Murray Leinster - Primo contatto

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Primo contatto: краткое содержание, описание и аннотация

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Tommy e il comandante si trovavano in un lungo corridoio dal pavimento cedevole. Le loro luci mostravano una gran quantità di dettagli strani.

«Credo che aprirò il mio casco, signore», annunciò Tommy.

Lo fece. L’aria era buona. Stando alle analisi, la percentuale d’ossigeno doveva toccare il trenta per cento rispetto al venti dell’atmosfera terrestre, ma la pressione era minore. Nel complesso, pareva senz’altro adatta a polmoni umani. Anche la gravità artificiale era inferiore a quella mantenuta a bordo della Llanvabon. Il pianeta d’origine degli alieni doveva essere più piccolo della Terra e… stando ai raggi infrarossi… doveva orbitare intorno a un sole rosso-cupo, quasi morto. L’aria aveva strani odori, ma non sgradevoli.

Un’apertura ad arco. Una rampa dello stesso materiale morbido che rivestiva i pavimenti; luci che diffondevano un fioco bagliore rosso-cupo. Come gesto di cortesia, gli alieni avevano aumentato l’intensità di quella parte del loro impianto d’illuminazione. Quella luce certo gli abbagliava, ma era un gesto di riguardo che fece desiderare ancor di più a Tommy che il suo piano andasse in porto.

Il comandante alieno li fronteggiò con quello che a Tommy parve un gesto arguto e deprecatorio insieme. Gli auricolari nel casco dissero: «Il comandante alieno, signore, dice che vi dà il benvenuto con piacere, ma che è riuscito a pensare a un solo modo, purtroppo, in cui il problema creato dall’incontro di queste due navi può venir risolto».

«Intende riferirsi alla battaglia», interloquì il comandante. «Ditegli che sono qui per proporgli un’altra scelta».

Il comandante della Llanvabon e il comandante della nave aliena erano faccia a faccia, ma il loro modo di comunicare era bizzarramente indiretto. Infatti parlavano grazie alle microonde, quasi una forma di telepatia. Ma non potevano udire le parole nel senso ordinario della cosa… per cui anche il comandante della Llanvabon e Tommy parlavano tra loro in un modo che, dal punto di vista degli alieni, era telepatia. Quando il comandante terrestre parlò, il suo telefono spaziale rinviò le sue parole alla Llanvabon , dove qui vennero date in pasto alla codificatrice, dopo di che un loro equivalente sotto forma di onde corte venne rispedito alla nave nera. La risposta del comandante alieno giunse alla Llanvabon , passò attraverso il decodificatore e fu ritrasmessa tramite il telefono spaziale sotto la forma di parole leggibili, lette appunto dai tecnici della comunicazione nell’apposito riquadro. Un sistema scomodo, ma funzionava.

L’alieno basso e tarchiato fece una pausa. Gli auricolari del casco ritrasmisero ai terrestri la sua risposta altrimenti silenziosa: «È pronto, anzi, desideroso di ascoltarla, signore».

Il comandante terrestre si tolse il casco. Portò le mani ai fianchi, assumendo un posa bellicosa.

«Senta un po’!» esclamò, con fare truculento, rivolgendosi alla strana, calva creatura che gli stava davanti, avvolta in un ultraterreno bagliore rosso. «Pare che si debba combattere e che, noi o voi, una delle due parti debba restare uccisa. Siamo pronti a farlo, se sarà necessario. Ma se voi vincerete, abbiamo predisposto le cose in modo che voi non possiate mai scoprire dove si trova la Terra, e c’è una buona probabilità che anche dopo morti si riesca a distruggervi! Ma se vinceremo noi, ci troveremo in un’identica situazione. Ma se noi vinceremo e torneremo a casa, il nostro governo armerà una flotta e comincerà a dar la caccia al vostro pianeta. Se lo troveremo, saremo pronti a farlo saltare in aria! Se vincerete voi, la stessa cosa accadrà a noi! E questa è follia! Siamo qui da un mese, abbiamo continuato a scambiarci informazioni, e nessuno di noi odia l’altro. E non abbiamo nessun motivo di combattere, se non per il futuro degli altri e delle nostre rispettive razze!»

Il comandante si fermò a riprender fiato, corrugando la fronte. Senza dar nell’occhio, anche Tommy portò le mani alla cintura della sua tuta spaziale. Attese, sperando disperatamente che l’espediente funzionasse.

«Ha risposto, signore», riferirono gli auricolari del casco, «che tutto ciò che lei dice è vero. Ma che la sua razza va protetta, proprio come lei ritiene che debba esserlo la sua».

«Certo», sbottò il comandante con rabbia, «ma la cosa davvero sensata da fare è quella d’immaginare un modo efficace di proteggerle! Mettere a repentaglio l’intero futuro in un combattimento è insensato. Come pure il fatto che le nostre razze non debbano essere informate l’una dell’esistenza dell’altra. Invece, ognuna delle due dovrebbe avere prove concrete che l’altra non soltanto esiste, ma non vuole combattere e desidera soltanto essere amica. E noi dovremmo essere in grado, qui, di trovare il modo di comunicare gli uni con gli altri su una base di reciproca fiducia. Se i nostri governi, poi, vorranno esser pazzi, che lo siano pure! Ma noi dovremmo dargli, almeno, la possibilità di diventare amici, invece di cominciare scatenando una guerra spaziale solo perché abbiamo reciprocamente paura!»

Il telefono spaziale disse in breve: «Dice che la maggior difficoltà sta proprio nel fidarsi l’uno dell’altro qui, adesso. Lui, con la possibilità ch«sia messa a repentaglio l’esistenza stessa della sua razza, non può correre nessun rischio, e neppure lei può correrlo, di concedere all’altro un vantaggio».

«Ma la mia razza», tuonò il comandante, fissando furioso il capitano alieno, «la mia razza ha, in questo momento, un vantaggio. Siamo venuti a bordo della vostra nave dentro tute spaziali alimentate dall’energia atomica! Prima di partire abbiamo modificato i propulsori: siamo in grado di far scoppiare cinque chilogrammi di combustibile nucleare a testa, qui, dentro questa nave, e se fosse impossibile per noi farli esplodere personalmente, ciò può esser fatto con un comando a distanza dalla nostra nave! E sarebbe davvero sorprendente se l’intera vostra riserva di combustibile non saltasse con noi! In altre parole, se non accetterete la mia proposta, un approccio al problema basato sul buonsenso, Dort ed io salteremo in aria in un’esplosione atomica, e la vostra nave, anche se non sarà del tutto distrutta, verrà come minimo ridotta a un relitto… e la Llanvabon attaccherà con tutto ciò di cui dispone meno di due secondi dopo l’esplosione!»

Nella cabina del capitano della nave aliena la scena acquistò un sapore ancor più surreale agli occhi dei due terrestri, con la sua illuminazione rosso-cupa e gli alieni calvi, che respiravano con le branchie, i quali fissavano il comandante e aspettavano la traduzione dell’arringa per loro inaudibile. La tensione crebbe all’improvviso, in un misto di furia e di stanchezza. Il comandante alieno fece un gesto. Gli auricolari dei caschi ronzarono.

«Signore», li informò il tecnico a bordo della Llanvabon , «il comandante alieno vuol sapere qual è la sua proposta».

«Scambiarci le navi!» ruggì il comandante terrestre. «Scambiarci le navi e tornare tutti a casa! Noi possiamo sistemare i nostri strumenti cosicché gli alieni non possano seguirci, e loro possono far lo stesso con gli strumenti a bordo di questa nave. Entrambi asporteremo tutte le mappe stellari e ogni altro tipo di registrazione. Smantelleremo entrambi le nostre armi. Tutte e due le atmosfere sono respirabili sia da noi che da loro, noi prenderemo la loro nave, e gli alieni la nostra, nessuno dei due potrà danneggiare o seguire l’altro, e ognuno porterà con sé a casa più informazioni di quante avrebbe potuto portarne in qualunque altro modo! E possiamo sempre scegliere entrambi questa stessa Nebulosa del Granchio come il luogo del prossimo appuntamento quando la stella doppia avrà compiuto un altro giro completo… così, se la nostra gente vorrà incontrarli, potrà farlo, e se avrà paura, potrà evitarlo… e lo stesso vale per loro. Questa è la mia proposta. E lui dovrà accettarla, altrimenti Dort ed io faremo saltare la sua nave e la Llanvabon ridurrà in briciole quel che ne resterà!»

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