Spider Robinson - Con qualunque altro nome
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- Название:Con qualunque altro nome
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- Издательство:Nord
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- Год:1984
- Город:Milano
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in 1977.
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Demmo loro il benvenuto per quanto era possibile date le circostanze… mia moglie era in stato di shock per la perdita di nostro figlio, e nessuno era in condizioni molto migliori. So che noi tre uomini trovavamo un grande conforto l’uno nella presenza dell’altro, per il fatto di avere altri scienziati con cui parlare del nostro orrore e del nostro sbigottimento, delle nostre ipotesi e delle nostre lugubri estrapolazioni. Serviva a non farci perdere la ragione, a rivolgere il pensiero ai problemi pratici della sopravvivenza; se fossimo stati soli ci saremmo abbandonati, come tanti altri, a un traumatico, stordito disinteresse per la vita.
Invece sopravvivemmo all’inverno, l’inverno che uccise tanta gente, e in primavera avevamo già fatto i nostri piani.
Ogni tanto facevamo sortite fallimentari nel mondo esterno, raccogliendo informazioni dai superstiti vaganti. Tutti i mass media erano finiti; persino la mia radio a banda internazionale taceva. Durante quelle spedizioni avevamo sempre cura di nascondere l’esistenza e l’ubicazione della nostra base, e fingevamo di essere disorganizzati e sbandati come i vagabondi che incontravamo di continuo. Imparammo a conoscere tutti gli agricoltori superstiti dell’area circostante, e stabilimmo rapporti amichevoli lavorando per loro in cambio di viveri. Come tutti, evitavamo le zone urbanizzate, perché a quei tempi i tamponi nasali erano meno efficienti, e i Musky erano onnipresenti e tremendi. Secondo le voci che raccoglievamo, tendevano a radunarsi nelle città grandi e piccole.
Ma quella primavera vincemmo la paura e la ripugnanza, con grande difficoltà, e incominciammo a fare scorrerie nelle cittadine e nei parchi industriali con un carro preso a prestito. Scoprimmo che le dicerie erano esatte: le aree urbane brulicavano di Musky. Ma avevamo bisogno di utensili e di materiale d’ogni genere, tanto da rischiare più volte la vita per procurarceli. Procedevamo lentamente, ma Dalhousie aveva fissato in modo chiaro le precedenze, e ben presto fummo pronti.
Aprimmo la nostra prima fabbrica quella primavera, in un sito disboscato a mano nella valle sud (che battezzammo «Southtown»). Avevamo pensato molto alla scelta del nostro primo prodotto, e scegliemmo bene… anche se per ragioni sbagliate. Prevedevamo che avremmo incontrato difficoltà a convincere gli altri ad acquistare roba da noi mediante baratti, quando avrebbero potuto facilmente procurarsi il necessario nelle aree urbane abbandonate. Per la verità, una delle ragioni principali per cui avevamo fondato Fresh Start era stata la convinzione che i pidocchi su un cadavere non prosperano: non volevamo che i nostri simili sopravvissuti continuassero a dipendere da una scorta finita di utensili, materiale e viveri lavorati. Se noi potevamo sfidare gli attacchi dei Musky, anche altri potevano farlo.
Di conseguenza scegliemmo come primo prodotto qualcosa che altrove non si poteva ottenere, e che era assolutamente indispensabile in quel mondo cambiato: efficienti tamponi nasali. Io li proposi; Krishnamurti li progettò e progettò la primitiva catena di montaggio che incominciò a produrli, e Dalhousie diresse la fabbricazione. Tutti noi, uomini e donne, lavoravamo alla catena di montaggio. Impiegammo diversi mesi per riuscire, e fummo i nostri migliori clienti… la fabbrica puzzava in modo abominevole. E questo era previsto e preventivato: l’intera concezione di Fresh Start si basava sul fatto cruciale che i venti prevalenti soffiavano quasi sempre dal nord. Nelle rare occasioni in cui il vento cambiava direzione, il Naso formava un’ottima barriera naturale.
Quando fummo pronti a offrire in vendita i nostri tamponi, incominciammo a far pubblicità e a reclutare su vasta scala. L’annuncio dei nostri progetti circolava a voce, per mezzo di volantini ciclostilati e di trasmissioni radio a onde corte. L’unica persona che rispose prima dell’inizio dell’inverno fu Helen Phinney, ma il suo arrivo fu provvidenziale, perché ci liberò dalla dipendenza dai puzzolenti generatori a benzina. Helen Phinney era allora, e lo è ancora adesso, l’unico genio di Fresh Start, un’esperta riconosciuta in fatto di quelle che venivano chiamate «fonti alternative d’energia»… le uniche che Carlson ci avesse lasciate. Naturalmente, si inserì nella nostra pianificazione, e divenne buona amica di tutti. In poco tempo i generatori maleodoranti furono sostituiti dall’energia idrica dei ruscelli che scendevano come lacrime copiose dal Naso, e poi dal metano e dall’energia eolica grazie a una serie di mulini a vento tipo «sbattiuova» sorti lungo il Naso. In questi ultimi anni anche i generatori sono rientrati in funzione, soprattutto per usi industriali… ma non bruciano più benzina, e l’unico camion che possediamo non è stato rimesso in servizio. Grazie alla Phinney, i generatori bruciano alcol puro di grano che distilliamo noi stessi dal granturco e dalla segale e che è più efficiente della benzina e dà come residui della combustione soltanto acqua e anidride carbonica. (Prima dell’Esodo l’uomo avrebbe potuto usare lo stesso carburante in quasi tutti i motori a scoppio… ma quando Henry Ford aveva compiuto la sua scelta, l’industria da lui creata aveva avuto naturalmente la tendenza a ripetersi.)
Questo, dunque, era il Consiglio di Fresh Start, radunato dal destino: io, un sognatore, straziato dai rimorsi e in cerca di una penitenza davvero degna, impegnato nel tentativo di salvare qualcosa del mondo che avevo contribuito a rovinare. Krishnamurti, un mago molto pratico in fatto di analisi del necessario e della progettazione, che traduceva le idee in piani precisi. Dalhousie, l’esperto che riduceva ogni progetto alle sue componenti e le realizzava impiegando un minimo di tempo e di sforzo. La Phinney, che forniva l’energia, traendola gratuitamente dai processi naturali dell’universo. Le nostre personalità si armonizzavano non meno delle nostre capacità, e già quella seconda primavera costituivamo un’unità: il Consiglio. Io proponevo qualcosa, Krishnamurti faceva il progetto, Dalhousie lo realizzava, e la Phinney forniva l’energia. Ci integravamo. Insieme ci sentivamo di nuovo utili , anziché superstiti.
Non arrivarono altre reclute durante l’inverno, che come il precedente fu insolitamente crudo per quella parte del mondo (forse a causa dell’improvviso, drastico declino della produzione mondiale di calore), ma in primavera i volontari incominciarono a presentarsi a frotte. Ce n’erano di tutte le specie: tecnici, studenti, meccanici, manovali, muratori, operai, un assortimento di uomini che cercavano un lavoro civilizzato. Una colonia di tende spuntò a Northtown, nelle zone disboscate dove un giorno speravamo di costruire grandi dormitori. I nostri sforzi iniziali, quell’estate, furono votati a procurare acqua, energia e fognature per la nostra comunità in fase di crescita e ad ingrandire la nostra fabbrica di tamponi nasali. Un complesso che era un po’ officina e un po’ ferriera nacque spontaneamente vicino alla fabbrica di Southtown, e incominciammo a barattare i lavori di riparazione in cambio di generi alimentari con gli agricoltori che vivevano a est e a nord-ovest.
Per comune consenso, i viveri, gli utensili e le altre risorse venivano spartiti equamente tra tutti i membri della comunità, con l’unica eccezione delle case costruite da Gallipolis. Quelle case le tenemmo noi del Consiglio, e i nostri seguaci non ce ne hanno mai serbato rancore (due delle case non erano ultimate, al tempo dell’Esodo, e restarono così ancora per qualche anno). A parte questo, tutti gli abitanti di Fresh Start stanno in piedi o cadono, mangiano o saltano i pasti insieme. L’autorità del Consiglio come comitato di governo non è mai stata confermata né contestata seriamente, in tutti gli anni successivi. I cento tecnici che ormai si sono radunati intorno a noi continuano a seguire le nostre istruzioni perché funzionano, perché danno una direzione e un significato alle loro vite, perché rendono di nuovo utili le loro capacità apprese a fatica, perché è redditizio fare ciò che sanno fare, e che credevano di non poter fare mai più.
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