Mo Hayder - Birdman

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In un'area industriale semiabbandonata della periferia londinese vengono scoperti i cadaveri di cinque donne mutilate e seviziate. Scattano immediatamente le indagini che vengono affidate al giovane ispettore Jack Caffery. Egli comprende all'istante che i delitti sono opera di un maniaco: le vittime sono state infatti sottoposte a procedure chirurgiche amatoriali per la riduzione del seno e sono state pettinate e truccate in modo da ricordare delle bambole. La morte tuttavia non è stata causata dalle orrende ferite, bensì da un'iniezione letale; inoltre il killer ha inserito nel petto delle vittime e cucito accanto al cuore un uccellino vivo, simbolo e firma del suo macabro operato.

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La scelta di Toby era caduta sulla più magra e pallida. A letto, le aveva ordinato di non parlare, di non muoversi, di non dimenarsi e di non gemere. Il mattino dopo, mentre sul balcone sorseggiava un caffè e mangiava sinangag fritti, era stato travolto dalla sensazione che qualcosa di anomalo stava nascendo in lui.

Un mese dopo, la madre lo aveva scoperto, insieme con Sophie, fra i tassi potati ad arte: lui coi pantaloni alla cavallerizza calati fino alle ginocchia, lei a occhi chiusi, il volto lungo tranquillo, immobile come per una radiografia. Toby si era rivestito ed era rientrato a casa, ma Lucilla aveva già scatenato un pandemonio. I domestici si agitavano nel sole, e Toby aveva evitato per un soffio di essere preso sotto dalla Land-Rover di Henrick, il quale, cupo in volto, aveva fatto retromarcia nel cortile anteriore, sollevando una nube di ghiaia, per poi imboccare il viale d'accesso e andarsene.

Il messaggio era chiaro: Toby avrebbe dovuto affrontare Lucilla da solo.

Osservato dai domestici, il ragazzo aveva salito le scale, posando poi la mano bianca sul pesante portone di quercia, gli occhi semichiusi, come se aspettasse di sentire i lievi tremolii che gli avrebbero indicato l'esatta posizione della madre, in attesa.

Lucilla, nella sala da pranzo per gli ospiti, camminava su e giù lungo la parete degli arazzi di Anversa, respirando rumorosamente. La luce azzurra della finestra illuminava le scie delle lacrime sulle sue guance. Era la prima volta, dall'episodio del bagno, che i due si ritrovavano da soli.

«Mamma.»

«Siediti.»

Lui si era seduto a capotavola, al posto del padre. Alla sua sinistra la finestra azzurra si apriva sulle distese verdi, caliginose, dei prati e sugli ombrosi cipressi, ma la sala da pranzo sembrava buia, come se vi si fossero concentrati anni e anni di tensione. Lucilla si era lasciata cadere sulla sua sedia di mogano; aveva chiuso gli occhi, posando le mani sul collo caldo e scuotendo il capo. «Quella creatura anemica… Suo padre è un dannato pederasta, lei è un errore della natura.»

Toby era calmo. «Non ho tempo per le spiegazioni, Lucilla. Dimmi solo che cosa farò, ora.»

A quelle parole, lei aveva aperto gli occhi, le mani tremanti sul collo. «Che ho fatto per meritare un figlio come te?»

«Dimmi che cosa farò ora.»

«Resterai a Sherborne fino al momento di andare all'università.»

«È tutto?»

«E durante le vacanze, visto che mi tratti con tale disprezzo, andrai dai Chase-Greys, nel Connecticut. Ti daremo il denaro necessario.»

«Non vuoi più vedermi?»

Lucilla si era fatta il segno della croce, un gesto che, a quanto Toby ricordava, aveva fatto solo un'altra volta. «No, non voglio più vederti.»

Toby era tornato a Sherborne e non aveva più rivisto Sophie. Tre anni dopo, lei aveva sposato un contabile ed era andata a vivere a Walton-on-Thames. Toby si era adattato bene. Infine aveva capito: Sophie non era la causa, ma il sintomo di qualcosa di più grande. Lo sentiva crescere in lui, scuro e deforme, impetuoso come una tempesta.

Durante l'ultimo anno a Sherborne aveva preso la decisione d'iscriversi a medicina. Era intelligente, e la neofondata United Medical and Dentai Schools del Guy's and St. Thomas's – l'UMDS – lo aveva accettato.

Ed era stato proprio all'UMDS che Birdman aveva spiegato le ali.

16

Le nove. A Shrivermoor Street si accesero i lampioni, e la notte calda si venò delle loro luci gialle e fluorescenti. L'edificio era silenzioso, buio, fatta eccezione per un'unica striscia di luce che filtrava dalle veneziane di una stanza al primo piano, dove Caffery ed Essex, tolte le cravatte e sbottonati i colletti, sedevano l'uno di fronte all'altro vicino a un mobile dell'archivio, davanti a una confezione da sei di birra Speckled Hen e a una familiare di Kentucky Fried Chicken.

Al suo ritorno, quel pomeriggio, Jack aveva scelto di non riferire a Maddox i progressi che aveva fatto. Alle quattro, allorché era arrivato il fax, nel preciso istante in cui Diamond usciva per procurarsi un mandato per la GTI rossa di Gemini, Jack aveva fatto cenno a Paul di raggiungerlo nella stanza del capo.

«Hai qualche piano per stasera?» gli aveva chiesto. Poi, mostrandogli il lungo rotolo di carta, aveva aggiunto: «Mi dà un buon vantaggio, ma è solo l'inizio».

Il fax era stato spiegato sul tavolo, scendeva oltre il bordo e proseguiva, increspandosi, sul pavimento.

«168 donne», commentò Paul, la bocca piena di pollo. «330 meno 168 fa… hmm…»

«162.»

«Grazie», rispose e scribacchiò il numero ai piedi dell'elenco, lasciandovi alcune ditate di unto. «Eliminiamo tutti quelli… sopra i cinquanta, eh?»

«Che non sono molti.»

«Più o meno quanti? Una trentina? E rimaniamo con…»

«132.» Jack aprì una birra. «Inseriscili in HOLMES e, se non emerge nulla, iniziamo gli interrogatori. Non possiamo fare nulla nel fine settimana, però, se cominciamo lunedì, calcolando in media venti minuti per colloquio, potremmo probabilmente smaltirne cinquanta al giorno in due, e per mercoledì aver stretto il cerchio. In questo modo stiamo nei tempi.»

«Che gran stronzo sei», sbuffò Paul, prendendo la sua birra.

«Sai che non è vero.» Jack sollevò la sua lattina e aggiunse: «E per questo ti sarò eternamente grato».

Brindarono e bevvero. «È buffo», osservò Paul, pulendosi la bocca e appoggiandosi allo schienale. «Sì, è davvero buffo che tu non te ne accorga.»

«Accorgermi di cosa?»

«Della fiducia che Maddox ha in te.»

« Fiducia? » Jack scosse il capo, sorridendo a quella battuta ironica. «La chiami fiducia? Mi ha dato quattro giorni!»

«Non ne ha mai dati tanti a nessun detective. È ligio alle regole, Jack, un vero sgobbone. E tu…» Dall'altra parte della stanza, la stampante MSS si attivò all'improvviso. «Be', mettiti nei suoi panni…» Paul si alzò, si avvicinò all'apparecchio e sollevò il coperchio di perspex. «È spaventato all'idea che tu possa compromettere un caso in cui ti ha dato carta bianca. Pensaci.» Scrutò all'interno della stampante, mentre la testina si muoveva a destra e a sinistra del foglio, come una pallina da ping pong. «Ah, viene dalla nostra specialista di Lambeth.»

«Dal laboratorio?» Jack fu lieto di cambiare argomento.

«Sì.» Paul sorrise. «È Jane Amedure, il piccolo genio di Bootle. Mi ha insegnato il mestiere quando sono stato incaricato di occuparmi dei reperti del caso Ambleside.»

«Ambleside?»

«L'anno scorso.» L'altro non sollevò lo sguardo. «Un algerino ammazzò la sua vecchia e la mise in un congelatore, in un appartamento di una casa popolare di Old Kent Road. La trovarono sei mesi più tardi.» E, dopo aver bevuto un'altra sorsata di birra, proseguì: «La corrente mancava da tre».

«Nulla ti può turbare, vero?»

«Già. Poi c'era il nostro amico Coliti Ireland. Uccise il gatto della vittima e mise la bocca di quest'ultima su…»

«Sì, lo so, grazie.» Jack si sentì improvvisamente stanco e si sfregò gli occhi. «Andiamo avanti. Che cosa ci ha mandato?»

«Hmm…» Paul scorse il rapporto. «Vediamo: tossicologico e istologico, l'analisi dei capelli. Bene, ecco qui: la vittima non ancora identificata, quella morta per prima, era una tossicodipendente. Nei tessuti profondi c'erano benzoilecgonina e diacetilmorfina.»

«Questo significa cocaina ed eroina?»

«Al cento per cento. Per Shellene Craw non avevamo bisogno della conferma, ma la nostra consulente della Scientifica ce l'ha data comunque: è positiva per eroina, crack, ecstasy… per tutto quanto. E anche per la Wilcox è stata confermata l'eroina. La Hatch è, come pensavamo, positiva e, sorpresa, sorpresa…» – sollevò lo sguardo -, «la Spacek è negativa. Anche per il crack. Pulita.»

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