David Baldacci - Il gioco di Zodiac

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Un uomo incappucciato scarica un sacco nella boscaglia. Dentro il sacco, un cadavere. È solo il primo di una serie di omicidi che funesterà la cittadina di Wrightsburg, in West Virginia. L’autore è un serial killer che si firma copiando i modus operandi di famosi assassini seriali. È possibile che gli omicidi abbiano una relazione con lo strano furto effettuato nella lussuosa residenza di un’aristocratica famiglia locale? Apparentemente no, ma l’istinto di Sean King e Michelle Maxwell dà spazio a entrambe le indagini. E sarà al termine di un.avventura rischiosa che Sean e Michelle arriveranno alla fine della storia. Per vedere quanto l’uomo può essere cattivo e quali cose è pronto a fare perché i suoi segreti rimangano tali.

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«Merda!» strillò Michelle.

«Sei ferita?»

«No, ho sparato un paio di colpi, ma ho perso la pistola. Maledizione, erano cinque anni che avevo quella SIG!»

«Lascia perdere la pistola. Quel bastardo sta cercando di ammazzarci.»

«Be’, se avessi ancora la mia pistola lo accopperei prima che ci ammazzasse lui. Non so se ho colpito qualcosa. Ci è venuto addosso proprio mentre stavo sparando.» Michelle fece una breve pausa, poi urlò all’improvviso: «Aspetta un attimo!».

«Cosa c’è?»

«Eccola lì! La mia pistola è finita sullo spoiler posteriore. È rimasta incastrata lì dietro.»

«Non se ne parla neanche… non azzardarti neppure a farci un pensierino, madame.»

«Tu pensa solo a tenermi per la gamba. Riesco quasi ad arrivarci.»

«Porcaccia la miseria, Michelle, finirai per farmi avere un infarto, e stavo già per averne uno per i fatti miei!»

King era talmente concentrato su di lei che fino all’ultimo istante non si avvide che il SUV aveva di nuovo accelerato e si stava affiancando a loro.

«Reggiti forte!» urlò mentre scalava le marce, grattando a più non posso in un modo tale da annullare probabilmente qualsiasi garanzia offerta dalla casa automobilistica Lexus. Poteva quasi sentire l’auto urlargli disperata “ Baaastaa!” e si aspettò di vedere l’albero del cambio vomitare tutti gli ingranaggi sulla strada. In pochi istanti rallentò a trenta all’ora, con entrambi i piedi sul pedale del freno, dopodiché inchiodò fino a fermarsi bruscamente, con le ruote che fumavano. Michelle si era aggrappata come una sanguisuga al poggiatesta del sedile posteriore, con i piedi nudi agganciati disperatamente allo schienale del sedile del conducente.

Il corpo di King stava subendo gravi scompensi in tanti di quei modi che immaginò che un attacco cardiaco fosse il meno che potesse aspettarsi. Innestò di scatto la retromarcia, spinse a fondo l’acceleratore, spremette ogni briciolo di potenza residua dal motore e partì a razzo all’indietro.

Il SUV aveva frenato con tale violenza che i copertoni delle sue ruote sembravano incendiati, tanta era la quantità di fumo che risaliva verso l’alto. L’uomo al volante compì rapidamente un’inversione a U e si lanciò al loro inseguimento in quarta. La griglia del radiatore sembrava un muso provvisto di denti d’acciaio pronti a divorarli. Guadagnava terreno a vista d’occhio.

Michelle smise di allungarsi verso la pistola e fissò il suo socio con la coda dell’occhio. King stava guardando indietro guidando in retromarcia. «In retro non puoi andare più forte di quanto lui possa in avanti, Sean.»

«Grazie per avermelo fatto notare.» Le nocche delle sue dita erano violacee, tanto stringeva il volante. «Attaccati a qualsiasi cosa. Al cinque effettuerò un testacoda.»

«Sei pazzo!»

«Penso di sì.»

Effettuare un testacoda significava che dalla retromarcia avrebbe fatto compiere alla vettura in corsa un’inversione a 180 gradi, probabilmente su due ruote, avrebbe ingranato al volo la terza, iniettato benzina nei turbocompressori e sarebbe ripartito a razzo nella direzione opposta. Tutto in un unico movimento rapidissimo, preferibilmente senza uccidere entrambi.

Il sudore imperlò la fronte di King mentre pregava che l’addestramento ricevuto nel Servizio segreto tornasse utile, nonostante fossero passati tanti anni. Si aggrappò alla portiera con la mano libera per fare leva, piantò saldamente il piede sinistro sul fondo della vettura come fulcro, valutò il momento giusto e sterzò con forza, lasciando andare completamente il volante e poi riafferrandolo saldamente. Funzionò alla perfezione. Saltò le prime due marce in avanti, ingranò la terza e ripartì al volo. Tuttavia, cinque secondi dopo, il SUV era dietro di loro e guadagnava terreno.

Ora dal cofano della Lexus fuoriusciva del fumo e ogni spia di livello d’emergenza sul cruscotto prediceva una triste sorte. La loro velocità calò a novanta chilometri orari, poi a ottanta. Era finita.

«Sean, arriva!» strillò Michelle.

«Non posso farci proprio niente, maledizione!» gridò lui di rimando, mentre il senso di impotenza si trasformava in rabbia nel corso di un solo respiro.

Il SUV li superò ruggendo, rallentò leggermente e li speronò di fianco con tutta la forza delle sue due tonnellate e mezzo. King tenne il volante con una mano e afferrò con la destra la caviglia di Michelle, mentre la sua socia si sforzava disperatamente di recuperare la pistola. Le affondò le unghie nella pelle con tale forza che capì che la stava ferendo a sangue. Il suo braccio e la sua spalla stavano subendo una torsione esagerata, quasi oltre ogni limite.

«Stai bene?» le urlò, stringendo i denti per sopportare il dolore mentre sentiva tutto il peso della sua compagna sottoporre a uno sforzo estremo i suoi tendini.

«Adesso sì, ho preso la pistola.»

«Bene, ottimo, perché quel bastardo sta di nuovo tornando alla carica. Reggiti forte!»

King guardò dietro di sé e vide il fuoristrada nero sterzare bruscamente verso di lui nello stesso istante in cui sentì la caviglia di Michelle ruotargli nella mano.

«Che cosa stai…» Non ebbe il tempo di finire la frase. Il SUV speronò la parte posteriore della Lexus, e la coupé fece quello che King aveva temuto per tutto il tempo. Cominciò a sbandare, e poi finì in testacoda completamente fuori controllo.

«Reggiti forte!» urlò ancora King con voce roca, mentre apparentemente ogni goccia di bile cominciò a salirgli in gola con la prospettiva di ustionargliela. Nelle vesti di agente del Servizio segreto King si era allenato a lungo per acquisire la massima padronanza di veicoli in condizioni estreme. Riscaldato dall’inversione in retromarcia lasciò che l’istinto prendesse il sopravvento. Invece di opporsi ai movimenti dell’auto, li assecondò girando il volante nel senso di rotazione del veicolo, e non in senso contrario, e reprimendo l’impulso naturale di inchiodare i freni. La cosa di cui aveva più paura era un eventuale ribaltamento dell’automobile. Se la macchina si fosse capovolta, Michelle sarebbe di sicuro morta e probabilmente anche lui avrebbe fatto una brutta fine. Non sapeva quanti giri in testacoda effettuò la macchina, ma la Lexus mantenne l’aderenza alla strada malgrado uno spreco impressionante di gomma dei pneumatici e di metallo.

Finalmente l’auto si fermò, con il muso puntato nella direzione verso cui erano diretti; il SUV nero era appena poco più avanti e si stava allontanando, avendo apparentemente deciso di rinunciare allo scontro. Michelle aprì il fuoco, e i pneumatici posteriori del SUV scoppiarono e si disintegrarono sotto la forza lacerante dei proiettili. Il veicolo iniziò a sbandare pericolosamente, entrò in un testacoda e poi fece quello che la Lexus si era risolutamente rifiutata di fare: si ribaltò rotolando su se stesso in corsa. Tre vibranti giravolte e alla fine si fermò di schianto in posizione capovolta sul ciglio sinistro della strada, un centinaio di metri più avanti, con una turbolenta scia di pezzi e frammenti di metallo, vetro e copertoni dietro di sé.

King diede un’accelerata in avanti per portarsi più vicino, per quel che gli concesse la sua coupé ormai in rottami, mentre Michelle scivolava sul sedile accanto a lui. «Sean?»

«Cosa?»

«Ora puoi lasciarmi la gamba.»

«Come? Ah, sì, giusto.» King mollò la presa ferrea.

«Lo so. Anch’io ero terrorizzata.» Michelle gli riservò un’affettuosa stretta alla mano libera mentre si guardavano negli occhi sospirando di sollievo.

«Caspita, lei sì che sa guidare, agente King» disse Michelle con riconoscenza.

«Sinceramente, spero che sia l’ultima volta che sono costretto a farlo.»

Arrivarono vicini ai rottami del fuoristrada ribaltato e scesero. Avanzarono adagio verso la vettura immobile; Michelle aveva la pistola puntata e pronta. King riuscì a scardinare la portiera tutta ammaccata del conducente.

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