Fred Hoyle - La Nuvola nera
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- Название:La Nuvola nera
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Dopo tre giorni accaddero due cose. Ricomparve la luce nel cielo diurno e cominciò a cadere la pioggia. La luce dapprima fu molto tenue, ma crebbe giorno per giorno fino a raggiungere un’intensità a mezza strada fra la luminosità della Luna e quella del Sole. Non sappiamo se la luce abbia alleviato il disagio psicologico che ovunque prese l’uomo: quella luce infatti era di un color rosso cupo, e non c’era dubbio, non era luce naturale.
Da principio la pioggia fu calda, poi la temperatura cominciò a calare, lentamente ma continuamente. Enormi le precipitazioni. L’aria era stata così calda e umida da accumulare una grandissima quantità di vapore acqueo. Cessando le radiazioni solari e calando la temperatura, questo vapore acqueo si riversò sulla Terra sotto forma di pioggia. I fiumi crebbero rapidamente rompendo gli argini, distruggendo le comunicazioni, privando della casa intere moltitudini. Difficile immaginare, dopo tante settimane di caldo, il destino di quei milioni di persone, in tutto il mondo, che furon sorprese dalla furia delle acque. E sempre su di loro quella mezza luce, che non aveva nulla di terreno, e che rifletteva il suo rosso cupo sulla terra inondata.
Tuttavia l’inondazione non fu nulla in confronto alle tempeste che si abbatterono sulla Terra. Condensandosi il vapore in pioggia, si scatenò nell’atmosfera una quantità di energia mai vista prima. In questo modo ci furono terribili sbalzi di pressione atmosferica, causando uragani come l’uomo non aveva mai visto, anzi come l’uomo non aveva mai immaginato.
Da uno di questi uragani fu quasi completamente distrutto il maniero di Nortonstowe. Nella rovina rimasero uccisi due operai. Ma a Nortonstowe non ci furono soltanto questi due incidenti. Knut Jensen e la sua Greta — quella Greta Johannsen a cui Kingsley aveva scritto — furono colti da una tempesta terribile e rimasero schiacciati sotto un albero divelto. Li seppellirono insieme, accanto al vecchio maniero.
La temperatura continuò a scendere. La pioggia si cambiò in nevischio e poi in neve. I campi allagati si coprirono di ghiaccio, e, verso la fine di settembre, i fiumi mugghianti a poco a poco tacquero e si mutarono in immobili cascate di ghiaccio. La zona coperta di neve si andò estendendo lentamente fino ai Tropici. E quando tutta la Terra fu presa in una morsa ferrea di gelo, di neve e di ghiaccio, le nubi sgombrarono il cielo. Ancora una volta l’uomo potè alzare gli occhi nello spazio.
Era ormai chiaro che quella strana luce rossa non veniva dal Sole. La luce era diffusa quasi uniformemente da orizzonte a orizzonte, senza una sorgente precisa. Tutto il cielo diurno era illuminato da quella fioca luce rossa ed opaca. La radio e la televisione annunziavano che quella luce veniva dalla Nuvola e non dal Sole. Gli scienziati dissero che quella luce era provocata dalla Nuvola, la quale aveva circondato il Sole.
Verso la fine di settembre i margini estremi e sottilissimi della Nuvola raggiunsero la Terra. L’urto fece riscaldare gli strati superiori dell’atmosfera terrestre, come avevano previsto quelli di Nortonstowe. Ma per ora il gas entrato a contatto era troppo disperso per provocare un aumento di temperatura di centinaia di migliaia o di milioni di gradi. Ma anche così ci fu un aumento, di qualche decina di migliaia di gradi. Bastò questo perchè l’atmosfera superiore irradiasse una luce azzurra, tremolante, visibile ad occhio nudo durante la notte. In realtà le notti si fecero indescrivibilmente belle, ma è poco probabile che la gente potesse ammirare quella bellezza: ci vuole agio e tempo, in verità, per godersi appieno una cosa bella. Ma forse qualche rude mandriano del nord, con il suo gregge, avrà guardato quella notte striata di violetto con meravigliato stupore.
E così passava il tempo: giorni di un color rosso cupo, notti azzurre scintillanti, ma questa luce non dipendeva nè dal Sole nè dalla Luna e la temperatura continuava a scendere, sempre più in basso.
Tranne che nei paesi altamente industrializzati, in questo periodo morirono miriadi di uomini. Per settimane erano stati soggetti a un calore insopportabile; poi molti erano morti nelle tempeste e nelle inondazioni. Con l’avvento di quel freddo intenso la polmonite cominciò a mietere le sue vittime. Tra l’inizio d’agosto e la prima settimana di ottobre scomparve all’incirca un quarto della popolazione mondiale. Una somma indescrivibile di singole tragedie. Veniva la morte a staccare il marito dalla moglie, il padre dal figlio, l’amante dall’amata: un processo inesorabile, irreversibile.
Il Primo ministro ce l’aveva con gli scienziati di Nortonstowe, al punto che decise di fare un viaggio fino al maniero, un viaggio freddo e disagiato, che contribuì ad aumentare la sua irritazione.
«Mi pare che il governo sia stato tratto in inganno,» disse a Kingsley. «Lei affermò che il periodo di emergenza avrebbe dovuto durare un mese e non più. Ebbene, questa storia dura da più di un mese, e non c’è alcun segno che abbia a finire. Quando possiamo credere che finisca?»
«Non ne ho la minima idea,» rispose Kingsley.
Il Primo ministro lanciò un’occhiata feroce a Parkinson, a Marlowe, a Leicester, ma soprattutto a Kingsley.
«Vorrei sapere come si spiega questo gravissimo errore. Posso farvi notare che qui a Nortonstowe avete goduto di ogni possibile agevolazione? Non per rinfacciarvelo, ma vi abbiamo tenuto nella bambagia, come direbbero certi miei colleghi. In cambio abbiamo il diritto di chiedervi un certo livello di competenza. Posso ben dire che le condizioni di vita qui sono assai superiori a quelle in cui è costretto a lavorare il governo stesso.»
«Ma è naturale che siano migliori. Sono tali perchè noi abbiamo saputo prevedere quel che sarebbe successo.»
«E a quanto pare questa è l’unica vostra previsione, a tutto vostro vantaggio, per il vostro comodo e la vostra sicurezza.»
«Infatti ci siamo comportati proprio esattamente come il governo.»
«Non capisco, signore.»
«E allora le spiego meglio. Appena ci accorgemmo di questa storia della Nuvola, la prima preoccupazione del nostro governo — e, per quanto ne so io di tutti i governi — fu quella di impedire che le cose più importanti venissero a conoscenza della gente. Lo scopo di tutto questo segreto, naturalmente, era quello di impedire alla gente di scegliersi dei rappresentanti più capaci.»
Il Primo ministro a questo punto era infuriato.
«Kingsley, lasci che le dica senza alcuna riserva che mi trovo costretto a compiere dei passi, appena ritorno a Londra, che non le saranno affatto graditi.»
Parkinson notò che all’improvviso quell’atteggiamento facilone e provocatorio di Kingsley si era fatto più duro.
«Allora temo che lei non ritornerà a Londra, che resterà qui.»
«Non credo che nemmeno lei, professor Kingsley, possa avere la sfrontatezza di pensare che mi si tiene prigioniero.»
«Non prigioniero, caro Primo ministro,» disse Kingsley con un sorriso, «diciamo piuttosto così: con la crisi che sta per venire lei sarà più al sicuro a Nortonstowe che a Londra. Diciamo quindi che a nostro avviso è preferibile, sempre nell’interesse pubblico, che lei resti a Nortonstowe. Ed ora, poichè certamente lei e Parkinson avrete molte cose da dirvi, penso che vorrà che noi tre ci ritiriamo.»
Marlowe e Leicester erano alquanto sbalorditi, uscendo dalla stanza insieme a Kingsley.
«Ma tu non puoi far questo, Chris,» disse Marlowe.
«Posso farlo e lo farò. Se gli permetto di tornare a Londra, succederanno delle cose qui che metteranno in pericolo la vita di tutti, da te, Geoff, fino a Joe Stoddard. E questo non posso permetterlo. Lo sa il cielo quante poche probabilità abbiamo di scamparla, senza che accada altro a peggiorare le cose.»
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