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Harry Harrison: Mondo maledetto

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Harry Harrison Mondo maledetto

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Sul pianeta Pyrrus è in corso una guerra tra gli uomini che lo stanno colonizzando e gli originari abitanti: sembra quasi che tutta la flora e la fauna di Pyrrus sia in lotta contro i coloni. È in questa fase che si inseriscono le avventure di Jason DinAlt, giocatore professionista con poteri paranormali, che con la sua intelligenza e il suo coraggio riuscirà a far cessare la guerra.

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Ma Kerk avrebbe capito più facilmente altri motivi.

— Non vi parlerò di un debito morale verso di me, che vi ho procurato il danaro di cui avevate bisogno. Ma come farete la prossima volta? È probabile che prima o poi abbiate altre necessità. Non vi converrà avere me a disposizione, che conoscete, piuttosto che dover escogitare un progetto nuovo e forse poco sicuro?

Kerk rifletté masticando. — Non avete tutti i torti. E debbo ammettere che non ci avevo pensato. Noi di Pyrrus non ci occupiamo dell’avvenire.

Restar vivi è già abbastanza difficile. D’accordo… venite pure. Spero che siate ancora vivo, quando avremo bisogno di voi. Come ambasciatore di Pyrrus, vi invito ufficialmente sul nostro pianeta. A spese nostre. A condizione che obbediate a tutte le nostre istruzioni che riguardano la vostra sicurezza personale.

— Accetto — rispose Jason. E si domandò perché dovesse sentirsi contento di firmare la propria sentenza di morte.

— È ora di andare, adesso — concluse Kerk, alzandosi, mentre Jason lo imitava, infilò alcune monete nell’apparecchio automatico per pagare il pranzo. Poi uscirono, a passo svelto.

Senza dubbio, ogni loro mossa era prevista. Da quando avevano lasciato il casinò, li tenevano probabilmente d’occhio e li cercavano in tutto il pianeta. Eppure sino a quel momento non avevano notato la minima traccia di inseguitori. Non era la prima volta che Jason doveva battere la polizia sul tempo; ma non gli era mai capitato che fosse qualcun altro, a dirigerlo in una situazione simile. Kerk affrontava adesso con passo rapido e uguale una scalinata: salirono cinque livelli a quel modo, senza vedere nessuno, prima che Kerk rallentasse.

Jason era orgoglioso delle sue condizioni fisiche; ma la rapida salita, dopo la notte in bianco, lo lasciò quasi senza fiato, e fradicio di sudore.

Kerk invece non mostrava il minimo segno di fatica. Respirava normalmente, come se non avesse corso.

Si trovavano al secondo livello stradale, quando Kerk abbandonò la scala. Mentre sboccavano in strada, un’automobile si fermò accanto al marciapiede, davanti a loro. Jason ebbe il buon senso di non portare la mano alla pistola. Nel preciso istante in cui raggiungevano la macchina, l’autista aperse la portiera, scendendo. Kerk gli passò un foglietto senza dire una parola, e si mise al volante. A Jason rimase appena il tempo di buttarsi dentro, e partivano. Aveva intravisto l’autista soltanto per un attimo; ma dopo aver conosciuto Kerk, era impossibile equivocare sul suo aspetto. Uno di Pyrrus.

— Gli avete dato la ricevuta di Ellus — domandò Jason.

— Logico. Così il carico e l’astronave sono sistemati. Saranno già al sicuro, quando qualcuno riuscirà a rintracciare dov’è finito l’assegno del casinò. Badiamo a noi, dunque. Vi spiegherò il piano in tutti i particolare in modo che non vi saranno sbagli. Potrete farmi domande soltanto quando avrò finito.

Il suo tono di comando era tanto spontaneo che Jason ascoltò senza fare obiezioni. Kerk aveva inserito l’auto nel traffico che si dirigeva verso lo spazioporto, e parlava, guidando senza sforzo.

— Senza dubbio ci cercheranno, in città, ma ormai siamo fuori. Sono sicuro che a Cassylia non hanno piacere di far sapere quanto mancano di spirito sportivo; perciò non incontreremo posti di blocco. Ma lo spazioporto sarà pieno di agenti. Sanno che se il danaro esce dal pianeta è perso per sempre. Dunque, se ci riconoscono là penseranno che l’abbiamo ancora con noi. Ma così l’astronave potrà andarsene tranquillamente.

— Volete dire che faremo da specchietto per le allodole?

— Qualcosa di simile. Ma dal momento che dobbiamo partire da Cassylia a ogni modo, non ci sarà niente di male se useremo la nostra fuga come schermo fumogeno. Ma ascoltatemi. Probabilmente, il cancello principale sarà aperto. Può anche darsi che arriviamo sul campo senza essere riconosciuti; ma ne dubito. Non importa; entreremo, e andremo verso la rampa di decollo. Il Pride of Darkhan, per cui abbiamo i biglietti, suonerà la sirena per avvertire che mancano due minuti alla partenza, e sgancerà la scala; appena saremo ai nostri posti, decollerà. Le guardie, intanto, spareranno; approfitteremo della confusione.

— D’accordo, ammettiamo di arrivare a bordo… E perché non dovrebbero ritardare il decollo, arrestarci e farci fuori?

— Ho detto che l’astronave è il Pride of Darkhan. Cassylia e Darkhan sono pianeti gemelli, e rivali in ogni campo. Meno di duecento anni fa, hanno combattuto una guerra fra loro, che per poco non li distruggeva. Ora mantengono una neutralità armata, che nessuno dei due osa violare.

Appena a bordo, saremo su Darkhan, in pratica. Fra i due pianeti, non esistono accordi per l’estradizione.

Non c’era tempo per dire altro. Kerk uscì dalla corrente principale di traffico, imboccando un ponte segnato Automobili Ufficiali. A Jason, parve di essere nudo, mentre si avvicinavano al cancello.

Era chiuso.

Un’altra automobile si avvicinò dalla direzione opposta, e Kerk rallentò al massimo. Una guardia parlò con chi la guidava, e fece un cenno all’uomo che manovrava il cancello. La barriera si aperse adagio verso l’interno, e Kerk premette a fondo l’acceleratore.

La turbina ululò, le gomme stridettero sull’asfalto e l’auto colpì il cancello. Jason intravide appena le guardie, poi si trovarono a svoltare l’angolo di un edificio. Qualche colpo scoppiò dietro di loro, inutile.

Guidando con una mano sola, frugò il cruscotto, e ne tolse una pistola, gemella della sua. — Adoperate questa — ordinò. — Pallottole esplosive a razzo. Sentirete che colpo! Teneteli a distanza. Così. — Sparò un colpo dal finestrino laterale, e passò l’arma a Jason quasi prima che la pallottola arrivasse a segno. Un autocarro vuoto esplose rombando, proiettando frammenti infuocati sulle automobili che aveva attorno.

Poi, parve una cavalcata da incubo in un manicomio. Kerk guidava con apparente disprezzo della morte; percorsero quasi tutto il campo, lasciandosi dietro un caos fumante. Davanti a loro, si alzò la sagoma snella del Pride of Darkhan.

L’astronave era circondata da un recinto di rete metallica, in omaggio alla sua extraterritorialità. Il cancello era chiuso, guardato da soldati con le armi pronte, in attesa che l’automobile arrivasse a tiro. Kerk non tentò di avvicinarsi; invece, diede al motore la poca potenza che rimaneva, lanciandosi contro il recinto. Jason portò le mani davanti alla faccia, nel momento dell’urto.

Il metallo schiantato stridette, e la rete metallica, elastica, si avvolse attorno all’automobile, senza cedere. Jason si precipitò fuori dell’automobile. — Correte all’astronave! — gridò Kerk.

Superarono la cinta arrampicandosi in fretta; poi corsero. Era inconcepibile che un uomo delle dimensioni di Kerk potesse raggiungere una velocità simile; sembrava trasformato in un carro armato lanciato all’assalto. Jason fece il possibile per tenergli dietro: ma era appena a mezza strada, quando Kerk raggiunse la scaletta. Alcuni inservienti l’avevano già staccata, ma si fermarono sorpresi mentre il colosso ne saliva i gradini a gran velocità.

Appena in alto, si voltò, sparando contro i soldati che si precipitavano dal cancello. Quelli si buttarono a terra, rispondendo al fuoco. Pochi prendevano di mira Jason.

— Grazie — riuscì ad esclamare, appena raggiunse Kerk. Con un salto, entrò nell’astronave, e cadde.

— Cosa diavolo succede, qui? — gridò un ufficiale del Pride of Darkhan.

Si teneva fuori tiro, e li fissava con sguardo duro.

Kerk sfiorò con il pollice la canna dell’arma, e l’infilò nel fodero. — Siamo cittadini di un altro Sistema, e non abbiamo commesso nessun atto criminale. Ma i barbari di Cassylia non gradiscono la compagnia di gente civile. Quindi ci rechiamo a Darkhan… ecco i nostri biglietti… nel cui territorio sovrano ritengo di trovarmi già ora. — L’ultima frase era rivolta all’ufficiale di Cassylia che proprio in quel momento era arrivato in cima alla scala e puntava la sua pistola.

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