David Baldacci - Il biglietto vincente

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l destino sembra sorridere a LuAnn, giovane disoccupata: il misterioso signor Jackson le offre infatti il biglietto vincente di una lotteria che vale milioni di dollari. Ma prima di riuscire a godere della sua grande occasione, la ragazza trova a casa il cadavere del suo uomo in un lago di sangue e si scopre braccata dalla polizia, preda di una trappola mortale.
Un intrigo micidiale, costruito come un congegno a orologeria.

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58

La pioggia cadeva meno fitta, ma il temporale continuava a spazzare la radura. LuAnn aveva fissato una coperta contro il vetro infranto della finestra. Riggs aveva acceso il riscaldamento al massimo, e l’ambiente era diventato confortevole. I resti del pasto erano abbandonati sul tavolo della cucina. Riggs aveva guardato le macchie di sangue, del suo sangue, sul pavimento del salotto. Poi, con l’aiuto di Charlie, aveva trasportato i materassi giù dalle camere del piano superiore e li aveva stesi sul pavimento di legno.

Avevano deciso che il villino era il posto migliore per trascorrere la notte. Charlie e Riggs avevano tentato in tutti i modi di convincere LuAnn a cambiare idea. Alla fine, lei aveva acconsentito a contattare l’Fbi l’indomani mattina, prima di telefonare a Jackson. Forse loro sarebbero riusciti a individuare da dove chiamava. Più tranquilli, i due uomini le avevano concesso il primo turno di guardia e si erano addormentati, esausti.

LuAnn, le spalle alla finestra, li osservava. Controllò l’orologio: era passata mezzanotte. Si assicurò che la sua pistola fosse carica, quindi si inginocchiò accanto a Charlie e gli diede un breve bacio sulla guancia. Lui si mosse appena. Si avvicinò a Riggs. Studiò il ritmico alzarsi e abbassarsi del suo torace, gli spostò delicatamente i capelli dalla fronte. Non c’erano molte probabilità che si rivedessero. Si raddrizzò, appoggiandosi alla parete, oppressa da quel pensiero e da ciò che l’attendeva.

Scivolò fuori, nella pioggia.

Uscì dalla finestra, in modo da evitare di farsi tradire dal cigolio dei cardini della porta d’ingresso. Superò la Mercury parcheggiata nella radura e puntò dritta al capanno sul retro del villino. Joy, il suo cavallo, era ancora là: in quelle ultime, convulse giornate, LuAnn non aveva avuto modo di avvertire di andarla a riprendere. Non era stato necessario: il capanno era caldo e asciutto, c’erano acqua e fieno in abbondanza. Sellò l’animale e, senza fare rumore, si inoltrò nel bosco.

La coppia di fari emerse dal buio.

LuAnn abbassò di scatto il binocolo e si accucciò. Il fascio luminoso sciabolò su di lei, passò oltre, continuò ad allontanarsi. Era acquattata lungo il perimetro della radura dietro Wicken’s Hunt. Nessuno l’aveva vista mettere Joy nella stalla. Aveva preso il binocolo e si era nascosta tra gli alberi.

LuAnn riprese a osservare. La macchina si fermò davanti al garage e un uomo scese dal posto di guida. I fari dell’auto fecero scintillare la scritta gialla FBI sul retro della sua giubba di nylon scuro. L’agente completò il suo giro, risalì in macchina e ripartì.

LuAnn uscì allo scoperto e corse fino al fianco dell’edificio. L’auto si stava allontanando lungo la strada privata. Là dove Thomas Donovan e lei avevano avuto il loro primo incontro ravvicinato. Là dove l’intero incubo aveva avuto inizio. Le luci rosse scomparvero alla vista.

LuAnn si passò le dita tra i capelli fradici. L’Fbi sorvegliava la casa, era questo che Riggs aveva appreso dalla sua conversazione con Masters. E forse, ora avrebbe potuto aiutarla… No, l’avrebbero arrestata e basta. E lei non voleva coinvolgere nessuno nel regolamento di conti conclusivo con Jackson. Lui la stava aspettando, voleva lei in cambio di sua figlia. Ma avrebbe avuto più di quanto si aspettasse.

Quando raggiunse l’entrata di servizio, sul retro, notò l’auto di Sally Beecham parcheggiata accanto. Stupita, passò oltre e gettò una rapida occhiata attraverso i vetri della porta, per individuare il pannello del sistema d’allarme. Luce verde. Staccato. Ebbe un breve sospiro di sollievo. Nel disinserirlo avrebbe provocato un ronzio che avrebbe attirato l’attenzione. LuAnn inserì la chiave nella serratura, aprì la porta, penetrò nella cucina immersa nella penombra. Tutto immobile, tutto silenzioso. Non c’era da stupirsi, considerando che mezzanotte era passata da un pezzo.

A guidare LuAnn a Wicken’s Hunt era stato un rumore, qualcosa in sottofondo durante la telefonata tra lei e Jackson. Il ticchettio inconfondibile della vecchia sveglia che sua madre le aveva lasciato, e da cui non aveva mai voluto separarsi. Si era dimostrata la più preziosa eredità che potesse toccarle, perché le aveva rivelato dove si trovava Jackson, e dov’era sua figlia. Era rimasta impressionata dal sangue freddo dell’uomo. Solo lui avrebbe potuto scegliere come rifugio quella casa, costantemente sorvegliata dagli uomini dell’Fbi. In pochi minuti, il suo incubo si sarebbe materializzato di fronte a lei.

Cominciò ad avanzare lungo il corridoio, quando udì delle voci. Molte voci, tutte sconosciute. LuAnn s’inchiodò nel buio. Assieme alle voci, le arrivò una luce baluginante, e una strana musichetta. Un televisore. Con la punta dell’indice, LuAnn spinse una porta lasciata socchiusa, la fece ruotare silenziosamente su un interno illuminato solo dalla pulsazione del teleschermo. C’era una forma umana, stagliata davanti allo schermo. Spalle strette, capelli sistemati in un’acconciatura fuori moda. Sally Beecham stava guardando la TV. O forse era morta. L’immobilità era totale.

Per un attimo, la mente di LuAnn fu risucchiata all’indietro, a dieci anni prima. Un altro televisore baluginante. Un’altra forma immobile davanti a un video. Duane Harvey, seduto nella sua roulotte, il petto insanguinato, il volto grigio come l’asfalto. La sua caduta come senza fine… prima che qualcuno la attaccasse alle spalle!

LuAnn si voltò di scatto. Nessuno. Non c’era nessuno dietro di lei. Ma Sally Beecham si era svegliata e ora la fissava, gli occhi sbarrati dal terrore, la destra premuta sul petto, quasi non riuscisse a respirare.

— Shhhh!… — LuAnn si portò l’indice alle labbra. — Sally! Sono io!…

Sally Beecham pareva troppo frastornata per dire qualsiasi cosa, per abbozzare qualsiasi reazione.

— C’è qualcuno nella casa, Sally. Un intruso. Hai visto niente di strano?

Sally riuscì a scuotere la testa, rughe di paura le deformavano l’espressione. Puntò il dito verso se stessa. C’era solamente lei a Wicken’s Hunt.

Fu in quel preciso istante che un pensiero colpì LuAnn. Un pensiero terribile, che la fece impallidire.

Sally Beecham non parcheggiava mai dietro alla casa. Metteva sempre l’auto nel garage collegato direttamente con la cucina. La mano di LuAnn si strinse attorno al calcio dell’arma. Guardò il volto della donna. La luce fioca non le permetteva di rischiare. — Ascoltami, Sally. Voglio che tu vada nella dispensa, immediatamente. Ti chiuderò dentro, per sicurezza.

Uno sguardo inquieto frugava il suo viso. Poi LuAnn notò un movimento furtivo della mano di Sally, dietro la schiena. Spianò l’arma. — Muoviti, o ti ammazzo. E butta la pistola, tenendola per la canna. — Udì un breve rumore, quando la persona che le stava di fronte lasciò cadere l’arma sulle assi del pavimento.

Mentre la presunta Sally Beecham la precedeva nel corridoio, LuAnn allungò la mano e le afferrò i capelli. La parrucca venne via, rivelando una chioma corta e scura. L’uomo ebbe un’esitazione, ma lei gli puntò la pistola alla tempia.

— Si sbrighi, signor Jackson. O forse dovrei dire signor Crane? — Non nutriva alcuna speranza sulla sorte di Sally Beecham, e non era questo il momento di indagare. Si augurò soltanto di avere l’opportunità di vendicarla.

Giunti in cucina, LuAnn spalancò la porta della dispensa, spinse dentro l’uomo, richiuse la porta di schianto e tirò il chiavistello con un gesto deciso. Dieci centimetri di solida quercia della Virginia. Niente chiave, niente serratura. Jackson ci avrebbe messo parecchio per uscire di là. E a lei non serviva molto tempo.

Vuota. La casa era maledettamente vuota! Un corridoio dopo l’altro, una porta dopo l’altra, una stanza dopo l’altra. Era certa che Lisa fosse nella stanza da letto padronale, ma non poteva correre rischi. Drizzò le orecchie per cogliere un suono, una vibrazione, un respiro, qualsiasi cosa potesse dirle che sua figlia stava bene. Non udì nulla.

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