Spider Robinson - Con qualunque altro nome

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Vincitore del premio Hugo per il miglior romanzo breve
in 1977.

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Nel quinto anno, però, fui io a trovarmi scavalcato da lui.

A Collaci e sua moglia Karen (una donna taciturna e solida dai capelli rossi) era stata assegnata una delle case incompiute di Gallipolis, quella più lontana e più isolata dall’area residenziale di Northtown. I volontari l’avevano finita in modo splendido, la primavera precedente. Forse fu un errore di giudizio o l’ignoranza che spinse i sette incursori a passare davanti a casa Collaci mentre si avviavano per far saltare il Deposito. Ma fu indiscutibilmente un errore di giudizio quello che li indusse a sequestrare Karen Collaci quando l’incontrarono nella foresta. Lei soffriva di diabete, e loro non avevano insulina.

Collaci lasciò il suo posto senza autorizzazione, li inseguì, e trovò il corpo della moglie dopo qualche giorno. In una settimana rintracciò i sette guerriglieri. Sebbene si fossero divisi e fossero fuggiti in direzioni diverse, quei sette giorni gli bastarono. Li punì in modo che è meglio non riferire, lasciò ognuno dei sette inchiodato a un albero e al suo ritorno a Fresh Start dormì per tre giorni consecutivi.

L’azione comprensibilmente impulsiva di Collaci, alla luce dellla storia, appare più efficace della mia politica tollerante. Comunque, da allora non siamo più stati attaccati.

Con l’arrivo del dottor Michael Gowan, già professore di psicologia di Stony Brook, che prese l’iniziativa di creare e amministrare un sistema di pubblica istruzione, tutti i semi necessari, secondo me, erano ormai piantati. Escludendo un’eventuale catastrofe, ora l’uomo tecnologico poteva sopravvivere e sarebbe sopravvissuto. Un giorno, forse, avrebbe potuto ricostruire ciò che era stato distrutto.

E poi, un giorno del 1999, ricevetti e «assunsi» un nuovo arrivato, Jordan Washington. Da allora…

V

— … e quando sono rinvenuto, Carlson era morto con un proiettile nella testa, e l’ultimo Musky non c’era più. Così ho rimesso i tamponi, ho trovato il bivacco dietro le siepi, ho mangiato la sua cena e sono ripartito l’indomani mattina. Nel Jersey ho trovato un Guaritore. È tutto, papà.

Mio padre mordicchiò la pipa che. non fumava da diciotto anni e guardò il fuoco. Il pioppo secco e la betulla verde, insieme, producevano una fiamma costante che riscaldava lo spazioso soggiorno e la popolazione d’ombre danzanti.

— Allora è finita — disse finalmente, e trasse un profondo sospiro.

— Sì, papà, è finita.

Lui tacque. La faccia nera come il carbone rimase impassibile a lungo. La luce del fuoco danzava tra le valli e i crepacci della sua faccia da patriarca, e sulla cicatrice della guancia sinistra (così simile a quella che avevo anch’io). I suoi occhi luccicavano come una notte piovosa. Mi chiesi che cosa stava pensando, dopo tutti quegli anni, dopo tutto quello che aveva visto.

— Isham — disse finalmente, — ti sei comportato benissimo.

— Davvero, papà?

— Eh?

— Non riesco a chiarirmi le idee. Mi aspettavo, immagino, che lo scontro con Carlson fosse una specie di soluzione, per tante cose che mi hanno ossessionato per tutta la vita. Mi aspettavo che premere quel grilletto mi avrebbe dato pace. Invece sono più confuso che mai. Sicuramente senti l’odore del mio disagio, papà. Oppure hai rimesso i tamponi? — Mio padre usava i migliori tamponi nasali di Fresh Start, interamente interni, e dimenticava sempre di toglierli dopo il lavoro. Anche quelli che gli erano affezionati riconoscevano che era il tipico professore distratto.

— No — disse in tono esitante. — Sento l’odore del disagio, ma non del perché. Devi dirmelo tu, Isham.

— Non è facile spiegarlo, papà. Non riesco a trovare le parole. Vedi, ho scritto una specie di diario nel Jersey mentre il Guaritore mi curava, e poi più tardi, mentre riposavo. È la stessa storia che ho raccontato a te, ma credo che sulla carta riesca ad esprimere meglio quello che mi turba. Lo leggerai?

Lui annuì. — Se vuoi.

Diedi a mio padre i manoscritti precedenti, fino al momento in cui avevo premuto il grilletto e avevo perso i sensi, e gli portai gli occhiali. Lesse adagio, con attenzione, interrompendosi ogni tanto per guardare le fiamme. Mentre lui leggeva, io alimentavo il fuoco e m’immergevo negli odori familiari del fumo di legna e dell’inchiostro e delle sostanze chimiche e dei pini che stavano là fuori, tutti i mille odori indefinibili che cercavano di dirmi che ero a casa.

Quando mio padre ebbe finito di leggere, chiuse gli occhi e per un po’ annuì. Poi si girò verso di me e mi guardò con aria preoccupata. — Hai omesso il finale — disse.

— Perché non so cosa pensarne.

Lui giunse le punte delle dita. — Cosa c’è che ti preoccupa, Isham?

— Papà — dissi, serio, — Carlson è il primo uomo che ho ucciso. Non… non è una cosa da poco. Così come sono andate le cose, non ho visto il mio proiettile spaccargli il cranio, e a volte è difficile credere veramente a quello che ho fatto… so che mi sembrava irreale quando l’ho visto, dopo. Ma in realtà ho ucciso un uomo. E come hai appena letto, qualche volta può essere necessario, ma non sono sicuro che sia giusto. So che cosa ha fatto Carlson, a noi Stone e al mondo, so che colpa portava addosso. Ma ora ti chiedo: Papà, ho fatto bene a ucciderlo? Meritava di morire?

Allora mio padre mi si avvicinò e mi strinse la spalla, e restammo come statue di ghisa davanti al fuoco che ardeva. Mi guardò negli occhi. — Forse dovresti chiederlo a tua madre, Isham. O a tuo fratello Israfel. Forse avresti dovuto chiederlo a quelli di cui ha calpestato i resti per andare a uccidere Carlson. Non so cosa sia «giusto» e cosa sia «ingiusto»: sono termini sfuggenti. Io so soltanto quello che è. La vendetta, come ti ha detto Collaci, è un attributo unicamente umano.

«I superstiziosi guerriglieri Agro ci assalivano di tanto in tanto, e restavano impuniti perché esitavamo a sparare contro di loro. Poi un giorno sequestrarono la moglie di Collaci, senza sapere che era diabetica. Quando lui li raggiunse, la moglie era morta per mancanza d’insulina. Entro sette giorni, tutti i guerriglieri di quella squadra erano morti, e da allora, in tutti questi anni, Fresh Start non è più stata attaccata, nonostante la retorica di Jordan. Chiedi a Collaci precisazioni sulla vendetta.

— Ma gli Agro di Jordan ci odiano più che mai.

— Però comprano da lui le lame d’ascia e le ruote, i sulfamidici e le stoffe, esattamente come i loro vicini più sensati, e ci lasciano in pace. La morte di Carlson sarà un monito eterno per tutti coloro che vorrebbero imporre i loro valori al mondo, e un eterno confòrto per quanti furono derubati da lui della parte migliore della loro vita… delle case e dei loro cari.

«Isham… hai fatto bene. Non pensarla mai diversamente, figliolo. Hai fatto bene e sono molto fiero di te. Ora tua madre e Israfel possono riposare in pace, e anche milioni di altri morti. So che io dormirò più sereno, questa notte, di quanto abbia dormito in questi ultimi diciotto anni.

È vero papà, è vero. Mi rilassai. — D’accordo. Credo che abbia ragione tu. Volevo soltanto che me lo dicesse qualcun altro, oltre a me stesso. Volevo che me lo dicessi tu. — Mio padre sorrise, annuì e tornò a sedersi. Lo lasciai lì: un vecchio perduto nei suoi pensieri.

Andai in bagno e chiusi la porta, rallegrandomi che gli impianti igienici fossero stati una delle prime cose realizzate a Fresh Start. Passai qualche minuto raccogliendo varie cose che avevo portato da New York e rimuovendo la parte posteriore della vasca settica dietro la tazza della toeletta. Poi feci scorrere l’acqua.

Infilai la mano nel serbatoio, afferrai il galleggiante e lo torsi in modo che il serbatoio non si riempisse d’acqua. Tenendolo bloccato, presi la grossa bottiglia di cloro che avevo portato dalla città. Era una reliquia insostituibile della Civiltà: non aveva prezzo… ed era assolutamente inutile per l’uomo moderno. Misi i tamponi nasali e riempii il serbatoio di cloro, rimisi a posto il coperchio di porcellana, senza far rumore, ma lasciandolo un po’ sollevato. Mi chinai di nuovo e presi una grossa tanica (anche quella era una preziosa, inutile antichità) di liquido pulente per vasche. L’etichetta diceva «Vanish», svanisci, e mi auguravo che fosse profetica. La versai completamente nella tazza della toeletta.

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