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Andrea Camilleri: La prima indagine di Montalbano

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Andrea Camilleri La prima indagine di Montalbano

La prima indagine di Montalbano: краткое содержание, описание и аннотация

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Del commissario Salvo Montalbano credevamo ormai di sapere tutto: di conoscerne vita, morte e miracoli, i luoghi, i gusti, le compagnie… Ma il suo creatore, Camilleri, riserva ai suoi lettori ancora tante sorprese. Nei tre racconti di questo volume presenta un giovanissimo poliziotto, all’inizio della carriera, che intreccia una relazione non con la ben nota Livia, ma con una certa Mery; e il teatro delle sue indagini non è la solita Vigàta, ma uno sperduto paesino di montagna della Sicilia più segreta dal buffo nome di Mascalippa… Tra misteriose uccisioni di animali, ragazze troppo silenziose e troppo intriganti e il finto rapimento di una bambina, quello che risulta sempre familiare è l’incorruttibile carattere di Montalbano, con qualche intemperanza giovanile in più, ma già riconoscibile come uno dei più umani e amati protagonisti della narrativa italiana contemporanea.

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Accelerò, non vidiva l’ora d’arrivare a Gallotta.

La tabaccheria di Bonsignore era sulla piazza. Trasì e darrè al banco vitti un picciotto vintino, sicco da fari spavento, con l’occhi di pisci morto. Restò un attimo imparpagliato, s’aspittava di trovarvi il finto monsignore.

«Desidera?» spiò il picciotto.

«Veramente volevo parlare col signor Bonsignore.»

«Lo zio mi ha pregato di sostituirlo, oggi non è potuto venire.»

«Ma è qui a Gallotta?»

«Certo. Non è potuto venire perché deve dare adenzia alla zia che ha l’influenza.»

«Mi può indicare dove abita?»

«Scusi, ma lei chi è?»

«Il commissario Montalbano sono.»

L’occhi di pisci morto del picciotto parsero pigliare vita.

«Ci sono novità sul rapimento?»

Montalbano ammammalucchì.

«Quale rapimento?»

«Quello della picciliddra il giorno di pasquetta. Lo zio e la zia non fanno che parlarne a tutto il paisi.»

«Non c’è stato nessun rapimento. Ed è appunto per chiarire le cose che sono venuto qua. Mi spiega dove abita suo zio?»

«La porta appresso» fece il picciotto deluso.

Il signor Bonsignore indossava un’inopinata veste da cammara colore viola che gli dava un’ariata addirittura cardinalizia.

«Commissario, che piacere! Che bella sorpresa!»

«La sua signora come sta?»

«Meglio, meglio. La febbre le sta calando.»

Lo fece trasire in un salotto austero. Alle pareti, una Crocefissione d’autore ignoto che era meglio se restava ignoto per l’eternità, una Madonna con sette spade nel petto, una Natività con un Bambinello sproporzionato, assai più grande del bue e dell’asinelio messi ’nzèmmula.

«Le posso offrire un po’ di rosolio?»

Rosolio?! Esisteva ancora? Fu tentato d’accettare, ma poi temette di dover vivirisi un intruglio letale.

«No, grazie, non si scomodi. Mi trattengo solo pochi minuti.»

Tirò fora dalla sacchetta una delle due fotografie di Giacomo Arena e la pruì a Bonsignore. Il quale la pigliò e la taliò. Attentamente. Ma pariva più confuso che pirsuaso.

«E chi sarebbe questo signore?» s’addecise a spiare alla fine.

Montalbano, a quella domanda che non s’aspittava, si vitti perso.

«Ma come, non lo riconosce? è quell’uomo che, il giorno di pasquetta, lei ha visto con la bambina! La guardi meglio!»

Bonsignore si susì, andò vicino alla finestra indovi che c’era maggiore luce. Taliò e ritaliò la foto, avvicinandola e allontanandola.

«Ora che mi ci fa pensare, una certa somiglianza c’è. Ma non mi sento, in coscienza… Capisce, commissario, tutto è capitato accussì di velocità… Io stavo facendo manovra e perciò… Certo, ho visto tutta la scena, ma in quanto a dire che faccia aveva quell’uomo…»

Da dubbiosa, l’espressione di Bonsignore addivinto trionfale.

«Allora era vero, si trattava di un rapimento! Avevamo ragione!»

«Cosa glielo fa credere?»

«Il fatto stesso che lei è venuto qua con questa foto!»

«Ma no, l’eventuale riconoscimento mi è necessario per confermare un alibi di quest’uomo.»

E gli contò una storia inventata e accussì tortuosa che lui stisso ci si perse dintra. Dato che Bonsignore aviva dei dubbi, dirgli che si trattava di un riconoscimento a discarico forse gli avrebbe fatto calare gli scrupoli. Ma l’altro non si cataminò dalla sua posizione.

«Mi dispiace, commissario, ma non…»

«Perché non fa vedere la foto alla sua signora?» suggerì Montalbano ancora spiranzoso.

«È inutile. Clotilde ha visto tutto, certo, ma è molto miope. E in quel momento non portava occhiali.»

Montalbano si sentì come uno che, andato a riscuotere in banca un assegno di un milione di euro, si sente dire dal casciere che l’assegno è a vacante.

«Tutto qua?» fece il PM Carlentini.

«Perché, non le basta?» spiò Montalbano.

«Ci devo riflettere.»

Il PM Carlentini appoggiò la schina allo schinale del seggiolone di ligno intagliato e inserrò l’occhi. Doppo li raprì e si mise a taliare, senza cataminarsi di un millimetro, il muro che aviva di fronte.

“Forse è caduto in catalessi” pinsò Montalbano.

Non era caduto in catalessi. Pirchì sollevò il vrazzo mancino e si mise a osservare la manica della giacchetta soffiandoci supra leggermente. Quindi fece l’istisso col vrazzo dritto. Infine taliò Montalbano. La riflessione doviva essiri finita.

«No» disse.

«No che?» spiò il commissario che si sintiva arraggiare.

«Con quello che abbiamo in mano, non mi sento di firmare un decreto di perquisizione. Del resto, cosa spera di trovare in quel garage?»

«Non lo so» ammise il commissario.

«Lo vede?»

«Ma la partita è grossa, dottore! Ci permetterebbe di fermare sul nascere un traffico mafioso di vaste proporzioni che…»

«Me ne rendo conto benissimo. Ma proprio perché si tratta di un affare serio bisogna muoversi con estrema cautela e solo quando abbiamo in mano elementi concreti. Una nostra mossa avventata potrebbe mandare all’aria tutto.»

«D’accordo. Ma intanto io come faccio a…»

«Montalbano! Che mi sta dicendo? Ma se lei è famoso per i metodi, diciamo così, poco ortodossi!»

«Dutturi, che è? Stasira nun havi pitittu?»

Enzo taliava ammaravigliato il piatto dintra al quale ci stava spizzicata qua e là solo una delle tri magnifiche triglie. Le altre due erano intatte.

«Mi sento la bocca amara.»

Era la verità, il concretizzarsi di una metafora. Partita persa su tutta la linea, le foto di Arena le potiva gettare nel cesso, il PM, certo giustamente, non aviva voluto rischiare. E lui si sentiva impotente. Forse la vicchiaia avanzante gli faciva non solamente il passo più a tardo, ma macari il ciriveddro più a lento. In altri tempi, che gli parevano lontanissimi, una soluzione gli sarebbe sicuramente venuta in testa. Ora era invece solo una testa ventosa tra ventosi spazi. Di chi era quel verso? Non arriniscì ad arricordarselo. Ma di chiunque era, pittava splendidamente il suo stato attuale.

Il telefono sonò doppo manco cinco minuti ch’era arrivato a Marinella.

«Pronto? Chi parla?» spiò subito a scanso d’equivoci.

Era Linda.

«Hai cenato?»

«Sì.»

«Anch’io. Posso venire un pochino da te?»

«Guarda, Linda, domattina mi devo alzare prestissimo e…»

«Mi trattengo al massimo un’ora, lo giuro.»

«E va bene, vieni.»

Appena riattaccato, pinsò che la meglio era di telefonare subito a Livia.

«Che vuoi?»

Oddio, ma non le era ancora passata? A quanto gli pariva di ricordare, l’ultima telefonata della nottata passata era stata pacificatoria.

«Ce l’hai ancora con me?»

«Sì.»

«Ma se stanotte…»

«Ci ho ripensato.»

«No, senti, Livia, non fare così, ho bisogno di parlarti, vorrei un tuo consiglio.»

«Lo vuoi da me? Perché non lo domandi a quella Linda?»

Dintra di lui scattò una specie di molla, incontrollabile.

«Glielo domanderò appena arriva.»

«Sta venendo da te?»

«Sì, ma non per…»

S’addunò che stava parlando a vacante. Livia aviva riattaccato. Ma che minchiate faciva? Per farsi passare il nirbuso andò ad assittarsi nella verandina. Doppo tanticchia arrivò Linda. Le fece posto sulla panchina.

Lei attaccò subito.

«Mi dici a che punto sei con l’indagine?»

«A un punto morto.»

«Perché?»

Le contò tutto, come una specie di sfogo. Tutto, fino a Bonsignore che non se l’era sentita di racconoscere Giacomo Arena in fotografia, fino al PM che gli aviva negato la perquisizione.

«Ma scusami, Salvo, che speravi di trovare nel garage di Arena?»

«È la stessa domanda che mi ha fatto il PM. E ti rispondo come ho risposto a lui: non lo so.»

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