Riggs riprese fiato, avvicinandosi a lei ancora di più.
— In questa partita contro Jackson, probabilmente abbiamo un’unica mano da giocare. Io sono pronto a giocarla, LuAnn. Insieme a te. Ma solo se anche tu sei pronta a farlo… insieme a me. — Riggs rabbrividì nel vento fattosi di colpo più freddo. — Era a un passo da lei, in attesa della sua decisione. LuAnn ruppe il silenzio.
— Muoviamoci.
La stanza era completamente buia. Fuori, la pioggia stava scrosciando da parecchie ore. Lisa si contrasse sulla sedia. Arcuò il collo e si impegnò in alcune smorfie nel tentativo di sollevare il bordo inferiore della benda che le copriva gli occhi. Niente da fare.
— Hai fame? — La voce le arrivò da molto vicino, sorprendendola.
— Chi sei tu? — disse tremando.
— Un vecchio amico di tua madre. Queste corde non sono troppo strette, vero?
— Dov’è lo zio Charlie?
Jackson sogghignò. — Zio, addirittura. Molto carino…
— Che cosa gli hai fatto?
— Lo zio Charlie non è rilevante. Forse vuoi qualcosa da bere?
Lisa esitò. — Magari un po’ d’acqua…
Lisa udì un tintinnare di vetri dietro a lei, e del liquido che veniva versato. Poi una sensazione di freddo sulle labbra, che d’istinto la spinse a ritrarsi.
— È solo acqua, non ho intenzione di avvelenarti.
Lisa bevve avidamente l’intero contenuto del bicchiere.
— Dove siamo? Perché stai facendo questo?
— Tua madre e io eravamo in affari molto tempo fa, e recentemente, per colpa sua, sono successe delle cose che mi hanno costretto a rifarmi vivo.
— La mia mamma non può averti fatto niente di male!
— Devo darti una delusione. Io le ho dato tutto quello che mai avrebbe potuto desiderare, ma lei mi ha ripagato tentando in ogni modo di distruggermi.
— Non ti credo!
— Mi stupirei del contrario. Ma è giusto che tu sia leale nei confronti di tua madre. La famiglia è tutto.
— La mia mamma verrà a prendermi.
— È esattamente ciò su cui conto.
Lisa ebbe un fremito nel cogliere la minaccia di quelle parole. — Tu vuoi farle del male, non è vero? — gridò tentando di ricacciare indietro le lacrime. — Quando lei verrà a prendermi, tu le farai del male!…
— In caso ti servisse qualsiasi altra cosa, non hai che da farmelo sapere.
— Non fare del male alla mia mamma! Ti prego!…
Jackson fece del suo meglio per ignorare la supplica di Lisa, così come il suo pianto, che lentamente andava esaurendosi in sommessi singhiozzi. Aveva visto Lisa quando era un’infante di otto mesi di vita, la rivedeva ora, sbocciata in una splendida bambina. Se LuAnn non avesse accettato la sua offerta, quasi certamente Lisa sarebbe finita in un orfanotrofio. Ma ora era lì da sola, legata su una sedia e bendata, il capo chino sul petto, tentando di combattere l’angoscia. Davvero troppo, per una bambina di dieci anni. Forse sarebbe stato addirittura meglio crescere in una famiglia di estranei, senza aver mai conosciuto la sua vera madre.
Jackson non avrebbe voluto fare del male a Lisa, ma così girava il mondo. La vita è ingiusta, aveva detto a LuAnn nel corso del loro primo incontro. Se si vuole qualcosa, bisogna prenderla, prima che lo faccia qualcun altro. Solo i più furbi, i più dotati possono sopravvivere. Gli altri sono destinati a soccombere.
Cercò di rilassarsi, conservando le energie per le mosse successive. Non mancava molto all’inizio. Né alla fine.
Era la prima volta che LuAnn metteva piede in un ospedale, ma quel giorno non aveva tempo per rifletterci. Il suo unico pensiero era per l’uomo che stava cercando: Charlie. Superò quasi di corsa il cartello con le indicazioni per i vari reparti nel vasto atrio dell’Ospedale dell’Università della Virginia, dotata di una rinomata unità traumatologica.
C’era un poliziotto in uniforme a piantonare la stanza privata del paziente Robert Charles Thomas. S’irrigidì nel vedere LuAnn che puntava verso la porta a passo di carica.
— Mi dispiace, signora — disse l’agente sbarrandole la strada. — Non sono ammesse visite.
LuAnn stava per reagire violentemente quando sopraggiunse Riggs.
— Come va, Billy?
L’agente si voltò e la sua espressione si distese. — Non male. E tu?
Riggs indicò la fasciatura. — Niente pallacanestro, almeno per un po’. — Accennò a LuAnn. — La signora è nipote del signor Thomas. Ti dispiace se entriamo?
— Matt, sono stati chiari alla centrale: niente visite.
— Solo per un momento — disse LuAnn in tono gentile.
L’agente si fece da parte. LuAnn entrò per prima e Riggs la seguì, stringendo il braccio al poliziotto in segno di ringraziamento.
Charlie era pallidissimo in volto, ma i suoi occhi rimanevano guizzanti e vigili. Quando vide LuAnn, accennò un sorriso.
— È bello rivederti — sussurrò.
LuAnn si avvicinò e gli prese una mano tra le sue. — Grazie a Dio, sei vivo.
La porta si aprì e un uomo di mezza età in camice bianco con una cartellina in mano entrò nella stanza. — Sono il dottor Reese — si presentò.
— Matt Riggs. Lei è la signorina Savage, nipote del paziente.
— Il signor Thomas è stato certamente abile con quel laccio emostatico di fortuna. Ha fermato l’emorragia prima che fosse troppo tardi.
— Questo vuol dire che è fuori perìcolo?
— Senza dubbio. Gli abbiamo praticato parecchie trasfusioni e abbiamo suturato la ferita. Ora tutto ciò che gli serve è il riposo, per recuperare le forze.
— Io sto benissimo — disse Charlie accennando a mettersi seduto. — Quando potrò uscire?
— Ci vorranno almeno un paio di giorni prima che possa rimettersi in piedi.
Charlie assunse un’aria depressa.
— Tornerò domani mattina a darle un’occhiata. — Si rivolse a Riggs e LuAnn. — Nel frattempo, non lo stancate. Deve riposare.
Non appena la porta si richiuse alle spalle del medico, Charlie afferrò la mano di LuAnn. — E Lisa?
Lei riuscì solo a chiudere gli occhi e ad abbassare la testa, mentre lacrime copiose le rigavano il volto.
— Ho detto alla polizia tutto quello che sapevo — Charlie si rivolse a Riggs. — Però non prenderanno quel figlio di puttana nemmeno in cent’anni. Dobbiamo fare qualcosa. Si è messo in contatto con voi?
— Sarò io a contattarlo — disse LuAnn. — Ma prima dovevo venire da te, Charlie. Mi avevano detto che eri in pericolo di vita.
— Ci vuole ben altro — accennò Charlie con una smorfia. — Mi dispiace, LuAnn, ci sono cascato come l’ultimo degli idioti. Ha chiamato nel mezzo della notte, imitando la voce di Matthew. Ha detto che i Federali aveva beccato Jackson. Ha detto di fare i bagagli e di mettersi immediatamente in strada per Washington, in modo da incontrare voi all’Hoover Building. Così ho abbassato la guardia, ma avrei dovuto capire che era una trappola…
— Hai rischiato di morire per Lisa e anche per me. — LuAnn gli passò una mano sulla fronte.
Charlie allargò le braccia e la strinse forte a sé.
— Andrà tutto bene — aggiunse LuAnn, con più ottimismo di quanto non provasse in quel momento.
— Conosci quell’uomo. Può farle qualunque cosa.
— Lui vuole me. — LuAnn scambiò uno sguardo con Riggs. — L’Fbi sa qual è la sua vera identità, gli sta addosso e sta mandando a pezzi il suo intero sistema. È stato costretto a uccidere: Donovan, Bobbie Jo Reynolds e probabilmente sua sorella… E ritiene che la causa dei suoi problemi sia io.
— È pazzo!
— Ma lo pensa davvero.
— Quale sarebbe il piano d’attacco, LuAnn? — disse Charlie con determinazione. — Vai semplicemente a buttarti tra le sue grinfie?
— È proprio quello che pensavo anch’io — s’intromise Riggs. — LuAnn, non puoi fargli una telefonata dicendo: “Non si preoccupi, signor Jackson, arrivo lì subito così può ammazzare anche me”.
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