«Cosa diavolo…» gridò King guardando nello specchietto retrovisore. «Da dove è sbucato?» Aveva appena pronunciato queste parole quando furono di nuovo tamponati. King si aggrappò al volante, tentando di mantenere in carreggiata sulla tortuosa strada di campagna la Lexus coupé a due porte.
Michelle si sfilò in fretta le scarpe a tacco alto e puntò i piedi scalzi sul fondo dell’auto per tenersi meglio ferma. Infilata una mano nella borsetta, estrasse la pistola, incamerò il primo colpo in canna e fece scattare la sicura con un unico movimento.
«Riesci a vedere il guidatore?» domandò King.
«Non certo con quei dannati fari puntati negli occhi. Ma deve essere l’assassino.»
King afferrò con la destra il telefono cellulare. «Stavolta lo inchioderemo, quel bastardo.»
«Attento, sta accelerando di nuovo!» urlò Michelle.
L’urto violento del pesante fuoristrada sollevò quasi la parte posteriore della Lexus. A King sfuggì di mano il cellulare, che andò a sbattere contro il vetro del parabrezza e rimbalzò in aria volando all’indietro. Poi finì sul cofano del SUV, cadde sull’asfalto e si frantumò.
King afferrò di nuovo il volante e riuscì a riprendere il controllo dell’auto mentre le due vetture si sganciavano. La coupé di King pesava almeno una tonnellata meno del fuoristrada, però aveva molta più ripresa del bestione che li stava attaccando, e sotto il cofano pompava un motore da trecento cavalli. Facendo appello a tutta la sua potenza non appena imboccarono un rettilineo, King premette l’acceleratore a tavoletta e la Lexus schizzò via, staccando di un bel tratto l’altro veicolo.
Michelle sganciò la cintura di sicurezza.
«Che cosa diavolo fai?» gridò King.
«Non lo puoi seminare su queste stradine tortuose, e io non riesco a prenderlo bene di mira con la cintura allacciata. Tu continua solo a stargli davanti.»
«Aspetta un secondo, prima telefona al 911.»
«Non posso. Non ho portato il mio cellulare. La borsetta era troppo piccola per il telefono e la mia pistola.»
King le riservò un’occhiata incredula. «Non hai portato il telefonino per non rinunciare alla pistola?»
«Credo che le mie priorità si stiano dimostrando corrette» tagliò corto Michelle. «Che cosa potrei fare con il cellulare in questo momento: telefonargli in continuazione fino a sfinirlo?»
Si girò sul sedile allungandosi sullo schienale e appoggiò il gomito sul poggiatesta del sedile posteriore. «Continua a stargli davanti» ripeté.
«E tu, maledizione, cerca di non farti ammazzare» replicò King.
Il grosso fuoristrada accelerò ancora, preparandosi a un’altra collisione di metallo contro metallo, ma King sterzò bruscamente, portandosi sull’altra carreggiata, e fece crepitare per qualche terribile secondo le ruote di sinistra sulla spalletta di ghiaia della strada prima di tornare sull’asfalto. Imboccò il tornante successivo scalando le marce a ottanta all’ora, facendo stridere paurosamente i pneumatici. Tutt’a un tratto sentì le ruote di destra perdere aderenza e si buttò con tutto il peso dei suoi novanta chili da quel lato, afferrando con forza il fianco destro di Michelle, di nuovo seduta, e spingendola di fianco contro la portiera dalla parte del passeggero.
«Non sto facendo lo stupido. Mi occorre solo la zavorra. Resta così per un secondo.»
Rallentò di cinque o sei chilometri orari ed emise un sospiro di sollievo non appena le gomme fecero di nuovo saldamente presa sul terreno.
Attaccarono un altro rettilineo che King sapeva lungo quasi mezzo chilometro prima di una serie di impegnative curve a serpentina. Premette l’acceleratore così forte da essere più che certo che, se avesse premuto ancora per tre o quattro millimetri, la suola del suo mocassino avrebbe toccato il pavimento dell’automobile. Mentre l’ago del tachimetro dava rapidamente la scalata alle velocità a tre cifre, gli alberi lampeggiarono così vertiginosamente da farlo vomitare se solo ci avesse fatto caso.
Alle loro spalle il conducente del fuoristrada li inseguiva a oltre centottanta chilometri orari, stando loro dietro e mantenendosi minacciosamente a distanza di tamponamento. King toccò i centonovanta orari e cercò istintivamente di cambiare ancora marcia, ma la Lexus se non ne aveva altre a disposizione. L’unica cosa che gli veniva da pensare era: Quanti airbag ha questa dannata macchina? Sperava fossero almeno una dozzina; sembrava proprio che ne avessero bisogno fino all’ultimo perché la serie di curve si stava rapidamente profilando davanti a loro. Se avesse rallentato, sarebbero morti; se avesse mantenuto quella velocità pazzesca, sarebbero morti ugualmente.
Michelle adocchiò i fari che si avvicinavano minacciosi dietro la Lexus e poi spostò lo sguardo sulla silhouette scura del conducente. Si allungò all’indietro, appoggiò il gomito destro sul bordo superiore interno del baule e prese la mira con entrambe le mani strette sull’impugnatura della pistola.
Giunsero al tratto a curve e King frenò forte fino a rallentare a novanta orari, laddove i cartelli stradali imponevano i trenta; ma nei loro calcoli sulla sicurezza stradale gli ingegneri responsabili della viabilità indubbiamente non avevano tenuto conto dei SUV assassini. Questo permise al fuoristrada inseguitore di guadagnare terreno prezioso. «Sta arrivando» avvertì King. «Non posso correre più forte di così senza perdere il controllo della macchina.»
«Vedi solo di tenerla stabilizzata. Se non rallenta troppo, proverò a bucargli una delle gomme anteriori.»
Il loro inseguitore si avvicinò a meno di una quindicina di metri e poi arrivò a sei o sette. Doveva essersi accorto che lei lo teneva sotto tiro, pensò Michelle, eppure non cedeva di un millimetro. Poi a un tratto il conducente accelerò di colpo a tavoletta e il SUV compì un incredibile balzo in avanti.
King lo aveva notato e imitò gli sforzi del loro inseguitore. La Lexus scattò in avanti, con il fuoristrada attaccato dietro. King inarcò la schiena e premette l’acceleratore con entrambi i piedi come se questo potesse conceder loro la turbocompressione di cui avevano disperatamente bisogno.
Quello che non aveva assolutamente previsto era una famigliola di cerbiatti che aveva scelto proprio quel momento per attraversare la strada.
«Attenta!» gridò King. E sterzò disperatamente a sinistra e poi a destra. Uscirono di strada e urtarono di striscio un tratto di guard-rail mentre i Bambi fuggivano a balzi in ogni direzione. King sentì il guard-rail imprimere la propria firma sulla fiancata della sua ex bellissima coupé decappottabile stridendo da rivetto a rivetto. Rientrò in carreggiata e lanciò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Il conducente del fuoristrada aveva inchiodato per evitare i cerbiatti, ma il SUV non era affatto uscito di strada, e si era di nuovo lanciato all’inseguimento.
King non ebbe il tempo di tornare a velocità di crociera, e comunque il particolare fischio emesso dal motore gli instillò il dubbio che l’urto avesse prodotto qualche altro danno oltre a quelli estetici. L’unica cosa certa era che l’ago del tachimetro era precipitato sotto i centotrenta orari e non si muoveva di là.
«Preparati all’urto» urlò Michelle. «Ecco che arriva quel figlio di puttana.» La ragazza sparò due colpi di pistola mentre il fuoristrada premeva contro il baule della Lexus, producendo un buco nella lamiera e strappando quel poco che era rimasto del paraurti posteriore, facendolo poi volare tra gli alberi. Michelle venne sbalzata verso la parte posteriore della vettura. Quando King vide le sue gambe agitarsi in aria, allungò prontamente la mano destra e le afferrò una caviglia, avvolgendo poi il braccio intorno alla gamba nuda, stringendole la coscia sotto l’ascella e trattenendola con forza. Imboccarono un altro rettilineo, e in qualche modo King riuscì a guadagnare un po’ di velocità spremendo potenza dal motore della Lexus, e lasciando di nuovo indietro il fuoristrada assassino.
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