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Kate Wilhelm: La casa che uccide

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Kate Wilhelm La casa che uccide
  • Название:
    La casa che uccide
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    2004
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    3 / 5
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Lo stampato è nel primo cassetto della scrivania

le rispose il computer sullo schermo.

Beth si chiese quale altra informazione fosse programmato a fornire il computer, ma non diede seguito alla sua curiosità. Prese lo stampato e lo aprì sulla scrivania per studiarlo. C’erano i disegni della pianta della casa, disegni eseguiti con grande abilità, probabilmente da Rich. Vide un ascensore e due rampe di scale poste a ogni piano sul fronte e sul retro, mentre la terrazza che circondava la cupola sul tetto era raggiungibile a piedi o in ascensore.

Studiata la pianta della casa, ritornò al menu con una certa riluttanza e selezionò "Vittime". Sul monitor apparve la scritta:

La tua prima vittima è Rich Schoen. Buona fortuna.

Il messaggio svanì, Beth si ritrovò nuovamente davanti al menù e si mordicchiò il labbro. Beth pensò che compiendo quella stessa operazione uno degli altri doveva aver letto il suo nome sullo schermo. Uno di loro stava selezionando un’arma, stava mettendo a punto un piano. Il computer la abbagliò con un nuovo messaggio e Beth chiuse istintivamente gli occhi.

Desideri che ti mostri ancora le armi?

«No» rispose bruscamente. «Sai dov’è Gary?»

«SÌ, BETH.»

«Dov’è?»

«MI DISPIACE. NON MI È PERMESSO FORNIRTI QUESTA INFORMAZIONE.»

«Va’ al diavolo» mormorò, e si voltò verso la porta. Solo allora si accorse di aver comunicato con quella dannata macchina senza la tastiera. Quindi Gary aveva messo a punto un computer geniale, pensò, un computer che capiva un linguaggio parlato non programmato. Beth si rese conto che quella era una delle cose che Gary voleva sperimentassero da soli. Ma cos’altro dovevano sperimentare?

Aprì la porta e uscì dalla stanza appena in tempo per scorgere qualcuno in fondo alla curva del corridoio che si ritraeva e rientrava in fretta nella stanza, ma non riuscì a identificare chi fosse. All’improvviso provò una fitta allo stomaco, forse causata dalla paura, dall’ansia o dal nervosismo. «Per l’amor di Dio» mormorò «è solo un gioco!» In quel momento però capì che altri avrebbero preso il gioco seriamente e avrebbero fatto di tutto per vincere, per guadagnare punti e far pendere le decisioni a proprio vantaggio all’assemblea degli azionisti di lunedì. Per la prima volta dalla nascita della società il suo voto era importante per qualcuno, abbastanza importante da motivare un assassinio. Per la prima volta era percepita da qualcuno come una minaccia. Sentì che stava per cominciare a ridere e fece un profondo respiro. "Accidenti a Gary" pensò nuovamente così come le era accaduto molte altre volte nel corso degli anni. "Accidenti a lui."

Beth vagò per la casa per qualche tempo ma non riuscì a trovare suo marito. Provò l’ascensore, andò sul tetto a vedere la terrazza, diede uno sguardo alla cucina e infine s’imbatté nella sala d’esposizione nel seminterrato dove si trovava la teca in cui erano esposte le armi. C’erano delle stupide pistole ad acqua a forma di drago, una cerbottana con le pallottole, i dischetti avvelenati. Beth giunse alla conclusione che ogni arma doveva trovarsi in uno scomparto monitorato dal computer. Non avrebbe saputo come altro spiegare il fatto che la macchina sapesse chi aveva prelevato un certo tipo di arma, dal momento che non era riuscita a individuare alcuna telecamera. Si allontanò dalla teca e osservò la stanza. Erano esposti tutti i computer della Bellringer Company a partire dal primo, che ora aveva un aspetto antiquato e assomigliava più a un giocattolo che a una macchina realmente funzionante, fino al più recente, che aveva tutta l’aria di costare centinaia di migliaia di dollari. Ogni software di base era stato esposto su un impeccabile supporto in resina acrilica. Appese ai muri campeggiavano le foto ingrandite dei chip di silicio. Misuravano almeno un metro e mezzo per due ed erano bellissime.

«Di grande effetto, vero?»

Si voltò di scatto e vide sulla soglia Harry e Laura Westerman. Nessuno dei due sembrava avere in mano un’arma. Poi, alle loro spalle, vide Alexander e tirò un sospiro di sollievo ricordandosi che il gioco prevedeva un solo testimone. Sarebbero stati al sicuro in gruppi di quattro o più persone.

Laura rise. «Abbiamo deciso di andare in giro a gruppi. È come trovare il quarto giocatore per una partita a bridge. Hai già scelto l’arma?»

Beth si strinse nelle spalle. «Forse. E tu?»

Alexander avanzò strascicando i piedi e guardando ripetutamente Laura, Beth e Harry Westerman. «Ora siamo in quattro, prendiamo le armi così me ne vado. Devo sbrigare ancora alcuni affari, stasera.»

Beth lo fissò, poi si voltò verso Laura e Harry. Erano tutti d’accordo! Annuì con rassegnazione e si avviò con Alexander verso la porta, fermandosi di fronte alla sala giochi. Nella parte centrale del seminterrato c’erano tavoli da ping-pong, da biliardo, giochi elettronici, hockey, flipper… Gary stava veramente cercando di recuperare l’infanzia perduta, pensò amaramente. La sala giochi era deserta. Alle sue spalle Beth udì Laura chiedere a Harry di voltarsi e di non sbirciare, poi la voce del computer disse: «Grazie Laura. La tua arma è stata registrata.» La stessa operazione fu ripetuta da Harry. Quando Harry e Laura ebbero finito Beth e Alexander rientrarono nella stanza.

Alexander le fece segno di andare avanti e si voltò di schiena quando lei si avvicinò alla teca. Non sapeva dire cosa mancasse. Prima aveva notato che c’erano più esemplari della stessa arma ed era ancora così. Dal momento che sul computer della sua camera non aveva ancora selezionato nulla, non era nemmeno sicura di poter prendere un’arma.

Dopo un attimo di esitazione sollevò il coperchio della teca e prese uno dei palloncini. La voce la ringraziò personalmente, così come era avvenuto anche per gli altri. Chiuse il coperchio e cercò di risollevarlo ma senza riuscirci. "D’accordo" pensò, e infilò il palloncino nella tasca della gonna.

«Tocca a te» disse ad Alexander che si muoveva nervosamente mostrando tutta la sua impazienza.

«Dopo» disse. «Prenderò qualcosa dopo. Sentite, ho davvero un sacco di lavoro da sbrigare…»

Laura rise emettendo nuovamente un suono gutturale. «Potresti aspettare un attimo? Dacci un minuto per andare via da qui. Voglio proprio assaggiare il dolce che prima ci siamo persi. Vieni anche tu, Harry?»

In due erano al sicuro, pensò Beth distrattamente, o in quattro, ma non in tre. Aspettarono che Laura e Harry si fossero allontanati, quindi Alexander assunse un’aria elettrizzata e quasi attraversò di corsa la sala giochi dileguandosi in un corridoio. Beth si avviò lentamente verso le scale per ritornare al piano terra. Nella tasca il palloncino sembrava pesante come piombo.

Al pianterreno un gruppo di persone si era radunato nel corridoio accanto alla porta della cucina. Beth si avvicinò e Milton la salutò con un cenno mentre Maddie disse che aveva portato in cucina il vassoio con le torte. Maddie aveva in mano un bicchiere pieno di cubetti di ghiaccio. Quando Laura la invitò a unirsi a loro Maddie rispose con un gesto vago. «Vado a vedere un film» disse. «Buon film» le augurò Laura. Maddie si allontanò verso l’atrio lasciando aperta la porta scorrevole. L’odore del cloro invase il corridoio. Laura richiuse la porta a vetri scuotendo la testa, guardò Milton e Beth e sollevò una mano con quattro dita. Harry entrò in cucina per primo con un’aria disgustata. In cucina c’erano un tavolo da lavoro in legno di quercia lungo quattro metri e mezzo, un frigo a doppia porta, una cella freezer, il più grande forno microonde che Beth avesse mai visto e un’infinità di altre cose. Beth si soffermò stancamente a esaminarle, poi si voltò verso il tavolo in cerca di un biscotto. Un robot si staccò dalla parete per asciugare il latte che Laura aveva deliberatamente versato con l’intento di dimostrare come entrava in funzione. Milton la osservò attentamente annuendo di tanto in tanto. Harry la ignorò e andò a prendere del ghiaccio in frigo. C’erano finestre autopulenti ovunque, spiegò Laura masticando rumorosamente un biscotto. Se si desiderava un caffè era sufficiente schiacciare un pulsante. Se si voleva del latte, un altro pulsante. Harry prese un decanter da una credenza e si versò da bere.

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