Jeff Lindsay - La mano sinistra di dio

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La mano sinistra di dio: краткое содержание, описание и аннотация

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Il collaboratore della polizia di Miami Dexter Morgan, esperto nell’esame delle macchie di sangue sulla scena del delitto, è un bell’uomo dotato di ironia e senso dell’umorismo. A prima vista potrebbe sembrare il fidanzato ideale per ogni brava ragazza. Eppure non lo è. Sotto questo aspetto esteriore cova, infatti, un istinto incontenibile a uccidere, per poi smembrare e dissanguare i cadaveri. Al contempo investigatore e serial chiller, Dexter ha la peculiare caratteristica di indirizzare la sua furia omicida esclusivamente su persone che se “lo meritano”.
Anche pubblicato come “Dexter il vendicatore”.

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Il mio subconscio doveva averlo considerato un piacevole interludio, io però tremavo di incertezza. Ero terrorizzato dal pensiero che la mia mente se ne fosse andata fuori città, lasciandomi qui a pagare l’affitto. Tre compagne di giochi meticolosamente legate: avrei voluto tornare da loro e riprendere da dove ero rimasto. Poi ripensai a Harry e mi resi conto che non potevo. Ero tra due fuochi: un sogno e un ricordo, ognuno più imperioso dell’altro.

Non era più divertente. Rivolevo indietro il mio cervello.

Mi asciugai le mani e tornai a letto, ma per quella notte il deluso, devastato Dexter non sarebbe riuscito riprendere sonno. Rimasi disteso sulla schiena a osservare le macchie di oscurità che svanivano gradualmente dal soffitto finché non suonò il telefono, alle sei meno un quarto.

«Avevi ragione», mi annunciò Deborah, appena sollevai il ricevitore.

«È una bella sensazione», dissi, sforzandomi di apparire normale e brillante come al solito. «Ma ragione su cosa?»

«Su tutto», rispose Deb. «Sono sulla scena di un crimine lungo la Tamiami Trail. E indovina un po’?»

«Avevo ragione?»

«È lui, Dexter. Deve essere lui. Ed è anche molto più spettacolare.»

«Quanto spettacolare, Deb?» le chiesi, pensando tre cadaveri , sperando che lei non lo dicesse, ma titillato dalla certezza che lo avrebbe detto.

«Sembrano esserci vittime multiple.»

Una scossa si irradiò dallo stomaco, come se avessi ingoiato una batteria elettrica. Ma, con uno sforzo, me ne uscii con una delle mie tipiche battute. «È meraviglioso, Deb… parli proprio come un rapporto di polizia.»

«Sì, be’, spero di poterne scrivere uno, un giorno o l’altro. Sono lieta che non sia questo. È allucinante. LaGuerta non sa cosa pensare.»

«E neanche come pensare. Che cosa c’è di allucinante, Deb?»

«Devo andare», disse lei, all’improvviso. «Vieni qui, Dexter. Devi proprio vederlo.»

Quando ci arrivai c’erano tre file di folla intorno ai cordoni, per la maggior parte giornaliste. Non è mai facile respingere l’assalto delle reporter quando sentono l’odore del sangue. A vederle si direbbero vittime impotenti di danni cerebrali e seri problemi di alimentazione. Eppure basta metterle davanti a un cordone di polizia e avviene il miracolo. Diventano forti, aggressive, pronte a spazzare via e calpestare tutto e tutti. Un po’ come le storie sulle mamme di mezz’età che sollevano i camion quando i loro bambini ci finiscono sotto. La forza gli viene da una fonte misteriosa. E, in un modo o nell’altro, queste creature anoressiche riescono a farsi largo dappertutto. Per giunta, senza scompigliarsi i capelli.

Per mia fortuna, uno degli agenti in uniforme di guardia alla barricata mi riconobbe. «Fatelo passare, gente», ordinò, «fatelo passare.»

«Grazie, Julio», dissi al poliziotto. «Ogni anno sembra che ce ne siano di più, di giornaliste.»

Lui sbuffò. «Si vede che le clonano. A me sembrano tutte uguali.»

Mentre passavo sotto il nastro giallo, ebbi la sensazione che qualcuno stesse manipolando la percentuale di ossigeno nell’atmosfera di Miami. Ero sul terriccio di un cantiere dove probabilmente si stavano erigendo costruzioni di tre piani per uffici, il genere solitamente occupato da società di seconda categoria. Mentre avanzavo, seguendo le attività in corso nella struttura incompleta, seppi che non era un caso se ci trovavamo qui. Non c’erano mai coincidenze, con questo serial killer. Tutto era deliberato, tutto era studiato per ottenere un preciso effetto estetico, in funzione di una necessità artistica.

Eravamo in un cantiere perché era necessario. L’assassino stava facendo la sua dichiarazione, come avevo preannunciato a Deborah. Stava dicendo: Avete preso l’uomo sbagliato. Avete messo in galera un cretino perché siete cretini anche voi. Siete troppo stupidi per capire, a meno che non vi ci faccia sbattere contro il naso. Ed ecco qua.

Ma più di ogni altra cosa, più che alla polizia e al pubblico, stava parlando con me, solleticandomi, provocandomi con una citazione dal mio ultimo, affrettato lavoro. Aveva portato i corpi in un cantiere perché io avevo portato Jaworski in un cantiere. Giocava a nascondino con me, mostrando a tutti quanto fosse bravo e avvisando uno di noi, cioè me, che mi stava tenendo d’occhio. So quello che fai e posso farlo meglio.

Suppongo che questo mi avrebbe dovuto preoccupare.

Invece no.

Mi faceva sentire quasi emozionato, come una liceale che vede il capitano della squadra di football farsi coraggio per chiederle di uscire. «Vuoi dire me? Proprio me? Cielo, dici sul serio? Scusa se batto le ciglia.»

Inspirai profondamente e cercai di ricordarmi che io ero una brava ragazza e non facevo certe cose. Ma sapevo che Lui le faceva. E volevo proprio uscirci insieme. Harry, ti prego…

Perché, a parte dedicarmi a nuovi e interessanti passatempi con un nuovo amico, avevo bisogno di trovare il serial killer. Dovevo vederlo, parlargli, dimostrare a me stesso che esisteva davvero e che…

Che cosa?

Che non ero io?

Che non ero io a fare quelle cose terribili e affascinanti?

Perché avrei dovuto pensarlo? Era assurdo. Era del tutto indegno delle attenzioni del mio cervello un tempo brillante. Solo che adesso quell’idea non se ne voleva andare. Non riuscivo a farla stare buona. E se fossi davvero stato io? E se avessi commesso io gli omicidi, senza saperlo? Impossibile, naturalmente, del tutto impossibile, tuttavia…

Mi sveglio al lavabo mentre lavo via il sangue dalle mani in un «sogno» in cui compio azioni che vanno al di là della mia immaginazione. In un modo o nell’altro, sono al corrente di dettagli che riguardano questa serie di omicidi. Cose che non potrei sapere, a meno che…

A meno che niente. Prenditi un tranquillante, Dexter. Riparti da zero. Respira, sciocco. Dentro l’aria buona, fuori l’aria cattiva. Non era che un ulteriore sintomo della mia recente fragilità mentale. A forza di condurre una vita ordinata, mi stavo avviando verso una senilità prematura. Non c’era dubbio che avevo avuto qualche momento di stupidità, nelle ultime settimane, e allora? Questo non bastava a dimostrare che fossi umano o che facessi sfoggio di creatività durante il sonno.

No, certo che no. Proprio così, non significava niente del genere. E quindi, eh, che cosa significava?

Avevo dato per scontato di essere sull’orlo della follia, di avere perso un congruo numero di rotelle per strada. Molto rassicurante. Ma se ero pronto ad ammettere questo, perché non ammettere la possibilità di essere responsabile di una deliziosa serie di scherzetti senza ricordarmene, se non sotto forma di sogni frammentari? La follia era forse più facile da accettare dell’incoscienza? Dopotutto, era solo una forma più evoluta di sonnambulismo. Sonnammazzismo. Probabilmente molto comune. Perché no? Per me era già normale cedere il posto di guida della mia coscienza al Passeggero Oscuro, quando gli veniva voglia di farsi un giro. Non sarebbe stato poi così stupefacente accettare che la stessa cosa si ripetesse con modalità leggermente diverse: il Passeggero prendeva la macchina quando io mi addormentavo.

Come spiegarlo altrimenti? Forse che nel sonno la mia proiezione astrale si sintonizzava sulle vibrazioni dell’aura del killer a causa di una connessione in una vita precedente? Certo, avrebbe avuto senso, se fossimo stati nel Sud della California. Ma qui a Miami sembrava un po’ meno plausibile. Sicché, se entrando in questo mezzo palazzo avessi visto tre corpi disposti in modo da comunicarmi qualcosa, avrei dovuto considerare la possibilità che il messaggio l’avessi scritto io. Non era più credibile dell’ipotesi di una party line del subconscio?

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