Connie Willis - Jack
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- Название:Jack
- Автор:
- Издательство:Fanucci
- Жанр:
- Год:1998
- Город:Roma
- ISBN:88-347-0623-4
- Рейтинг книги:3 / 5. Голосов: 1
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«Ho sentito che avete un segugio,» mi disse uno di quelli che fumavano. «Ne hanno uno anche a Whitechapel. Fruga nella zona dell’incidente, si mette in ginocchio e annusa come un cane da tartufi. Il vostro fa così?»
«No,» risposi.
«Di qua,» disse Jack.
«Afferma che può leggere nelle loro menti, quello di Whitechapel,» continuò l’uomo, gettando la sigaretta e prendendo un piccone. Si arrampicò lungo il pendio e raggiunse Jack, che già stava scavando.
Il fuoco migliorava la visibilità, e si poteva scavare abbastanza agevolmente, ma giunti a metà del lavoro trovammo la grossa testata di un letto.
«Dovremo penetrare di lato,» disse Jack.
«Al diavolo,» disse l’uomo che mi aveva parlato del segugio. «Come fai a sapere che c’è qualcuno là sotto? Io non sento niente.»
Jack non gli rispose. Discese lungo il pendio e cominciò s scavare di fianco.
«Sono due giorni che stiamo qui,» disse l’uomo. «Ormai saranno morti e a me non mi pagano lo straordinario.» Gettò a terra il piccone e si diresse tutto impettito verso il posto mobile di ristoro. Jack non si accorse nemmeno che se era andato. Mi porse dei cesti e io li svuotai; ogni tanto mi diceva «Sega,» oppure «Forbici per metallo,» e io gliele davo. Ero andato a prendere la lettiga quando la tirò fuori.
Poteva avere tredici anni. Indossava una camicia da notte bianca, o forse sembrava bianca per la polvere dell’intonaco, che aveva reso spettrale la faccia di Jack. L’aveva sollevata di peso, e lei lo aveva abbracciato forte e gli aveva affondato il volto contro la spalla. Il fuoco sottolineava i profili di entrambi.
Portai la barella, e Jack si inginocchiò e tentò di posarvela sopra, ma lei non voleva lasciarlo. «Va tutto bene,» le disse dolcemente. «Adesso sei al sicura.»
Si liberò dall’abbraccio e le ripiegò le braccia sul petto. La camicia da notte era striata da macchie di sangue secco, ma non sembrava che fosse il suo. Mi chiesi chi altro ci fosse stato là dentro insieme a lei. «Come ti chiami?» le chiese Jack.
«Mina,» rispose lei. Fu poco più che un bisbiglio.
«Io mi chiamo Jack,» disse lui, poi mi indicò con un cenno della testa. «E anche lui. Adesso ti porteremo all’ambulanza. Non aver paura. Ormai sei al sicuro.»
L’ambulanza non era ancora arrivata. Posammo la barella sul marciapiede, e io andai dal responsabile dell’incidente per sapere se stesse arrivando. Ma prima che potessi tornare indietro qualcuno gridò: «Ce n’è un altro,» e mi diressi là, e aiutai a liberare la mano che il caposquadra aveva scoperto, e poi il corpo da cui era uscito tutto quel sangue. Quando guardai verso il basso, la ragazza era ancora sulla sua barella, e Jack era chino su di lei.
Il giorno dopo mi recai a Whitechapel per conoscere l’uomo che annusava i corpi. Non c’era. «È un collaboratore a tempo ridotto,» mi disse il responsabile della postazione, liberando una sedia in modo che potessi sedermi. Nella postazione c’era un gran disordine, vestiti e piatti sporchi dappertutto.
Una donna anziana con una veste da camera in tela stampata stava friggendo del rognone in una padella. «Di giorno lavora a Dorking, all’approvvigionamento.»
«Come fa esattamente a localizzare i corpi?» le chiesi. «Ho sentito dire che…»
«Che legge nella loro mente?» concluse la donna. Raccolse il rognone e lo versò in un piatto, poi lo porse al guardiano. «L’ha sentito dire anche lui. purtroppo, e la cosa gli ha dato alla testa. “Li sento qui sotto,” dice ai soccorritori, come se fosse Houdini o qualcosa del genere, e indica il punto in cui secondo lui bisogna cominciare a scavare.»
«Come fa a trovarli?»
«Fortuna,» rispose il guardiano.
«Io credo che ne senta l’odore,» affermò la donna. «È per questo che li chiamano segugi.»
Il guardiano sbuffò. «Malgrado la puzza delle bombe dei crucchi, e il gas e tutto il resto?»
«Se fosse un…» dissi, ma mi interruppi subito. «Se avesse un senso molto sviluppato dell’odorato, per esempio se fosse in grado di sentire l’odore del sangue?»
«Non si possono annusare i corpi nemmeno quando sono morti da una settimana,» disse il guardiano, con la bocca piena di rognone. «Li sente gridare, proprio come noi.»
«Ha un udito migliore del nostro,» disse la donna, abbracciando disinvoltamente la teoria del suo guardiano. «Molti di noi sono mezzi sordi a causa dei cannoni, e lui no.»
Io non ero riuscito a sentire la donna grassa con la retina rosa sui capelli, anche se lei diceva di aver chiamato aiuto. Ma Jack, appena arrivato dallo Yorkshire, dove non erano assordati da settimane di batterie contraeree, l’aveva sentita. Non c’era niente di misterioso in tutto questo. Alcune persone avevano l’udito migliore di altre.
«La settimana scorsa abbiamo tirato fuori un colonnello dell’esercito che sosteneva di non aver gridato.» dissi.
«Mentiva,» disse il guardiano, tagliando un altro pezzo di rognone. «Due giorni fa abbiamo avuto una governante, una donna educata e rispettabile: per tutto il tempo non ha fatto che imprecare, e bestemmiare peggio di un marinaio, e alla fine ha detto che non era vero niente. “Le mie labbra non hanno mai pronunciato parole sconvenienti e non le pronunceranno mai,” mi ha detto.» Mi puntò addosso la forchetta. «Il tuo colonnello ha gridato, eccome. Solo che non lo voleva ammettere.»
“Non ho emesso un suono,” aveva detto il colonnello Godalming agitando il cucchiaio da portata. “Sapevo che sarebbe stato inutile,” ma forse il guardiano aveva ragione, e quelle parole erano solo uno stupido vanto. D’altra parte non voleva che sua moglie sapesse che lui era a Londra, e che venisse a conoscenza della ballerina del Windmill. Aveva dei buoni motivi per restare in silenzio e cercare di liberarsi da solo.
Tornai a casa e telefonai a una ragazza del servizio ambulanze che conoscevo, e le chiesi di informarsi dove avessero portato Mina. Mi comunicò la risposta dopo qualche minuto, e presi la metropolitana per andare al St. George’s Hospital. Tutti gli altri avevano gridato, o battuto sul tetto del rifugio, ma Mina no. Quando Jack l’aveva trovata lei era così spaventata che a malapena era riuscita a bisbigliare qualcosa, ma questo non significava che non avesse gridato o che non si fosse lamentata.
«Ieri sera, quando eri sepolta, hai gridato per chiamare aiuto?» le volevo chiedere, e lei mi avrebbe risposto con la sua vocetta da topolino: «Ho gridato, ho gridato tanto fra una preghiera e l’altra. Perché?» E io le avrei risposto: «Niente, solo una strana fissazione causata dalla mancanza di sonno. Di giorno Jack lavora a Dorking in un impianto militare, e ha un udito eccezionale.» E nella mia teoria non c’è più verità di quanta ce ne sia in quella di Renfrew che le incursioni siano state scatenate dalla lettera che lui ha scritto al Times.
Il St. George’s aveva un ingresso con su scritto “Pronto soccorso per le vittime di guerra”. Chiesi alla suora infermiera dietro il banco se potevo visitare Mina.
«È stata recuperata ieri sera. L’incidente di James Street.»
Controllò un registro scritto a matita e pieno di cancellature. «Non ci risulta un ricovero sotto quel nome.»
«Sono sicuro che è stata portata qui,» dissi, girando la testa per leggere l’elenco di nomi. «Non esiste un altro ospedale con questo nome, no?»
Lei scosse la testa e scorse un altro foglio del registro.
«Eccola,» disse, e io avevo sentito troppe volte le squadre di soccorso usare quel tono di voce per non capire che cosa significasse, ma era impossibile. Si trovava sotto la testata di quel letto, e il sangue sulla camicia da notte non era nemmeno il suo.
«Mi dispiace tanto,» disse la suora.
«Quando è morta?» le chiesi.
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