Jack Vance - I racconti inediti
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- Название:I racconti inediti
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- Год:1995
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«Un’interessante diversità di opinioni,» disse il vecchio. «Gildig, per esempio, ha usato una mazza pieghevole. Dove l’avesse nascosta non ne ho idea; un miracolo di velocità. Conrad è un esperto con la spada a getto, quasi quanto te con lo sputaschegge, e Noel, il giovincello biondo, ha preferito un raggio dammel.»
«Ingombrante,» disse Jarvis. «Ingombrante e delicato, con capacità limitata.»
«Sono d’accordo,» disse il vecchio. «Ma a ogni uomo i suoi metodi.»
«Sono perplesso,» disse Jarvis. «Dove tiene l’arma? Non ho notato nessun rigonfiamento voluminoso quanto un raggio dammel, sulla sua persona.»
«L’aveva sistemato bene,» disse il vecchio con un’espressione enigmatica. «Da questa parte, se non ti dispiace.»
Ritornarono all’originaria sala d’attesa. Invece dei venti uomini iniziali, ce n’erano soltanto quattro: Gildig, il vecchio Tixon, il giovane biondo Noel, e Conrad, l’uomo dalla faccia rotonda e gli occhi da gufo. Jarvis osservò Noel con aria critica per capire dove tenesse la sua arma, ma non ne vide alcuna traccia, nonostante i suoi abiti a disegni rosa, gialli, e neri, fossero attillatissimi.
Il vecchio sembrava al massimo del morale; le mascelle funeree vibravano e si contraevano. «Ora, signori, ora siamo al termine dell’eliminatoria. Cinque uomini quando ne servono solo quattro. Dobbiamo fare a meno di uno di voi; nessuno è in grado di proporre un mezzo a questo fine?»
I cinque uomini si irrigidirono, si guardarono attorno di traverso con prudente circospezione, mentre la stessa idea si affacciava alla mente di ognuno.
«Beh,» disse il vecchio, «sarebbe stato un modo per uscire dal vicolo ceco, ma potrebbero risultarne diverse eliminazioni simultanee, e ciò metterebbe Belisario in una situazione di considerevole disturbo.»
Nessuno parlò.
Il vecchio rifletté. «Credo di poter risolvere il dilemma. Ammettiamo che siamo tutti assoldati da Belisario.»
«Io non ammetto niente,» ringhiò Gildig. «O sono assoldato, oppure non lo sono! E se sono assoldato voglio un onorario.»
«Molto bene,» disse il vecchio. «Allora siete tutti assoldati da Belisario.»
«Da Belson.»
«Sì, da Belson. Ecco…» distribuì cinque buste. «Ecco qui una caparra. Mille corone. Ora, ognuno di voi è un uomo di Belson. Capite questo cosa implica?»
«Implica lealtà,» intonò Tixon guardando soddisfatto nella busta.
«Una lealtà assoluta, ceca, incrollabile,» echeggiò il vecchio. «Cosa c’è?» chiese sentendo il brontolio di Gildig.
«Non permette che un uomo abbia una propria mente,» disse Gildig.
«Quando è al servizio di Belson, un uomo ha bisogno della sua mente solo per servirlo. Prima, e dopo, è libero come l’aria. Durante il suo impiego, deve essere un uomo di Belson, un’estensione della mente di Belson. Le ricompense sono grandi, ma le punizioni sono certe.»
Gildig emise un grugnito di rassegnazione. «E allora, adesso?»
«Adesso… cerchiamo di eliminare l’unico uomo superfluo. Credo che adesso possiamo farlo.» Guardò i volti ad uno ad uno. «Gildig… Tixon…»
«Capitano Pardee, mi chiamo. Questo è il mio nome!»
«…Conrad… Noel… e Gilbert Jarvis.»
«Bene,» disse Conrad brevemente, «andiamo avanti.»
«Il concetto della situazione,» disse il vecchio in tono didattico, «è che ora siamo tutti leali seguaci di Belson. Supponiamo di trovare un traditore, un nemico di Belson. Cosa facciamo allora?»
«Lo uccidiamo!» disse Tixon.
«Esattamente.»
Gildig si sporse in avanti, e i muscoli voluminosi mossero piani di luce tenue sul giubbotto di pelle scamosciata verde. «Come possono esserci dei traditori se siamo appena stati assoldati?»
Il vecchio si guardò con aria lugubre le dita pallide. «In realtà, signori, la situazione è assai più complessa di quanto possiate immaginare. Capita che questo superfluo quinto uomo — l’uomo da liquidare — abbia violato la fiducia di Belson. L’eliminazione di quest’uomo,» disse severamente, «costituirà una dimostrazione pratica per i restanti quattro.»
«Bene,» disse Noel con disinvoltura, «vogliamo procedere? Chi è il traditore?»
«Ah,» disse il vecchio, «ci siamo riuniti qui oggi per apprendere appunto questo.»
«Vuoi dire,» scattò Conrad, «che tutto questa tiritera non è a nostro beneficio, ma esclusivamente a beneficio vostro?»
«No, no!» protestò il vecchio. «I quattro selezionati avranno un impiego, per così dire un impiego immediato. Ma lasciatemi spiegare; gli antefatti sono questi: in un campo isolato, nelle paludi di Fenn, Belson aveva depositato un tesoro, un tesoro raro! Al campo lasciò tre uomini di guardia. Due già li conosceva, il terzo era una nuova recluta, uno sconosciuto proveniente da qualche parte dell’universo.
«Allo spuntare dell’alba questa nuova recluta si alzò, uccise i due uomini, e portò il tesoro attraverso l’acquitrino fino alla città portuale di Momart, dove lo vendette. Il leale luogotenente di Belson — io stesso — era sul pianeta. Mi affrettai a investigare. Trovai delle tracce nell’acquitrino. Stabilii che il tesoro era stato venduto. Appresi per quale pianeta era stato acquistato un passaggio e lo seguii. Ora, signori,» il vecchio si appoggiò allo schienale, «siamo tutte persone dotate di buon senso. Viviamo per il piacere del momento. Guadagniamo denaro, e spendiamo denaro a un ritmo abbastanza prevedibile. Conoscendo il valore del tesoro di Belson, sono stato in grado di determinare esattamente quando il traditore avrebbe sentito la stretta della povertà. E allora ho piazzato l’esca nella trappola; ho pubblicato l’annuncio: la trappola è scattata. Non è ingegnoso? Ammettetelo!» E li guardò uno dopo l’altro.
Jarvis si mosse con cautela sulla sedia per garantirsi maggiore possibilità di movimento, e per sollevare l’anca, che ora gli pulsava dolorosamente.
«Vai avanti,» disse Gildig, passando come lui lo sguardo da faccia a faccia.
«Misi all’opera la mia abilità. Tagliai delle zolle della palude, quelle che conservavano le tracce, i giunchi spezzati, il muschio schiacciato. In laboratorio trovai che una pressione di 170 libbre, più o meno, produceva simili tracce. Il peso…» si sporse in avanti come per fare una confidenza «formò la base della prima eliminazione. Ognuno di voi è stato pesato, come ricorderete, e chi si trova qui — a eccezione di Omar Gildig — soddisfa tale esigenza.»
Noel domandò con tono leggero: «Perché Gildig è stato incluso?»
«Non è chiaro?» chiese il vecchio. «Non può essere il traditore, ma è ottimo come funzionario addetto alla cerimonia.»
«In altre parole,» disse seccamente Conrad, «il traditore può essere solo Tixon — cioè il Capitano Pardee — Noel, Jarvis, oppure io.»
«Esatto,» disse lugubremente il vecchio. «Il nostro problema è ridurre i quattro a uno, e poi ridurre l’uno a niente. A questo scopo abbiamo qui il nostro zelante cerimoniere, Omar Gildig.»
«Sono lieto di farvi cosa grata,» disse Gildig ormai rilassato, quasi apatico.
Il vecchio fece scorrere un pannello, e scrisse col gesso su una lavagna. «Facciamo una tabella… così:
Peso
Cibo
Sangue
Arma
Cap. Pardee
Noel
Conrad
Jarvis
e parlando segnò le cifre accanto ad ogni nome: «Capitano Pardee: 162; Noel: 155; Conrad: 166; Jarvis: 163. Poi… tutti e quattro conoscevate bene i granchiolini di palude di Fenn, e ciò indica familiarità con le paludi di Fenn. Quindi… un asterisco accanto ai vostri nomi.»
Fece un passo per guardarsi attorno. «Stai seguendo, Gildig?»
«Al tuo servizio.»
«Dunque,» disse il vecchio, «c’era del sangue sul terreno, e ciò indica una ferita. Il sangue non apparteneva ai due uomini uccisi, e non proveniva dal tesoro. Di conseguenza deve essere il sangue del traditore; e oggi ho prelevato del sangue da ognuno di voi. Lascio questa colonna in bianco. Passiamo alle armi. Gli uomini sono stati uccisi in modo rapido e preciso, con una scheggia Parnassiana. Tixon usa una pistola tipo JAR; Noel un raggio dammel; Conrad una lama perforante, e Jarvis uno sputaschegge. Quindi, una X vicino al nome di Jarvis!»
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