Se quelle donne continuano a mentire sulla storia della violenza carnale, c’è il rischio che mandino gli elicotteri con quei grandi fari bianchi. Allora io sarei come un insetto su un foglio di carta… Poi mi ricordo che non mi hanno mai visto, perché qualcuno dovrebbe pensare che ce l’hanno con me?
Rallento ancora di più, faccio finta di non avere nessun pensiero per la testa. Sono in un’altra via tranquilla. La gente è chiusa a chiave in casa e pensa di essere al sicuro.
O forse è preoccupata di non esserlo.
Io continuo a ovest, allontanandomi dal parco e da Hollywood. Stupide donne, che tengono piante in giro dappertutto e lasciano la roba da mangiare a marcire in frigo.
Il prossimo viale affollato che incontro è il Sunset. Pieno di balordi, molti più bambini che a Hollywood, anche più macchine. E ristoranti, locali. Sull’altro lato un posto che si chiama Body Body Body! che ha per insegna una grande donna di plastica nuda. Poi un locale che si chiama Snake. Un club con una lunga coda davanti e due grassoni che non lasciano entrare nessuno.
Sbaglio o quel tizio sulla macchina rossa mi sta guardando strano?
Entro nella prima stradina tranquilla, di nuovo avanti e indietro. Ora mi fanno male i piedi, è tutto il giorno che cammino. A ovest, forse alla spiaggia. La spiaggia è un posto pulito, no?
Non ho soldi. Non ho niente per difendermi.
Avrei dovuto portar via il coltello dell’ananas.
Sti osservò il ritratto del bambino.
Era ricomparso poco prima delle quattro del pomeriggio, nessuna spiegazione. Petra moriva dalla voglia di fargli sputare il rospo, ma quel nuovo sviluppo, quel possibile testimone, la obbligava a non concedersi distrazioni.
«Bel lavoro», commentò lui. «Non mostrarlo a Harold.»
Harold Beatty era un investigatore sessantenne della Narcotici che ogni tanto prestava la sua opera come ritrattista di identikit. Tutte le facce che disegnava sembravano uguali. La Beatty Family, le avevano definite i colleghi alle sue spalle.
Stu giocherellò con le bretelle e il gesto distratto rafforzò la collera di Petra. Voleva da lui il riconoscimento che poteva essere qualcosa di importante.
Perché non era sicura che fosse una pista praticabile.
Almeno poteva essere soddisfatta del disegno. Guidando Magda Solis nei vari aspetti di una fisionomia, Petra aveva tracciato un ritratto molto particolareggiato e reso tridimensionale dalle ombreggiature. L’impiegata della biblioteca aveva contemplato il risultato finale mormorando: «Stupefacente».
Un bambino di bell’aspetto con grandi occhi intelligenti, che Petra aveva reso in grigio perché si potesse considerarli ugualmente castani o azzurri, naso affilato con narici strette, bocca sottile, mento appuntito con una fossetta. La Solis non era sicura del colore degli occhi, ma non aveva dubbi sulla fossetta.
Capelli lisci, castano chiaro, folti, pettinati a destra, che coprivano la fronte fino alle sopracciglia, nascondevano le orecchie e gli sfioravano le spalle. Un collo esile incorniciato da una T-shirt. Magda lo aveva descritto basso di statura e magro, precisando che il suo abbigliamento era costituito esclusivamente da magliette, jeans, scarpe da tennis con i buchi, ogni tanto un vecchio golf frusto.
Ah sì, c’era anche l’orologio, uno di quei digitali a buon mercato.
Un particolare interessante per Petra. Era forse un vecchio regalo di Natale? O qualcosa che aveva rubato? Dove era casa sua? Da quanto tempo era in fuga?
Un bambino. Quando aveva presentato domanda nella polizia, le era stata offerta la scelta tra delinquenza giovanile e furti d’auto. Lei aveva scelto le automobili rubate. Nessuno le aveva chiesto perché…
«Ha un’aria cupa», commentò Stu e aveva ragione. Nell’espressione del ragazzino c’era qualcosa di più di un’intima sofferenza; appariva gravato. «Schiacciato dalla vita», aveva detto di lui Magda Solis.
«Prende da mangiare in un frigorifero, si fa una doccia», mormorò Stu. «E le impronte digitali corrispondono alle nostre. Incredibile.»
«Forse è la Provvidenza», ribatté Petra. «Forse Dio ti ricompensa per tutta la tua misericordia e devozione.»
«Come no.» C’era asprezza nella voce di Stu. Petra non lo aveva mai sentito così adirato.
Perché se la prendeva tanto? Lei aveva sempre scherzato sulla sua religiosità. Prima che potesse aprir bocca di nuovo, Stu si alzò e si abbottonò la giacca. «Okay, andiamo a dirlo a Schoelkopf.»
Ancora una volta le girò le spalle. Da quando era comparso in sala operativa, non aveva mai incrociato gli occhi con lei.
«Più tardi», propose Petra. «Adesso ho da scrivere…»
Lui ruotò all’improvviso su se stesso. «Che cosa ti impedisce di eseguire gli ordini per come ti sono stati dati, Petra? Ha detto chiaro e tondo che vuole essere informato e adesso abbiamo qualcosa di cui informarlo.»
Petra lo raggiunse che era già alla porta. «Cosa diavolo c’è?» gli domandò in un sibilo.
«Non c’è niente. Andiamo a informare Schoelkopf.»
«Che cos’hai tu, voglio sapere.»
Lui continuò a camminare senza rispondere.
«Che Iddio ti fulmini, Bishop. Sei diventato assolutamente insopportabile!»
Lui si fermò e serrò le mascelle. Chiuse i pugni. Era la prima volta che Petra lo apostrofava con un’imprecazione. Lei si preparò a una violenta rappresaglia. Sarebbe stato interessante.
Viceversa i muscoli del suo volto si rilassarono. «Una maledizione di Dio? Potresti aver visto giusto.»
Nell’ufficio di Schoelkopf scelsero entrambi una calma gelida.
Il capitano diede un’occhiata ai disegno e lo posò. «Questo l’hai fatto tu, Barbie? Un talento in incognito. Forse dovremmo mandare Harold in pensione.»
Si appoggiò allo schienale e alzò i piedi sulla scrivania. Scarpe nuove, italiane, con le suole ancora nere. «Non saranno pani e pesci, ma forse c’è qualcosa di buono.»
Strappò il foglio dal taccuino di Petra. «Sentite quelli della Delinquenza Minorile, vedete un po’ se c’è qualcuno che conosce questo marmocchio. Provate anche i ricoveri per i senzacasa, associazioni di volontariato, assistenti sociali, tutti quelli che di questi tempi si occupano di bambini scappati di casa. Io farò fare delle copie da mandar fuori.»
«Mandar fuori?» si preoccupò Petra. «Vuol fare pubblicare quell’identikit?»
«C’è forse un modo migliore per pubblicizzarlo?»
«Siamo sicuri di volerlo pubblicizzare subito?»
«E perché no?»
«Quando abbiamo trovato il libro, lei ha pensato che fosse una traccia troppo debole, lei stesso ha giudicato improbabile che qualcuno leggesse al buio. Dunque che certezza abbiamo che il ragazzo abbia visto qualcosa? Ma se facciamo sapere a tutti che faccia ha ed è uno che vive per le strade di Hollywood, corriamo il rischio di scatenare una caccia all’uomo. Inoltre, se l’assassino conosce Hollywood, potrebbe arrivarci prima…»
«Non ci credo», la interruppe Schoelkopf. «Istinto materno.» I piedi ritornarono sul pavimento. Parve sul punto di sputare. «Vuoi risolvere un crimine o fare da mamma a un bambino scappato di casa?»
Petra si sentì trapassare da una lama di furore. «Voglio solo muovermi con cautela», rispose con una voce serena che non poteva assolutamente essere sua. «Soprattutto se è stato testimone…»
Schoelkopf la zittì con un gesto della mano. «Parli dell’assassino come se fosse un’astrazione. Qui abbiamo a che fare con Ramsey, non una teoria. Mi vieni a dire che lui troverà un fuggiasco prima di noi? Non mi esasperare, ti prego. Dammi retta, Barb, se ti sta a cuore il ragazzino, tieni d’occhio Ramsey. Potrebbe persino farci comodo. Lui prova a far fuori il bambino e noi lo peschiamo con le mani nel sacco. Proprio come succede in TV.» La risata di Schoelkopf risonò metallica. «Sì, questo rientra senz’altro nel tuo incarico. Sorvegliare Ramsey. Sai, potresti diventare un’eroina.»
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