«Non sono certa di avere capito» disse Rachel. «Il meteorite si trova sotto migliaia di tonnellate di ghiaccio. Come riuscirete a sollevarlo?»
Norah indicò la cima del traliccio dove un raggio di luce rossa puntava dritto verso il ghiaccio fra i tre piedi. Rachel l'aveva già notato e aveva pensato che fosse semplicemente un puntatore per segnalare l'esatta posizione del meteorite.
«Quello è un laser con semiconduttore all'arsenuro di gallio» spiegò Norah.
Osservando attentamente il fascio di luce, Rachel si accorse che aveva già perforato il ghiaccio facendolo fondere e lo si vedeva brillare in profondità.
«Un raggio caldissimo» spiegò Norah. «Scaldiamo il meteorite mentre lo solleviamo.»
Rachel rimase molto colpita quando comprese il piano. Il raggio laser, puntato verso il basso, scioglieva il ghiaccio finché non incontrava il meteorite, che assorbiva il calore tanto da fondere il ghiaccio che lo circondava. Mentre gli uomini della NASA sollevavano il meteorite, il suo calore, unito alla pressione verso l'alto, liquefaceva il ghiaccio circostante, aprendo la strada per portarlo in superficie. L'acqua che si formava scivolava ai lati della roccia e riempiva il pozzo di estrazione.
"Come tagliare un pezzo di burro congelato con un coltello molto caldo."
Norah indicò gli uomini impegnati sui verricelli. «I generatori non reggono questo tipo di sforzo, quindi devo impiegare manodopera.»
«Balle!» commentò uno degli operai. «Usa noi perché le piace vederci sudare!»
«Rilassati» replicò lei. «Voi fanciulle avete piagnucolato due giorni per il freddo, e io ho provveduto a scaldarvi. Ora, continuate a tirare.»
Tutti scoppiarono a ridere.
«A che servono quelli?» chiese Rachel, indicando alcuni coni stradali arancioni in posizioni apparentemente casuali. Ne aveva già veduti altri sparsi per la cupola.
«Uno strumento importantissimo per la glaciologia. Li chiamiamo QUTSUC, l'abbreviazione di "qui ti spacchi una caviglia".» Ne sollevò uno per mostrare il foro circolare che si apriva come un pozzo senza fondo nelle viscere del ghiacciaio. «Meglio evitare di camminarci sopra.» Rimise a posto il cono. «Abbiamo carotato in varie partì il ghiacciaio per verificare la solidità strutturale. Come per l'archeologia, il numero di anni che un oggetto ha trascorso sepolto è rivelato dalla profondità a cui viene rinvenuto. Maggiore è la profondità, maggiore è il periodo trascorso. Quando scopriamo un oggetto nel ghiaccio, possiamo datarlo valutando la quantità di ghiaccio che lo ricopre. Perché la misurazione sia precisa, controlliamo diverse zone in modo da avere la certezza che l'area è un'unica lastra compatta e non è stata disgregata da terremoti, crepe, valanghe o altro.»
«E questo ghiacciaio come appare?»
«Intonso. Una lastra perfetta, compatta, senza faglie o interruzioni di alcun genere. Questo meteorite lo si definisce un "ritrovamento statico"; è rimasto immobile nel ghiaccio da quando è piombato sulla Terra, nel 1716.»
Rachel ebbe una reazione ritardata. «Lei conosce l'anno esatto della caduta?»
Norah parve sorpresa dalla domanda. «Santo cielo, sì. Io leggo il ghiaccio.» Si diresse a una vicina pila di cilindri di ghiaccio. Sembravano pali del telefono traslucidi ed erano contrassegnati da etichette di colore arancione. «Queste carote sono documenti geologici scritti nel ghiaccio. Se li osserva con attenzione, vedrà i singoli strati.»
Rachel si chinò ed effettivamente notò che i cilindri erano formati da strati lievemente differenti per luminosità e chiarezza, dello spessore che variava da quello della carta velina a un centimetro circa.
«Ogni inverno si verifica una pesante precipitazione nevosa sulla banchisa, e ogni primavera avviene un parziale disgelo. Quindi, a ogni stagione si sviluppa un nuovo strato di compressione. Si comincia dall'alto — l'ultimo inverno — e si conta a ritroso.»
«Come contare gli anelli di un albero.»
«Non è così semplice, signora Sexton. Tenga conto che misuriamo centinaia di metri di strati. A tale scopo, dobbiamo consultare gli indici climatici, quali l'andamento delle precipitazioni, gli inquinanti atmosferici, questo genere di cose.»
Tolland, che si stava avvicinando insieme agli altri, sorrise a Rachel. «Sa tutto sul ghiaccio, vero?»
Rachel si sentì stranamente felice di vederlo. «Sì, è pazzesca.»
«E, a titolo di cronaca, la datazione del 1716 fatta dalla dottoressa Mangor è esatta. Molto prima del nostro arrivo qui, la NASA aveva identificato nel 1716 l'anno dell'impatto. La dottoressa ha fatto i carotaggi ed eseguito i suoi test autonomamente, ed è arrivata allo stesso risultato.»
Rachel era molto colpita.
«Tra l'altro, il 1716 è proprio l'anno in cui alcuni esploratori hanno raccontato di avere osservato una luminosa palla di fuoco nel cielo sopra il Canada settentrionale. La meteora è stata chiamata Jungersol, dal nome del capo spedizione» precisò la Mangor.
«Dunque, la coincidenza tra la datazione delle carote e la documentazione storica costituisce la prova virtuale che noi stiamo guardando un frammento dello stesso meteorite che Jungersol ha dichiarato di aver veduto nel 1716» concluse Corky.
«Dottoressa Mangor!» gridò uno degli addetti della NASA. «Si cominciano a vedere i moschettoni della catena!»
«La visita guidata è finita, gente» disse la Mangor. «È il momento della verità.» Prese una sedia pieghevole, ci salì sopra e gridò con tutto il fiato che aveva in gola: «Ehi, tutti! Affiora entro cinque minuti!».
Come cani pavloviani che rispondano al campanello che annuncia il pasto, tutti gli scienziati disseminati per la cupola abbandonarono quello che stavano facendo per correre verso la zona di estrazione.
Norah Mangor, con le mani sui fianchi, dominava sul suo territorio. «Bene. Recuperiamo il Titanic. »
«Fatevi da parte!» strillò Norah, fendendo la folla che si accalcava. I tecnici si scostarono per lasciarla passare. Con aria compresa, lei controllò la tensione e l'allineamento dei cavi.
«Tirate!» ordinò uno della NASA. Gli uomini potenziarono i verricelli e i cavi risalirono di un'altra decina di centimetri.
Mentre continuavano la loro ascesa, Rachel sentiva che tutti si protendevano in attesa del grande evento. Corky e Tolland, vicini a lei, parevano due bambini il giorno di Natale. Al lato opposto del foro si stagliò la sagoma massiccia del direttore Lawrence Ekstrom, che prendeva posizione per assistere all'estrazione.
«I moschettoni!» gridò uno. «Si vedono i moschettoni!»
I cavi d'acciaio intrecciato che emergevano dal foro lasciarono il posto a una catena giallognola.
«Ancora un paio di metri! Continuate a tesare!»
Nel gruppo raccolto intorno al traliccio scese il silenzio. Parevano a una seduta spiritica, in attesa dell'apparizione di uno spettro. Tutti si sporgevano ansiosi.
Poi Rachel lo vide.
Dallo strato sempre più sottile di ghiaccio cominciò ad apparire la forma indistinta del meteorite, un'ombra scura e oblunga, da principio confusa, ma sempre più nitida a mano a mano che scioglieva il ghiaccio nella risalita.
«Tesate di più!» gridò un tecnico.
Gli uomini eseguirono l'ordine e la struttura scricchiolò.
«Un altro metro e mezzo! Mantenete la tensione!»
Rachel notò il ghiaccio sporgente sopra la roccia, come una bestia gravida sul punto di partorire. Sopra la protuberanza, intorno al punto di ingresso del laser, un piccolo cerchio di ghiaccio superficiale cominciò a sciogliersi, allargando il foro.
«Cervice dilatata!» gridò qualcuno. «Novecento centimetri!»
Una risata tesa ruppe il silenzio.
«Okay, spegnete il laser!»
Qualcuno girò un interruttore, e il raggio scomparve.
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