«Infatti.» Balch si alzò. «Ora, se non le spiace, è un po’ tardi…»
«Ma certo», lo assecondò Petra, sorridendo e alzandosi a sua volta. Di nuovo Balch attese accanto alla porta e nel passargli vicino lei sentì il suo profumo, acqua di colonia molto fruttata. Mescolata a sudore.
«Ah, un’altra cosa», disse quando fu nell’altra stanza. «La cameriera di Cart. Estrella Flores. Ha idea di dove sia andata?»
«Cart mi ha detto che lo ha lasciato senza preavviso. Bella lealtà, vero? Gli ho trovato un’altra ragazza.»
«Tramite la stessa agenzia?»
«Sì.»
«Ricorda come si chiama?»
«L’agenzia? È di Beverly Hills… Nancy Downey Agency.» Sporse il braccio dal polsino e consultò l’orologio.
«Ho apprezzato molto la sua cortesia, signor Balch», lo ringraziò Petra.
Prima di uscire lanciò un’occhiata alle fotografie. Due giovanotti in posa. Giocatori. Attori. Player’s. Confrontato con le foto, Balch sembrava davvero vecchio.
Si fermò a una stazione di servizio, si fece dare dal servizio abbonati il numero della Nancy Downey Agency e telefonò nonostante l’ora tarda. Niente segreteria telefonica. Da trascrivere nell’agenda dell’indomani.
Mentre rientrava in città per il Laurel Canyon, riesaminò il suo colloquio con Balch.
Nessun dato saliente, a parte forse una pista per rintracciare Estrella Flores. E allusioni a dissapori tra Lisa e Ramsey.
Non faceva che stuzzicarlo.
A conferma di quello che le aveva confidato Kelly Sposito sul sarcasmo di Lisa.
Ex maritino impotente; moglie dalla lingua tagliente. Ramsey aveva confessato che Lisa non gli lesinava le sue critiche. Era forse venuto il giorno in cui aveva esagerato?
Fino a che punto Balch era a conoscenza dei fatti? Aveva sentito Ramsey uscire di casa nelle ore piccole della notte? Entrare nel museo di automobili e prendere la Mercedes? O la Jeep?
Fin dove si sarebbe spinta la guardia pur di proteggere il suo quarterback?
Giocatori. Attori. Che cosa era reale, che cosa romanzato?
Era il momento di parlare con il custode che era stato in servizio nella notte di domenica. Già, RanchHaven. Una tenuta così vasta, nel bel mezzo di una zona ad alto rischio di incendi, non poteva non avere un’uscita di sicurezza. In tal caso, c’era un guardiano anche lì? Oppure i residenti avevano modo di allontanarsi da casa senza che il personale di sicurezza lo sapesse?
Troppi punti interrogativi. Non aver interrogato subito il guardiano era stata una trascuratezza da dilettanti. Si sentì come un pittore cieco.
Valeva la pena fare subito una scappata a Calabasas? Era già stata una giornata interminabile e se non si fosse concessa una pausa, non avrebbe dormito e allora, sai che bellezza, si sarebbe ritrovata a rimuginare tutta notte rimbambita dalla stanchezza.
L’indomani mattina il suo identikit sarebbe apparso su tutti i giornali e alla stazione sarebbero cominciate a piovere segnalazioni sul ragazzino del parco, quasi tutte inutili. Pura follia. E c’era qualcosa negli occhi di quel ragazzino che la turbava, erano gli occhi di qualcuno che aveva già visto fin troppo. Preferiva non dover pensare a un undicenne che assiste a un’uccisione come quella.
Pensò a lui. A mangiare da solo al Griffith Park. A leggere. Libri rubati. Commovente, ma non privo di fascino… Basta! Tornatene a casa, E.T. Buttati nella vasca da bagno, mangia un bel sandwich… Oh, Gesù, non poteva andare a casa. L’appuntamento delle otto con Ron Banks! Cosa diavolo le aveva preso di cacciarsi in quella grana?
Attraversò il Sunset controllando l’ora. Le sette e quarantasei. Giusto il tempo di arrivare al Katz’s , altro che darsi una rinfrescata e cambiarsi.
Il povero Ron sarebbe stato costretto ad avere per commensale una vecchia megera.
Pazienza, non era propriamente un appuntamento galante.
Allora che cos’era?
Arrivò a destinazione con tre minuti d’anticipo, lasciò la macchina in un vicino parcheggio a pagamento ed entrò nell’aria fragrante di cucina del Katz’s. L’accolse il sorriso falso di una cameriera bisbetica che ricordava le sue mance da sbirro. Scelse un séparé verso il fondo, ordinò una coca cola e andò in bagno a sciacquarsi.
Davanti a uno specchio inzaccherato di acqua insaponata, si ravviò la pettinatura disapprovando il proprio volto. Decisamente sbattuta. Più pallida del solito, per giunta, e con qualcosa che le piegava la bocca all’ingiù. Qualche dio crudele stava cominciando ad abbozzare le rughe che un giorno vi avrebbe inciso per sempre? Meno male che il completo nero aveva retto.
Quando tornò in sala da pranzo, il bicchiere era sul tavolo e Banks stava entrando. Lo richiamò con la mano.
Lui si sedette sorridendo. «Mi fa piacere rivederti.» Posò le mani e si mise a tamburellare. Poi prese il tovagliolo di carta, lo dispiegò, se lo sistemò sulle ginocchia. Le sue mani erano sempre in movimento.
«Hai trovato molto traffico?» chiese lei.
«Abbastanza.» Sembrava diverso. Uno sconosciuto.
Perché, forse non lo era stato anche prima? Era seduta di fronte a uno sconosciuto, di fronte a uno sconosciuto sulle spine. Guarda quelle mani. Lei seduta lì ad annaspare in mancanza di argomenti di conversazione quando un bagno caldo sarebbe stato un toccasana celestiale.
La cameriera portò una ciotola di striscioline di carne speziata e Petra ne mangiò una, violando fin dal principio le regole del gioco: alito all’aglio. Togliti dalla testa di venirmi troppo vicino. La sua mossa parve rilassare Banks, che gustò una strisciolina a sua volta.
«Ottima», commentò. «Non c’ero mai stato.»
«Si mangia bene.»
«Qualche volta vado al Langer’s sull’Alvarado. Ci sono quelli che finiscono morti ammazzati al MacArthur Park e al Langer’s c’è lo stesso la coda per un pastrami.»
«Ci sono stata», disse Petra. «Adoro mangiare in questi posti.»
«Nessun problema di colesterolo?»
«Un dono di natura», rispose lei. «Quanto al colesterolo», precisò.
Lui rise. Perché le sembrava diverso? Più giovane, persino più adolescenziale di come le era apparso a casa di Ramsey. Nonostante l’abbigliamento più formale, doppiopetto blu, camicia celeste, cravatta bordeaux. Bravo. Lui sì aveva trovato il tempo di prepararsi.
Poi capì dove stava la differenza. Niente baffi. Ricordava un’ombra appena accennata, biondiccia, non il manubrio da bicicletta del suo partner. Ma la loro assenza lo cambiava, gli toglieva qualche anno dalle spalle. Aveva un viso gradevole, un po’ stretto, il naso un po’ fuori assetto, ma gli occhi ben spaziati. Nocciola. Ciglia lunghe. La bocca, ora perfettamente visibile, era morbida, ma senza debolezze. Mani glabre. Pelle giovane. Doveva aver raggiunto la pubertà più tardi della media, si sarebbe conservato bene.
La bocca era leggermente arricciata agli angoli, un sorriso perpetuo che poteva avergli procurato qualche guaio da scolaro: Banks, smettila di sogghignare!
Si accorse che era da un po’ che lo fissava. Si toccò il labbro superiore e inarcò un sopracciglio.
«Li ho tagliati ieri sera», quasi si scusò lui. «Era un esperimento. Alle mie figlie non piacevano, dicevano che gli facevo il solletico. Me li sono rasati davanti a loro. Si sono divertite un mondo.»
«Quante figlie hai?»
«Due. Cinque e sei anni.»
Sapendo che era tipo da averne, gli chiese se le mostrava una fotografia.
«In effetti…» rispose lui, sfilandone un certo numero dal portafogli.
Due bimbe graziose, entrambe brune ma con la pelle chiara e un che di latino. Occhioni castani, lunghi capelli a riccioli, identici vestitini rosa, da bambola. Nessuna somiglianza evidente a Banks, anche se le parve di scorgere una traccia nel sorriso della più piccola.
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