Jonathan Kellerman - Solo nella notte

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Solo nella notte: краткое содержание, описание и аннотация

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Una e un quarto di notte. Petra Connor, l’affascinante detective della squadra Omicidi di Los Angeles, è svegliata da una telefonata del distretto di polizia: strage al Paradiso Club. Quattro morti. Adolescenti che avevano partecipato a un concerto hip-hop. Perché quell’orrendo massacro? Oltre al gravoso incarico di decifrare il rebus, Petra deve fare da baby sitter al ventiduenne dottorando Isaac Gomez, impegnato in una ricerca statistica sui crimini avvenuti in città dal 1991 al 2001. Il suo Q.I. è superiore alla media, come la sua timidezza e la miseria in cui versa la sua famiglia. E se fosse proprio il giovane e impacciato cervellone a fornire la chiave dell’enigma? Incrociando i dati risultano infatti sei efferati delitti commessi negli ultimi sei anni, tutti subito dopo la mezzanotte. E tutti il 28 giugno. L’assassino sembra divertirsi un mondo a fracassare il cranio delle vittime osservandone colare la materia grigia. Quale disegno segue la follia? E quale legame con la carneficina del Paradiso?

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«Il ragazzino che l’aveva rubato?» domandò Petra. Sagoma di un corpo piccolo sul terreno, mani piccole, non di una donna, di un bambino. Perché non ci aveva pensato? A un tratto ricordò il quadro che aveva cominciato la sera prima, l’albero colmo di bimbi sperduti, e lottò contro il brivido che le partì dalle spalle e le scese insinuandosi per tutto il corpo verso l’ombelico.

La Solis si toccò il mento. «Possiamo parlare fuori?»

«Certo.»

L’impiegata corse dalla bibliotecaria in un’andatura lievemente paperesca che riuscì a essere lo stesso aggraziata, con le braccia piegate in un atteggiamento di nervosismo e un gran ondeggiare della gloriosa pettinatura. Disse qualcosa che strappò un mezzo cipiglio alla bibliotecaria e tornò sui suoi passi morsicandosi il labbro.

«Va bene, ho qualche minuto.»

«Sono in prova», confidò a Petra quando furono fuori, vicino alla Ford. «Non volevo che la signora sentisse. Gli è successo qualcosa?»

«Perché non mi dice che cosa sa, signorina Solis?»

«Ma… so che è un bambino, forse di dieci o undici anni. All’inizio non ero nemmeno sicura che fosse lui. A portar via i libri, intendo. Ma era il solo ad aver letto quelli che poi scomparivano. Questo in particolare gli interessava molto, è tornato spesso a leggerlo, poi un giorno non c’era più.»

«Dunque ne ha presi degli altri.»

La giovane impiegata soffriva. «Ma li restituiva sempre», volle precisare. «Un ragazzino molto serio. Fingeva di fare i compiti. Credo che cercasse di non attirare l’attenzione. Poi, un giorno, l’ho visto che rimetteva a posto qualcosa. Era uno dei libri che avevo segnato nel registro degli scomparsi. Un saggio di oceanografia, credo.»

«Fingeva di fare i compiti?»

«Così sembrava a me. Sempre le stesse pagine di problemi di matematica. Faceva sempre matematica. Anzi, algebra. Dunque forse ha più anni di quelli che dimostra. O è particolarmente dotato. A giudicare da quello che leggeva, direi che è più intelligente della media.» Scosse la testa. «Faceva un po’ di matematica, e poi tornava agli scaffali, trovava qualcosa e leggeva per un paio d’ore. Si capiva che amava leggere. Ed è una cosa rara, noi cerchiamo sempre di attirare i giovani ed è una lotta. Anche quando vengono, passano il tempo a scherzare e a fare chiasso. Lui non era così. Molto beneducato, un piccolo gentiluomo.»

«A parte quel vizietto di rubare i libri.»

La Solis si tormentò di nuovo il labbro. «Be’, so che avrei dovuto dire qualcosa, ma lui li restituiva, non faceva male a nessuno.»

«Perché non gli ha suggerito una bella tessera come tutti gli altri?»

«Per la tessera ci vogliono un documento d’identità e la firma di un adulto ed era ovvio che quello era un ragazzo di strada. Si capiva dai vestiti. Si sforzava di presentarsi in ordine, si bagnava i capelli e se li pettinava, ma i vestiti erano vecchi e malridotti, pieni di strappi. E anche le scarpe. E poi indossava sempre le stesse cose, avrà avuto sì e no un ricambio. Aveva i capelli lunghi, gli coprivano quasi tutta la fronte. Mi sa che era da molto che non li tagliava.» Si toccò i propri e sorrise. «Da questo punto di vista forse avevamo un’affinità speciale… La prego, detective, mi dica, gli è successo qualcosa?»

«Può darsi che sia stato un testimone oculare di qualcosa che è successo. Che cos’altro può dirmi di lui?»

«Piccolo, magro, anglosassone, un mento un po’ affilato. Carnagione chiara, molto, da anemico. Capelli castano chiaro. Lisci. Sugli occhi non saprei, blu, mi pare. Qualche volta cammina con un bel portamento, ma altre l’ho visto un po’ curvo. Come un vecchietto. Ha nel complesso un’aria da vecchio. Sono sicura che l’avrà notato anche lei nei bambini di strada.»

«Gli ha mai parlato?»

«Una volta, all’inizio, mi sono avvicinata e gli ho chiesto se potevo aiutarlo in qualcosa. Lui ha scosso la testa e ha abbassato gli occhi sul tavolo. Con un’espressione impaurita. L’ho lasciato stare.»

«Un bambino di strada.»

«L’altro anno al college ho svolto del volontariato in un ricovero e direi che mi ricordava i bambini che ho visto là. Non che quelli si occupassero di libri. Sapesse invece che cosa leggeva lui! Biografie, scienze naturali, storia… Quello, sui presidenti, era il suo preferito. Insomma quello era un bambino che la società ha sbagliato a trascurare e che lo stesso continua a credere nel sistema. Non lo trova straordinario? Deve essere dotato. Non ho potuto denunciarlo. È indispensabile che la bibliotecaria lo sappia?»

Petra sorrise e scosse la testa.

«Ho pensato che il miglior modo per aiutarlo», confessò Magda Solis, «era lasciargli usare la biblioteca come preferiva. Lui restituiva tutto. Eccetto il libro sui presidenti. Ma dove l’ha trovato?»

«Nei paraggi», rispose Petra e l’impiegata non pretese di più.

«Per quanto tempo ha frequentato la biblioteca?»

«Due, tre mesi.»

«Tutte le settimane?»

«Da due a tre volte la settimana. Sempre di pomeriggio. Arrivava verso le due e restava fino alle quattro o le cinque. Mi sono chiesta se sceglieva il pomeriggio perché in quell’orario quasi tutti i bambini non vanno a scuola e così avrebbe dato meno nell’occhio.»

«Buona deduzione», si complimentò Petra.

L’impiegata arrossì. «Potrei aver sbagliato tutto su di lui. Forse è un bambino ricco di Los Feliz ed è solo un po’ strano.»

«Quando l’ha visto per l’ultima volta, signorina?»

«Vediamo… pochi giorni fa. L’altra settimana. Dev’essere stato venerdì scorso. Sì, venerdì. Ha letto non so quanti numeri del National Geographic e dello Smithsonian. Ma non ha portato via niente.»

L’ultimo giorno feriale prima dell’assassinio di Lisa. Da allora non si era più fatto vedere.

Un bambino. Che viveva nel parco. Leggeva al buio. Come? Con una torcia? Un articolo presente nella dotazione per la sopravvivenza di un bambino di strada?

Dal Griffith Park alla casa di North Gardner dov’era avvenuta l’intrusione c’erano quattro miglia buone, forse cinque. Dunque si era spostato a ovest. Perché? Quel ragazzino non era un vagabondo, aveva consolidato uno schema comportamentale in un ambito ristretto.

Paura? Forse perché aveva visto qualcosa?

«Non voglio metterlo in pericolo», disse la giovane impiegata.

«Al contrario, signorina Solis. Se lo trovo potrò essere sicura che stia ben lontano dal pericolo.» La giovane donna annuì, desiderosa di crederle. Aveva gli occhi arrossati. Affinità… Aveva sottinteso qualcosa di più della lunghezza dei capelli?

«Grazie dell’aiuto», disse Petra.

«È sicura che non… che stia bene?»

Stava ancora bene la notte prima, quando era penetrato in una casa disabitata e si era tagliato fette di ananas. «Sta bene, stia tranquilla, ma ho bisogno di rintracciarlo. Forse lei mi può dare una mano.»

«Le ho detto tutto quello che so.»

Petra estrasse il taccuino e una matita numero 3. «Io so disegnare discretamente. Vediamo se riusciamo a combinare qualcosa insieme.»

32

« Stupratore! Polizia! »

Perché strillano in quel modo? Mi rivesto a razzo. Gli strilli si allontanano. Apro la porta, solo uno spiraglio, guardo fuori, non vedo nessuno, e filo.

Mi sembra che siano dall’altra parte della casa, davanti. Continuano a gridare: «Stupratore!» e non capisco perché. Roba da matti. Io non ho mai stuprato nessuno. So come ci si sente quando qualcuno ti ha preso di mira.

Corro dietro il box, scavalco lo steccato e finisco nel terreno della casa di fianco. Qui ci sono delle luci accese, colori, una TV dietro le tende. Sento ridere qualcuno.

Attraverso il prato e arrivo alla via dall’altra parte, poi di nuovo all’Hollywood Boulevard, dove prendo un’altra strada più piccola, poi su di nuovo, procedo a zigzag per non farmi vedere, cammino, non corro, per confondermi, scomparire… niente sirene. La polizia non è ancora arrivata.

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