«Deciditi» gli sussurrò Mal’akh. «Liberami dalla carne. Dio lo vuole. Tu lo vuoi.» Distese le braccia lungo i fianchi e arcuò il corpo per offrire il petto e la sua magnifica fenice a due teste. Aiutami a liberarmi del corpo che riveste la mia anima.
Con gli occhi pieni di lacrime, Peter adesso sembrava guardare attraverso Mal’akh, senza neppure vederlo.
«Io ho ucciso tua madre. Ho ucciso Robert Langdon. Sto uccidendo tua sorella e distruggendo la tua fratellanza! Fai quello che devi!»
Il viso di Peter Solomon si contorse in una maschera di dolore e rimorso. Gettò indietro la testa e, mentre alzava il coltello, liberò un urlo di angoscia.
Robert Langdon e l’agente Simkins arrivarono senza fiato davanti alla porta della Sala del Tempio nel preciso istante in cui all’interno risuonava un grido raccapricciante. Era la voce di Peter. Langdon ne era certo.
L’urlo di Solomon era di assoluta agonia.
Sono arrivato troppo tardi!
Ignorando Simkins, Langdon afferrò le maniglie e spalancò le porte. La scena orribile che si trovò davanti gli confermò le sue peggiori paure. Al centro della sala fiocamente illuminata, accanto al grande altare, si stagliava la sagoma di un uomo dalla testa rasata. Indossava una veste nera e impugnava un grosso coltello.
Prima che Langdon potesse muoversi, l’uomo stava già calando il coltello sul corpo disteso sull’altare.
Mal’akh aveva chiuso gli occhi.
Così bello. Così perfetto.
L’antica lama dell’aqedah aveva scintillato al chiarore della luna mentre si alzava tracciando un arco sopra di lui. E nell’aria si erano sollevate a spirale volute di fumo profumato, aprendo un sentiero per la sua anima che di lì a poco sarebbe stata liberata. Il grido di tormento e disperazione del suo uccisore stava ancora echeggiando nello spazio consacrato quando il coltello si abbassò.
Sono imbrattato del sangue di un sacrificio umano e delle lacrime del padre.
Mal’akh si irrigidì nell’attesa dell’impatto glorioso.
Il momento della trasformazione era arrivato.
Incredibilmente, non provò alcun dolore.
Una vibrazione tonante gli scosse il corpo, profonda e assordante. La sala iniziò a tremare e una splendente luce bianca lo accecò dall’alto. I cieli ruggivano.
E Mal’akh comprese che era accaduto.
Esattamente come aveva programmato.
Langdon non ricordava di essere scattato verso l’altare nello stesso momento in cui compariva l’elicottero sopra la sua testa. Né ricordava di essersi lanciato in avanti con le braccia tese… scagliandosi verso l’uomo con la veste nera… cercando disperatamente di gettarlo a terra prima che potesse calare il coltello una seconda volta.
I corpi si scontrarono mentre una luce abbagliante attraversava il lucernario e si riversava sull’altare. Langdon si era aspettato di vedervi il corpo insanguinato di Peter Solomon, ma il petto nudo che sembrava risplendere alla luce non era affatto coperto di sangue… bensì da un arazzo di tatuaggi. Accanto all’uomo c’era il coltello, spezzato: a quanto pareva, non era stato conficcato nella carne, ma calato con forza sull’altare di pietra.
Mentre crollava insieme all’uomo in nero sul duro pavimento, Langdon notò il moncherino bendato all’estremità del braccio destro e si rese conto con stupore di avere appena placcato Peter Solomon.
I due scivolarono insieme per terra, illuminati dall’alto dai fari accecanti dell’elicottero che si abbassò tuonando, i pattini che quasi sfioravano la grande lastra di vetro.
Sul muso dell’elicottero ruotò una specie di mitra dall’aspetto strano, che poi puntò in basso attraverso il vetro. Il raggio rosso del mirino laser penetrò attraverso il lucernario e danzò sul pavimento, direttamente verso Langdon e Solomon.
No!
Ma dall’alto non arrivò alcun colpo d’arma da fuoco… solo il rumore delle pale dell’elicottero.
Langdon non sentì niente, a eccezione di un inspiegabile rivolo di energia che sembrò pervadergli tutte le cellule del corpo. Dietro di lui, sulla poltrona di pelle di cinghiale, il laptop emise un sibilo strano. Si voltò appena in tempo per vedere lo schermo diventare improvvisamente nero. Purtroppo, l’ultimo messaggio visibile era stato molto chiaro.
INVIO MESSAGGIO: 100% COMPLETATO
Tirati su! Maledizione! Vai su!
Il pilota del Sikorsky spinse i rotori in overdrive, cercando di evitare che i pattini toccassero un punto qualsiasi del grande lucernario. Sapeva che i duemilasettecento chili della spinta di sollevamento provocata dai rotori stavano già sollecitando il vetro fin quasi al punto di rottura. Sfortunatamente l’inclinazione della piramide sottostante deviava di lato la spinta, riducendo la capacità di sollevamento del velivolo.
Vai su! Ora!
Il pilota inclinò il muso dell’elicottero cercando di allontanarsi, ma il pattino sinistro colpì il centro del vetro. Solo per un istante, però fu più che sufficiente.
Il massiccio lucernario della Sala del Tempio esplose in un turbine di vetri e vento… riversando una cascata di frammenti taglienti nella stanza sottostante.
Stelle che cadono dal cielo.
Mal’akh, che fissava quella bella luce bianca, vide un velo di gioielli scintillanti fluttuare verso di lui… sempre più velocemente… quasi precipitandosi per avvolgerlo nel loro splendore.
Poi, all’improvviso, ci fu dolore.
Ovunque.
Pugnalate. Tagli. Squarci. Coltelli affilati come rasoi che penetravano nella carne. Nel petto, nel collo, nelle cosce, in faccia. Il corpo si irrigidì di colpo, cercando di ritrarsi. Piena di sangue, la bocca urlò per il dolore che stava strappando a forza l’uomo dalla sua trance. Poi la luce bianca si trasformò e d’un tratto, come per magia, sopra dì luì si materializzò un elicottero le cui pale ruggenti spingevano un vento freddo in basso, nella Sala del Tempio, raggelandolo fino al midollo e disperdendo le volute di incenso agli angoli della stanza.
Mal’akh voltò la testa e vide di fianco a sé il coltello dell’aqedah spezzato, frantumato sull’altare di marmo, ora coperto da un lenzuolo di vetri infranti. Perfino dopo tutto quello che gli ho fatto… Peter Solomon ha deviato il coltello. Si è rifiutato di versare il mio sangue.
Con crescente orrore, Mal’akh sollevò la testa e si guardò il corpo, quell’opera d’arte vivente che avrebbe dovuto essere la sua grande offerta. Era rovinata, a brandelli, fradicia di sangue, e dalla carne spuntavano enormi pezzi di vetro.
Posò di nuovo il capo sull’altare e guardò attraverso l’apertura nel tetto. L’elicottero se n’era andato. Al suo posto c’era solo una luna silenziosa e fredda.
Con gli occhi sbarrati, Mal’akh boccheggiava, respirando a fatica… tutto solo sul grande altare.
Il segreto è come si muore.
Mal’akh sapeva che era andato tutto storto. Nessuna luce splendente. Nessuna accoglienza stupefacente. Solo oscurità e un dolore lancinante. Dolore anche negli occhi. Non riusciva a vedere nulla, però percepiva movimento intorno a sé. C’erano voci… voci umane… una delle quali, incredibilmente, apparteneva a Robert Langdon. Com’è possibile?
«Sta bene» continuava a ripetere Langdon. «Katherine sta bene, Peter. È tutto okay.»
No, pensò Mal’akh. Katherine è morta. Non può essere viva.
Mal’akh non vedeva più e non era neppure in grado di dire se i suoi occhi fossero aperti o chiusi, comunque sentì l’elicottero allontanarsi. Una calma improvvisa scese sulla Sala del Tempio. Lui aveva la sensazione che i ritmi armoniosi della terra stessero diventando irregolari… come se una tempesta sempre più violenta turbasse le naturali maree dell’oceano.
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