«Dove dice che sarebbero sepolti i corpi?» chiese Petra.
«Non gliel’abbiamo chiesto. L’abbiamo preso per un maniaco di celebrità con qualche rotella fuori posto. Ce ne capitano di tanto in tanto, con tutta la gente di Hollywood che ha una seconda casa quassù. E giornalisti a caccia di scandali. Eravamo già preparati a dover affrontare qualche problema con Ramsey.»
«Ce ne sono stati?»
«Questo è il primo. Forse nessuno sa ancora che ha un posto quassù.»
«Ci viene spesso?»
«Io non l’ho mai visto, ma magari ci viene di notte. Lo fanno in molti. Scendono di sera a Santa Barbara in elicottero o con l’aereo privato, oppure vengono in limousine direttamente da L.A. La cosa principale per loro è non farsi vedere. È un po’ un gioco, sa? Io sono famoso, ma tu non mi vedi. Non scendono mai a fare compere, hanno sempre qualcuno che lo fa per loro. E date le dimensioni delle proprietà, è difficile che abbiano dei veri e propri vicini di casa.»
Petra si guardò intorno. Lunghe mura alte tre metri su entrambi i lati. Al di là del cancello di Ramsey si snodava un selciato fiancheggiato da palme. Aveva la passione delle palme.
«Chi si occupa della casa di Ramsey quando non è qui?» domandò.
Forbes alzò le spalle. «Ci sarà una ditta di pulizie. So di giardinieri che vengono con regolarità, tutti i martedì e, mi pare, i sabati.» Forbes si toccò le ciglia di un occhio, si grattò a lato del naso. «Ramsey ha anche uno scagnozzo che viene su a controllare la casa. Mi ci sono imbattuto un paio di giorni fa durante una ronda.»
«Greg Balch?»
«È lui.»
L’altro vicesceriffo aveva girato le spalle alla sua automobile. Più basso e più scuro di Forbes, braccia muscolose conserte su un torace possente. Un altro culturista. L’ufficio dello sceriffo doveva poter contare su un’ottima palestra.
«Venuto a scambiare le automobili», disse Petra.
«Sì, con una Lexus. È ancora dietro la casa. All’inizio mi è sembrato strano, ma aveva le chiavi e una lettera di Ramsey che lo autorizza a guidare tutte le sue automobili.»
Colpi e tonfi dall’auto di pattuglia. Il dottor Boehlinger prendeva a calci il finestrino.
«Perché non lo lasciate scendere?» chiese Petra.
«Vuole prenderlo in custodia lei?»
«Voglio parlargli.»
Sedare Boehlinger richiese una certa fatica. Indossava una felpa grigia dell’Università di Washington, un paio di sformati pantaloni grigi, probabilmente residuo di un vecchio abito, e scarpe da tennis bianche. Aveva gli angoli della bocca bianchi di saliva, i capelli separati in ciuffi scomposti e la barbetta elettrizzata.
Finalmente con trenta secondi di silenzio si guadagnò il diritto ad aver liberati i polsi. Appena gli furono tolte le manette, mostrò i pugni ai vicesceriffi. «Stupidi imbecilli teste di cazzo!»
I due poliziotti fecero orecchie da mercante. Prima di togliergli le manette, lo avevano tenuto a distanza di braccio in attesa che smettesse di urlare e scalciare. Una situazione da cartoni animati. Ora tornarono alla loro automobile a conferire con Ron, mentre Petra accompagnava Boehlinger alla sua macchina.
«Idioti!» sbraitò Boehlinger. Tossì, sputò per terra, riprese a imprecare. Petra gli strinse con forza la spalla. Boehlinger tremava come un cagnolino da grembo, schiumando ancora dalla bocca. «Idioti cerebrolesi…»
«La prego, dottore!»
«La prego un corno!…»
Spingendolo più velocemente, Petra gli parlò all’orecchio. «Dottor Boehlinger, so che per lei è stato un inferno, ma se non la smette, saremo costretti a lasciare che l’arrestino.»
«Allora è un’idiota anche lei!» gridò con veemenza Boehlinger. «Quel macellaio se ne va libero e mentre alle sue spalle si accumulano i cadaveri, lei viene a minacciare me! Andate al diavolo tutti quanti, vi ridurrò tutti al sussidio di disoccupazione…»
«Dove sono i cadaveri?»
«Là dentro!» Boehlinger agitò il dito in direzione del cancello. «Dietro lo stagno… Ma ci deve pur essere un Dio! Ero venuto per entrare in casa, frugare nelle carte del macellaio, trovare qualche prova di quello che ha fatto a Lisa, ma ho visto molto più di quello che speravo di…»
«Che genere di prove stava cercando, dottore?»
«Qualsiasi», rispose prontamente lui.
«Che cosa le ha fatto pensare che Ramsey abbia lasciato qualche indizio?»
«Io non ho pensato! Io ho sperato! Almeno questo ho fatto, mentre Dio sa che cos’avete fatto voi! Assolutamente niente. Io ho offerto del denaro di tasca mia e voi non avete avuto quel minimo di cervello e la decenza di approfittare…»
«Dottor Boehlinger» lo richiamò all’ordine Petra. «Che prove sperava di trovare qui?»
Silenzio. Gli occhi azzurri di Boehlinger si abbassarono. «Non avevo un… concetto chiaro. Ma che male facevo? Questo è il posto dove ha picchiato la mia Lisa. Chi può dire che non abbia scritto qualcosa per sé… o che ci sia qualcosa che ha scritto Lisa… La smetta di interrompere il corso dei miei pensieri, signorina. Il punto è che sono andato a cercare qualcosa per entrare in casa…»
«La pala.»
«No, no, no! Ho scelto la pala dopo averla vista! Stavo cercando uno scalpello per far saltare una serratura. Sono abile con gli utensili.»
Patetica vanteria. Guarda mamma, come sono in gamba. Boehlinger lasciò partire uno sbuffo allo zolfo. Nei suoi occhi c’era apprensione. Forse non era stato il miglior padre al mondo, ma la morte di Lisa lo aveva straziato. Un uomo così piccolo.
«Ha rinunciato allo scalpello per la pala dopo…»
«Dopo che ho visto la fossa. Dietro lo stagno.»
«Una fossa? Come fa a essere…»
«Ci scommetta quello che vuole», dichiarò Boehlinger. «Terra smossa da poco, un rettangolo lungo un paio di metri. Sull’altra sponda dello stagno. Piante calpestate, piante distrutte. Ero già stato qui. Dopo il matrimonio, quando quel bastardo stava cercando di far colpo su di me. Ho occhio per i particolari, noto subito una differenza.»
«Ci sono tubature che arrivano o partono dallo stagno?» domandò Petra. «Forse c’è stata qualche riparazione…»
«E forse il Papa sta per beatificare Charles Manson. Non sia stupida, signorina! Ho assistito ad autopsie, ho visionato la mia razione di fotografie scattate sui luoghi in cui sono avvenuti omicidi. So che aspetto ha una fossa.»
Tornò Ron. «Sembra che per il momento la lascino in libertà, dottore», annunciò.
Boehlinger sbuffò. Forbes chiamò Petra con un gesto e lei andò a conferire con il vicesceriffo.
«Va bene, è vostro. Spero che ve lo riportiate diritto a L.A.»
«Lo faremo», lo rassicurò Petra. «A suo tempo», aggiunse poi.
«A suo tempo?»
«Siamo finiti in una situazione di stallo, agente. Sostiene di aver visto la terra smossa di una sepoltura recente nella proprietà di Ramsey, ma noi non abbiamo giurisdizione e non possiamo entrare per controllare.»
«Una fossa? State prendendo i suoi deliri sul serio?»
«Date le circostanze del nostro caso, non possiamo permetterci di ignorarli.»
«Oh, andiamo. Avrebbe seppellito qualcuno proprio qui?»
Petra si strinse nelle spalle.
«Ci mancava anche questa», brontolò Forbes. Si girò. «Gary?» chiamò rivolto al collega seduto in macchina a stilare il rapporto. Il vicesceriffo più basso, che si chiamava Gary Beckel, aveva faccia larga, mento carnoso ed espressione stoica. Forbes lo mise al corrente.
«Cos’è, abbiamo a che fare con un serial killer?» domandò Beckel.
«Probabilmente è solo una fantasia», lo mise in guardia Petra. «D’altra parte, se è successo qualcosa, è di vostra competenza.»
«Noi non possiamo entrare come se niente fosse», osservò Forbes. «Non abbiamo un mandato.»
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