrata da burattini degenerati? Perché Paul, perché?
— Oh, era diventata davvero così prima della sua definitiva scomparsa, Thomas. Tu vedi qui la messa com’era all’epoca in cui il governo l’ha nazionalizzata per preservarla, come un curioso esempio di antichità.
La messa registrata continuò ancora per qualche minuto, al ritmo delle antiche chitarre rituali, tra le urla e l’agitarsi frenetico dei celebranti. Durante il sermone vi fu anche la trasmissione delle ultime notizie della giornata, perché l’uditorio non perdesse i contatti col resto del mondo neppure per quindici minuti.
Durante la consacrazione, s’illuminò uno schermo gigantesco:
Questa messa vi è offerta dalla Duvag Uva Viva, il migliore dei vini sintetici.
Il pane era di quello usato ai vecchi tempi per infilarci in mezzo un hot-dog. Le marionette meccaniche danzavano in preda all’orgasmo e si iniettavano il contenuto di vecchie ipodermiche rituali prima di mangiare i panini.
— È possibile fermare questa porcheria? — domandò Thomas.
— Premi il pulsante d’arresto — gli disse Paul. — Ecco, lascia fare a me. — Premette il pulsante e lo spettacolo si arrestò.
— Mi chiedo ancora come si sia potuti arrivare a questo — disse Thomas. — Quel serpente sul bastone sta forse a simboleggiare Cristo? E quella prostituta ghignante con in braccio quella scimmia deforme vuol forse essere la Vergine? È una sporca pagliacciata, un orrendo spettacolo di adorazione del demonio. Ma anche le pagliacciate come questa non nascono dal nulla. È proprio vero che la messa era caduta così in basso?
— Thomas, da quello che ho letto direi di sì. Era senz’altro caduta a questo livello, il giorno in cui è stata congelata per sempre nella registrazione.
— Allora, la Chiesa era solo una faccenda materiale come tutte le altre, Paul? E anch’essa è morta come tutto il resto?
— Così dicono quasi tutti. Il Metropolita di Astrobia c’è ancora, ma è molto vecchio; alla sua morte è probabile che non gli succeda nessuno. C’è una parvenza di rinascita della Chiesa a Cathead, come ti ho già detto.
— Qualsiasi cosa sia accettata a Cathead, viene maledetta in qualsiasi altra città «pulita». Cathead è il cancro che continua a prosperare sul pianeta dorato!
— E nelle terre incolte c’è ancora qualcuno che continua a praticare un rito che non è solo una pagliacciata.
— Bene, la mia fede non è mai stata molto forte, Paul. Io riesco a credere per qualche ora, la mattina, se mi sveglio di buon umore. Ma per mezzogiorno tutte le mie convinzioni sono svanite. Per qualche ragione speravo che la Chiesa fosse sopravvissuta, non so neppure perché. Del resto, in un mondo razionalista come Astrobia, sarebbe decisamente un’anomalia. Già, in fondo sono lieto che la vecchia Chiesa se ne sia andata!
— Io no — disse Paul, in tono amaro. — L’ho scoperta soltanto quand’ero uno dei tanti rifiuti di Cathead, durante uno dei periodi più oscuri della mia vita, ma per me è molto più di tutte le altre cose. Sì, sono pazzo, Thomas, ho delle schegge d’osso nel cervello. Ma è davvero curioso che tu sia uno dei santi di quella Chiesa in cui non credi, e la cui scomparsa ti allieta.
Thomas scoppiò in una risata squillante, incoraggiante, aperta, variamente modulata. Lui e Paul erano riemersi alla luce dorata del giorno.
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