Jeff Lindsay - La mano sinistra di dio

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La mano sinistra di dio: краткое содержание, описание и аннотация

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Il collaboratore della polizia di Miami Dexter Morgan, esperto nell’esame delle macchie di sangue sulla scena del delitto, è un bell’uomo dotato di ironia e senso dell’umorismo. A prima vista potrebbe sembrare il fidanzato ideale per ogni brava ragazza. Eppure non lo è. Sotto questo aspetto esteriore cova, infatti, un istinto incontenibile a uccidere, per poi smembrare e dissanguare i cadaveri. Al contempo investigatore e serial chiller, Dexter ha la peculiare caratteristica di indirizzare la sua furia omicida esclusivamente su persone che se “lo meritano”.
Anche pubblicato come “Dexter il vendicatore”.

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Purtroppo, non sempre la vita imita l’arte. E alla conferenza stampa di LaGuerta, anziché Spencer Tracy, c’erano una serie di modelli e modelle con pettinature perfette e abbigliamento tropicale. Le loro domande più acute arrivavano a: «Che cosa ha provato quando ha trovato la testa?» e «Possiamo fare qualche foto?»

Un unico reporter, Nick Qualchecosa di un’affiliata locale della NBC-TV, domandò a LaGuerta se era sicura che l’assassino fosse McHale. Ma si arrese quando lei dichiarò che la schiacciante preponderanza di prove lo indicava inequivocabilmente come colpevole e che, in ogni caso, là confessione chiudeva definitivamente la faccenda. O Nick si era convinto, o era stato sopraffatto dalla magniloquenza di LaGuerta.

E così era finita. Caso chiuso, giustizia fatta. La possente macchina dell’apparato anticrimine di Miami aveva trionfato una volta di più sulle forze del male che assediavano la Nostra Bella Città. Fu uno spettacolo divertente: LaGuerta distribuì alcune istantanee di Daryll Earl, alquanto sinistre, insieme alle foto patinate di lei che indagava a South Beach, presso lo studio di un fotografo da duecentocinquanta dollari l’ora.

Era un abbinamento meravigliosamente ironico: l’apparenza del pericolo e la letale realtà, così diversa. Perché, per quanto rozzo e brutale potesse apparire Daryll Earl, la vera minaccia alla società era LaGuerta. Era lei che aveva richiamato i segugi, zittito le grida d’allarme e mandato tutti a dormire in una casa che stava ancora andando a fuoco.

Ero io il solo in grado di vedere che non poteva essere stato Daryll Earl McHale? Che il vero assassino aveva uno stile e uno spirito che un demente come McHale nemmeno poteva concepire?

Non ero mai stato così solo come lo ero nella mia ammirazione dell’operato del vero serial killer. Quelle membra sembravano cantare una meravigliosa rapsodia in bianco che mi illuminava il cuore e mi riempiva le vene di un’inebriante reverenza. Il che non interferiva con il mio zelo nel voler catturare il vero assassino, un gelido e perverso sterminatore di innocenti che andava assolutamente consegnato alla giustizia.

Vero, Dexter? Vero? Ehi!

Mi sedetti nel mio appartamento, massaggiandomi le palpebre assonnate e riflettendo sullo spettacolo cui avevo appena assistito. Come conferenza stampa era stata quasi perfetta: mancavano solo cibo gratis e ragazze nude. LaGuerta aveva tirato tutti i suoi fili perché fosse la più grossa e clamorosa conferenza stampa possibile. E, forse per la prima volta nella sua carriera di lecca-Gucci, LaGuerta era profondamente e sinceramente convinta di avere in mano l’uomo giusto. Doveva proprio crederci. Tutto sommato, era davvero triste.

Stavolta pensava di avere fatto tutto bene. Non erano solo manovre politiche, pensava davvero di riscuotere il merito di un lavoro attento e preciso. Aveva risolto il caso usando i suoi metodi. Aveva preso il cattivo e fermato gli omicidi. Un doveroso applauso per un’ottima indagine. E che bella sorpresa sarebbe stata quando fosse comparso il prossimo cadavere.

Perché sapevo, senza ombra di dubbio, che l’assassino era ancora là fuori. Probabilmente aveva visto la conferenza stampa su Channel 7, il canale prediletto da chi apprezza le morti violente. Al momento doveva essere troppo impegnato a sghignazzare per riuscire a reggere saldamente una lama, ma gli sarebbe passata. E quando ciò fosse accaduto, avrebbe commentato la situazione con il suo tagliente senso dell’umorismo.

Tuttavia, quel pensiero non mi riempiva di terrore, né di disgusto, né di ferma determinazione a fermare quel pazzo prima che fosse troppo tardi. Al contrario, cominciavo a pregustare il prossimo delitto. Sapevo che non era bene e forse questo mi faceva sentire ancora meglio. Oh, sì, certo, volevo che l’assassino fosse fermato e consegnato alla giustizia, ma era proprio necessario farlo subito?

C’era anche un aspetto di reciproco vantaggio da considerare. Se dovevo fare la mia piccola parte per fermare il vero serial killer, dovevo nel contempo trarne qualche vantaggio. E mentre ci stavo pensando squillò il telefono.

«Sì, l’ho visto», dissi al ricevitore.

«Gesù», fece Deborah, all’altro capo del filo. «Credo che starò male.»

«Be’, non verrò a tamponarti la fronte febbricitante, sorella. C’è del lavoro da sbrigare.»

«Gesù», ripeté lei. «Quale lavoro?»

«Dimmi, sei in cattive acque, sorella?»

«Sono stanca, Dexter. E sono più incazzata di quanto lo sia mai stata in tutta la mia vita. Tu che ne dici?»

«Voglio sapere se sei in quello che papà avrebbe chiamato ‘il canile’. Il tuo nome è nel fango, al Dipartimento? La tua reputazione professionale è stata insultata, danneggiata, insudiciata, insozzata e messa in dubbio?»

«Tra la pugnalata alle spalle di LaGuerta e la faccenda di Einstein? La mia reputazione professionale è nella merda», rispose, con un’amarezza che non avrei ritenuto possibile in una persona così giovane.

«Bene, è importante che tu non abbia nulla da perdere.»

Lei sbuffò. «Ne sono lieta. Perché è così, Dexter. Se sprofondo ancora un po’, mi manderanno a servire il caffè alla sezione relazioni etniche. Che cosa bolle in pentola, Dex?»

Chiusi gli occhi e mi appoggiai allo schienale. «Voglio che tu dichiari ufficialmente, di fronte al capitano e a tutto il Dipartimento, di essere convinta che Daryll Earl sia la persona sbagliata e che un altro delitto avrà luogo. Presenterai un paio di motivazioni inequivocabili ricavate dal tuo rapporto e per qualche tempo diventerai lo zimbello di tutti.»

«Lo sono già. Non è un grosso sforzo. Ma c’è una ragione per questo?»

Scossi la testa. A volte non riuscivo a credere che potesse essere così ingenua.

«Sorella carissima», dissi, «non penserai certo che Daryll Earl sia colpevole, vero?»

Lei non rispose. Doveva essere stanca quanto me, ma priva della carica di energia che poteva dare la certezza di avere ragione.

«Deb?»

«Il tipo ha confessato, Dexter.» Dalla voce sembrava ormai priva di forze. «Io non… mi è già capitato di sbagliarmi, anche quando… Cioè, ha confessato. Non credi che… che… merda. Forse dovremmo lasciar perdere, Dex.»

«Oh, donna di poca fede», lamentai. «Ha preso l’uomo sbagliato, Deborah. E adesso tu darai un nuovo corso alla politica.»

«Sicuro.»

«Daryll Earl McHale non è l’assassino. Non c’è alcun dubbio al riguardo.»

«E anche se hai ragione, cosa cambia?»

Ora era il mio turno di sorprendermi.

«Prego?»

«Be’, senti, se io sono l’assassino, a questo punto mi accorgo che l’ho fatta franca. Con questo tipo in arresto, tutti si mettono tranquilli, mi capisci. Allora perché non la smetto? O non ricomincio da qualche altra parte?»

«Impossibile», dissi. «Non capisci come ragiona questo tipo.»

«Sì, lo so. E tu come fai a capirlo?»

Preferii ignorare la domanda.

«Resterà qui e tornerà a uccidere. Deve farci vedere quello che pensa di noi.»

«Vale a dire?»

«Niente di buono», ammisi. «Abbiamo fatto una stupidaggine ad arrestare un demente conclamato come Daryll Earl. È tutto da ridere.»

«Ah-ah», fece Deb, tutt’altro che divertita.

«Ma abbiamo anche insultato il vero assassino. Abbiamo dato a questo buzzurro senza cervello tutti i meriti del suo lavoro, che sarebbe come dire a Jackson Pollock che i suoi quadri li può dipingere anche un bambino di sei anni.»

«Jackson Pollock? Il pittore ? Ma Dexter, quest’uomo è un macellaio.»

«A suo modo è un artista, Deborah. E considera se stesso in questi termini.»

«Per l’amor di Dio. Questa è la cosa più stupida…»

«Credimi, Deb.»

«Certo, ti credo. Perché non dovrei? Allora, abbiamo un artista suscettibile che non intende muoversi di qui, giusto?»

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