Charlie annuì tristemente. — E noi non ci siamo mai trovati ad affrontare un problema del genere.
LuAnn si alzò e andò a una delle grandi finestre. Lasciò vagare lo sguardo sulla distesa verde che circondava Wicken’s Hunt, sulla scura massa della foresta che ammantava le colline. — Che cosa può volere da noi quell’uomo?
— Una domanda che mi sono posto anch’io. — Charlie prese di nuovo la bottiglia dello scotch, la aprì ma esitò per un momento, decidendo infine per un secondo giro. — Hai visto quella specie di base segreta. Cosa ti sembrava?
LuAnn si concentrò un attimo. — Ha noleggiato la Honda con un nome falso, così c’era scritto negli appunti che ho letto a casa di Riggs. Perciò questo tizio non vuole che la sua vera identità venga fuori. Il fatto che io non l’abbia mai visto prima non significa nulla. Deve esserci un altro motivo che lo spinge a voler restare in incognito.
— Giusto?
— Ha cercato di parlarmi. Potrebbe trattarsi di una specie di avvertimento. Come se volesse farci sapere che adesso nella partita è entrato anche lui. E che la prossima volta che lui chiama, faremo meglio a rispondere.
— È molto probabile. — Charlie, nel tempo, aveva imparato a fidarsi degli istinti di LuAnn.
— Aveva tutto, là dentro: computer, stampante, fax, documenti. Come se stesse conducendo una ricerca capillare.
— Una ricerca? Deve aver fatto un miliardo di ricerche per arrivare all’imbroglio contro la lotteria. Non dimentichiamoci che Jackson è tutto fuorché uno sciocco.
— E allora come pensi che ci sia riuscito?
— Bella domanda. — Charlie mandò giù un altro robusto sorso di liquore. — Non è certo che lui sappia davvero tutto quello che c’è da sapere, LuAnn. La lista dei vincitori di Jackson, da sola, non è sufficiente.
— Ah, no? Per quanto tempo Jackson ha mandato avanti la frode?
Charlie scosse la testa. — Non lo so. Io mi sono preso cura di nove di loro, te compresa. Ho cominciato in agosto. Tu sei stata l’ultima, Miss Aprile. — Gli scappò un fugace sorriso.
— Dobbiamo supporre che quel tizio sappia tutto, Charlie — insistette LuAnn. — Il come non ha più molta importanza.
— Vuole soldi, ecco tutto.
— Non quadra. Se fosse cosi, a che scopo venire qui e mettere in piedi tutto quel marchingegno? Poteva limitarsi a mandare la classica lettera anonima del perfetto ricattatore: Valigetta con banconote di piccolo taglio nella cabina telefonica XYZ. Non chiamate la polizia, altrimenti…
Charlie sedette sul divano, bicchiere tra le dita, una maschera di confusione.
— Quel tizio non sembra pensare ai soldi — riprese LuAnn. — Abiti costosi, due diverse macchine a nolo, l’affitto del villino, l’apparecchiatura elettronica… Non è di quelli che rovistano nei bidoni dell’immondizia, poco ma sicuro.
— Questo non significa che non gli interessi aumentare in modo consistente il suo conto in banca.
— Solo che non ha ancora chiesto niente. E ha tutti gli elementi per farlo: sa chi siamo, dove abitiamo, come ci muoviamo. — LuAnn fece una pausa, raccogliendo le idee. — Pemberton ti ha detto quanto tempo fa il villino è stato affittato?
— Circa un mese.
— Il che rende l’ipotesi del ricatto ancora più improbabile. Perché aspettare? Perché correre il rischio di uscire allo scoperto? E poi, quale garanzia ha che non prenderò nuovamente il volo? In questo caso, perderebbe la sua occasione di ingrossare il conto in banca.
— Quindi? — sospirò Charlie.
— Quindi aspettiamo. — LuAnn serrò le labbra. — Ma ci teniamo pronti a lasciare il paese e ci procuriamo nuove identità. Credi di poterci riuscire?
— Dovrei tirare fuori dalla naftalina alcuni vecchi contatti — disse Charlie. — Difficile ma non impossibile.
— Allora facciamolo — disse LuAnn alzandosi in piedi.
— E come la mettiamo con Riggs? Dopo il fattaccio di oggi, non avrà alcuna intenzione di lasciar perdere.
— Non possiamo farci niente. Lui non si fida di noi. — LuAnn scosse il capo. — E non posso certo biasimarlo.
— In ogni caso, dubito che farà qualsiasi cosa che possa danneggiarti.
Lei gli piantò gli occhi addosso. — Perché?
— Dai, LuAnn, non c’è bisogno di essere scienziati per capire che quell’uomo si è preso una sbandata per te. — Forse c’era una traccia di risentimento nella sua voce. — Comunque sembra un tipo a posto, e se le cose fossero state diverse, chi lo sa… — Ora il suo tono era tornato pacato. — LuAnn, non puoi passare il resto della tua vita da sola.
— Non sono da sola. Ho Lisa. E ho te. Non voglio nessun altro. — LuAnn distolse lo sguardo, avvampando. — Non posso permettermi di avere nessun altro.
Come poteva condividere la sua esistenza con qualcun altro? In un coacervo di menzogne e di imbrogli? Non si sentiva una persona reale, ma un guscio vuoto di trent’anni. Tutto il resto di lei era stato annullato, risucchiato, barattato da Jackson. E da quel suo maledetto contratto.
Se solo non avesse accettato. Se solo non fosse scappata. Non avrebbe passato dieci anni cercando di trasformarsi nella donna che aveva sempre voluto essere. Non sarebbe vissuta in una reggia da un milione di dollari. Non sarebbe andata al galoppo tra le verdi colline della Virginia. Non avrebbe avuto mezzo-miliardo-di-dollari in banca. Ma, paradossalmente, avrebbe avuto qualcosa che assomigliava a una vita vera, molto di più di quella che aveva adesso. Forse avrebbe continuato a trascinarsi da una roulotte arrugginita a una fumosa tavola calda per camionisti. Ma in quel caso LuAnn Tyler, la stracciona, sarebbe stata comunque più felice di Catherine Savage, sofisticata principessa dell’inganno. Però, se lei non avesse accettato l’offerta di Jackson, lui l’avrebbe fatta ammazzare. Non aveva avuto scelta. Spalle al muro. Fin dal principio.
— Tutto ha un prezzo, Charlie. E questo… — accennò al palazzo che li circondava — tutto questo è il nostro prezzo. Di Lisa, tuo e mio.
Lui tentò un sorriso poco convinto: — Come i Tre Moschettieri…
— Preghiamo per un lieto fine. — LuAnn aprì la porta e si avviò nel corridoio deserto, in cerca di sua figlia.
Pemberton strinse calorosamente la mano dell’uomo appena apparso sulla soglia del suo ufficio: — Lietissimo di conoscerla di persona, signor Conklin.
— Apprezzo molto che lei abbia accettato d’incontrarmi con così scarso preavviso, signor Pemberton.
— John, la prego. Mi chiami pure John.
— E lei mi chiami Harry.
Sedettero attorno al piccolo tavolo da riunioni dell’agenzia immobiliare.
— Nel nostro colloquio telefonico lei mi ha detto di essere interessato all’acquisto di un’abitazione — riprese Pemberton studiando con discrezione l’uomo seduto al lato opposto del tavolo. Sulla sessantina, abiti costosi, sicuro di sé. Chiaramente qualcuno che sapeva valutare appieno il meglio della vita. E che poteva permetterselo. — Non ricordo però a quale fascia di prezzi abbiamo fatto riferimento.
— Lei viene ottimamente raccomandato, John. E da quanto ho inteso, lei è specializzato in immobili di alto livello.
— È esatto, Harry. Vede, io sono di qui. Nato qui, cresciuto qui. Conosco tutti quelli che vale la pena conoscere. E conosco ogni proprietà che vale la pena conoscere a Charlottesville e dintorni. Per cui, tornando alla fascia dei prezzi… Stiamo parlando della più alta?
— Mi permetta di dirle due parole su di me, John. — Conklin si mise comodo sulla poltroncina imbottita. — Io lavoro a Wall Street. Ne ricavo, se mi è consentito dirlo, più che soddisfacenti profitti. Possiedo un attico a Manhattan, un appartamento a Rio de Janeiro, una casa a Fisher Island, in Florida, e una villa di campagna poco fuori Londra. Al tempo stesso — continuò — Wall Street è una partita per gente giovane e io comincio ad avere i miei anni. La mia intenzione è uscire da New York e avviare una radicale semplificazione del mio stile di vita. E Charlottesville è anche più splendida di quanto mi era stato detto.
Читать дальше