«E lei?»
«Io?» Meravigliato che le interessasse. «Io ero laureato in economia e commercio, avevo qualche offerta da qualche studio, avevo intenzione di sostenere l’esame di stato per diventare commercialista.»
Petra contemplò la stalla in cui aveva insediato il suo ufficio. I contabili non erano proverbiali per la loro organizzazione?
«Allora come mai è finito a recitare?»
Balch si accarezzò i capelli chiari. «Fu una di quelle cose strane. Non proprio come Lana Turner allo Schwab’s… Conosce la storia o è troppo giovane?»
«La conosco», rispose Petra. Gliel’aveva raccontata suo padre. Il viaggio di nozze in California con la sua sposina. Kenneth Connor si era innamorato di L.A., vi aveva visto il sogno dell’antropologo. Guardami adesso, papà. A contarmela con i meno che grandi. A lavorarmi l’Industria.
«Vuol dire che lei e Cart foste scoperti?»
Balch sorrise di nuovo. «Non io, Cart. A raccontarla, sembra una sceneggiatura. Erano gli ultimi giorni, stavamo per ripartire per Syracuse e ci facevamo una birra insieme al Trader Vics , quello al Beverly Hilton. Questo prima che diventasse di proprietà di Merv. Fatto sta che ci avvicina uno sconosciuto e ci dice: ‘È da un po’ che vi tengo d’occhio, voi due giovanotti. Non è che vi andrebbe di recitare in un film?’ E ci dà il suo biglietto da visita. Noi pensiamo che sia un tentativo di truffa, o che magari quello sia un fro… un gay in cerca di compagnia. Ma l’indomani mattina Cart si ritrova il biglietto da visita tra le mani e dice: ‘Ehi, dai, telefoniamo, che ci costa?’ Il fatto è che stavamo per tornare a casa e cominciare a lavorare e ci sembrava stupido perdere l’occasione di qualche avventura. Così si scopre che il tizio era sul serio di un’agenzia di casting. Allora andammo a sostenere un provino e ottenemmo tutt’e due una parte. Ah, niente che valga la pena ricordare, nemmeno in film di serie B, parliamo pure di serie D. Un western. Confezionato appositamente per il circuito dei drive-in nel Sud.»
Balch spostò un po’ di scartoffie senza migliorare minimamente la confusione. «Poi, siccome una cosa tira l’altra, decidemmo di restare a Los Angeles e nell’anno seguente riuscimmo a lavorare ancora un po’, più o meno di straforo, rastrellando giusto quel che bastava per pagare l’affitto. Poi smisero di chiamare me, mentre Cart cominciò a essere chiamato più spesso, per parti migliori. Poi si procurò un agente e cominciò anche a guadagnarci, recitando soprattutto nei western. Io decisi di tornare a casa. Era inverno, quasi Natale, ricordo che pensavo ai miei, già molto in collera perché avevo bighellonato per un anno intero, e mi domandavo come sarebbe stato il cenone.»
«Dunque aveva perso fiducia in Hollywood.»
Balch sorrise. «Non era una questione di fiducia. Non ero adatto, non avevo il talento necessario a sfondare, a me non affidavano mai parti parlate, facevo da riempitivo e basta, passavo in secondo piano, facevo numero nelle scene di folla. Non trovai nessun lavoro come contabile e intanto mi ero giocato tutte le offerte che avevo ricevuto a casa. Ma ero ottimista lo stesso. Fu allora che Cart mi chiese di restare, mi disse che ci saremmo divertiti, avremmo continuato a spassarcela, mi avrebbe trovato qualcosa da fare. E così fu. Mi fece assumere all’amministrazione della Warner Brothers.»
Spalancò le braccia, sorrise di nuovo. «E questa è la storia della mia folgorante carriera nel mondo dello spettacolo.»
«Quando ha cominciato a occuparsi degli affari di Cart?»
«Appena lui prese a guadagnare sul serio. Aveva visto di che cosa erano capaci i manager con pochi scrupoli e voleva qualcuno di cui potersi fidare. All’epoca io lavoravo all’ABC e sapevo qualcosa dell’Industria.»
«Fa da manager a nessun altro?»
Balch cambiò posizione, si lisciò una piega della tuta di velluto. «Qualche favore, niente di più, agevolo la stipulazione di qualche contratto di tanto in tanto, ma gli interessi di Cart mi tengono molto occupato.»
«Dunque se l’è cavata bene.»
«Meritandoselo.»
Parole da autentico scudiero.
«Ed è lei che si occupa dei suoi contratti?»
«Ha un legale per mettere le firme, però la risposta è sì, me ne occupo io.»
«Che cos’altro fa per lui?»
«Gli preparo la dichiarazione dei redditi, sto dietro ai suoi investimenti. Abbiamo diversificato. Immobili, obbligazioni, quello che fanno un po’ tutti. E c’è da amministrare qualche proprietà immobiliare. Il lavoro non mi manca. Nient’altro che posso fare per lei?»
«Esattamente quello che sta facendo», ribatté Petra. «Darmi informazioni di carattere personale.»
«Su Cart?»
«Cart, Lisa, chiunque.»
Come se fossero argomenti che richiedevano grande concentrazione, Balch chiuse gli occhi. Li riaprì. Le sue mani erano ridiscese sul ventre. Un Buddha biondo.
«Cart e Lisa», mormorò. «Una storia molto triste. Aveva preso un’autentica sbandata per lei. Ne era imbarazzato. Per via della differenza d’età. Io gli dicevo che non aveva importanza, che lui era in condizioni fisiche strepitose rispetto a molti suoi coetanei. E Lisa era pazza di lui. Per me ciascuno di loro era la cosa migliore che fosse successa all’altro.» Sul viso paffuto gli si disegnò un’espressione dolente. «Non so nemmeno io cos’è successo. La vita da sposati non è facile.» Gli occhi si riaprirono. «Ci sono già passato due volte, io. Chi può dire che cosa fa cambiare il cuore alla gente.»
Petra estrasse il taccuino e Balch indietreggiò un po’, come se provasse repulsione da quel nuovo aspetto più formale del colloquio. «Se vuole darmi per piacere la scaletta di domenica… quel viaggio a Tahoe e anche dopo il vostro rientro. Cerchi di essere più preciso che può.»
«La scaletta… certo.» Il suo resoconto coincideva con quello di Ramsey e del pilota: a Tahoe solo impegni di lavoro, viaggio di ritorno senza episodi di rilievo, entrambi a nanna prima delle dieci, ginnastica l’indomani mattina, doccia, prima colazione, golf.
Sogni sereni nelle ore in cui Lisa veniva assassinata.
«Va bene, grazie», disse Petra. «A proposito, ero curiosa di sapere perché ha chiamato la sua azienda Player’s Management.»
«Ah», rise Balch. «Un ricordo dei tempi in cui giocavamo a football. Eravamo dilettanti, cercavamo qualcosa che facesse presa. E in cui non comparisse il nome di Cart. L’idea fu mia.»
Petra si domandò se fosse davvero tutto lì. Nell’Industria gli attori erano quelli che reggevano le fila. Il nome rispecchiava forse un sogno di altri tempi?
«Dunque il suo compito è proteggere gli interessi di Cart», riprese. «Che cos’ha fatto dopo che Lisa denunciò pubblicamente quel caso di violenza coniugale?»
«Che cosa avrei potuto inventarmi? Ormai il danno era fatto.»
«Non l’ha invitata a non lavare più i panni sporchi in pubblico?»
«Volevo farlo, ma Cart me lo impedì, disse che era una questione privata e non di lavoro. Io non ero d’accordo.»
«Perché?»
«In questa città certe volte è impossibile separare la vita privata dagli affari. Ma è così che voleva Cart e io mi adeguai.»
Petra sfogliò qualche pagina. «Dunque è lei che paga tutti i conti di Cart.»
«Passano da me, sì.»
«Compresi gli alimenti di Lisa.»
«Già. Questo è un bell’esempio del tipo di persona che è Cart. La richiesta dell’avvocato di Lisa era assurda. Erano sposati da poco più di un anno. Io, che avevo già divorziato due volte, avevo le idee abbastanza chiare su quanto avrebbe accettato Lisa, ma Cart disse che non voleva mercanteggiare. Che le fosse dato quanto aveva stabilito il suo legale.»
Ora corrugò la fronte. Risentimento? Gelosia?
«Dunque è molto generoso», osservò Petra.
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