Николай Лилин - Сибирское воспитание

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Сибирское воспитание: краткое содержание, описание и аннотация

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В 1938 году по приказу Иосифа Сталина из Сибири в приднестровский город Бендеры ссылают общину урок. Урки — это не обычные воры или бандиты, а древний сибирский клан благородных преступников, фактически отдельная малая народность. Они живут в строгом соответствии с собственным моральным кодексом, в котором, в частности, говорится, что настоящие урки обязаны презирать власть, какой бы она ни была, царской, коммунистической или капиталистической. Урки грабят сберкассы, товарняки, корабли и склады, но живут очень скромно, тратя награбленное лишь на иконы и оружие. Они зверски расправляются с милиционерами, но всегда приходят на помощь обездоленным, старикам и инвалидам. Чуть ли не с пеленок учатся убивать, но уважают женщин.
В 1980 году в одной из наиболее авторитетных семей этой общины рождается мальчик Николай (позже ему дадут прозвище Колыма). Книга написана от его лица. На обложке говорится, что это автобиография, а Николай Лилин — «потомственный сибирский урка». Первое оружие, первая сходка, первая отсидка, парочка убийств, гибель друзей, вторая отсидка, обучение ремеслу тюремного татуировщика — вот и вся канва.

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Gagarin ha poggiato il fucile sulla spalla e ha scaricato una lunga raffica in direzione del fuggitivo. Quello aveva già fatto una trentina di metri, quando le pallottole lo hanno raggiunto. Allora Gagarin è partito verso di lui, camminando come se stesse passeggiando nel parco. Quando gli è arrivato vicino, ha sparato un’altra raffica sul corpo riverso a terra, che ha fatto un ultimo movimento e poi si è fermato.

Gagarin lo ha preso per un piede e l’ha trascinato fino alla macchina, mettendolo vicino agli altri due corpi che erano li già dall’inizio del massacro.

In macchina c’erano quattro cadaveri deformati dalle ferite. Il fuoristrada era pieno di buchi e da una gomma usciva piano piano l’aria, perché un frammento della carrozzeria, staccato da qualche pallottola, era penetrato dentro il pneumatico. Sangue ovunque: schizzi, pozze che si allargavano a terra nel raggio di cinque metri, gocce che cadevano dalla macchina sul selciato, mischiandosi con la benzina, e diventavano rivoletti che correvano verso di noi, sotto i nostri piedi.

C’era un silenzio assoluto, nessuno dei presenti diceva niente, erano tutti immobili a guardare quello che era rimasto di quegli uomini.

Abbiamo lasciato il fuoristrada e i corpi lì dove avevamo compiuto quell’atto di giustizia.

Dopo siamo andati a casa del vecchio Frunzic. Pancia doveva andarsene, e prima di partire ci ha salutati in maniera calorosa e con rispetto, dicendo che avevamo fatto una cosa che andava fatta.

Frunzic ha detto che dei cadaveri si sarebbero occupati gli armeni della famiglia dell’uomo rimasto ferito nel tentativo di fermare la macchina, per loro era una specie di soddisfazione personale, e ci ha assicurato che «sopra quei cani non ci sarà neanche una croce».

Non era per niente scherzoso e allegro come al solito, Frunzic. Era serio, ma in una maniera positiva, come se volesse mostrarci che era d’accordo con noi. Parlava poco, ci ha offerto qualche bottiglia di buonissimo cognac armeno.

Abbiamo bevuto in silenzio, io cominciavo a sentire una forte e devastante stanchezza.

Gagarin ha tirato fuori il sacchetto con i soldi e ha detto a Frunzic che la ricompensa spettava a lui. Frunzic si è alzato dal tavolo, è scomparso in un’altra stanza e poi è tornato stringendo in mano un pacco di soldi, cinquemila dollari. Li ha messi nel sacchetto insieme agli altri dicendo:

— Non posso dare di più perché sono un umile anziano. Ti prego, Gagarin, porta tutto a zia Anfisa e chiedile perdono per tutti noi, peccatori e cattiva gente.

Abbiamo finito la terza bottiglia in silenzio, e quando abbiamo lasciato Caucaso era già buio, io stavo quasi per addormentarmi in macchina. Nella mia testa giravano tante cose, un misto di ricordi e di sensazioni rauche, come se mi fossi lasciato dietro qualcosa di non finito, о di eseguito male. Era un momento triste per me, non provavo nessuna soddisfazione. Non riuscivo a smettere di pensare a quello che era accaduto a Ksjusa. Impossibile sentire la pace.

Qualche tempo dopo ne ho parlato con nonno Kuzja.

— Era giusto punirli per quello che hanno fatto, — gli ho detto, — però punendoli non abbiamo aiutato Ksjusa. Quel lo che mi tortura ancora è il suo dolore, contro il quale tutta la nostra giustizia è stata inutile.

Lui mi ha ascoltato attentamente, poi mi ha sorriso e mi ha detto che io dovevo ripercorrere la strada del fratello maggiore di mio nonno, e cioè andare a vivere da solo nei boschi, in mezzo alla natura, perché ero troppo umano per vivere in mezzo agli uomini.

Gli ho restituito la Nagant, ma lui non ha voluto riprendersela, me l’ha regalata.

Dopo quasi un mese abbiamo saputo che Pavel' era stato ammazzato insieme a tre dei suoi che avevano partecipa-to al complotto contro la comunità criminale. Li avevano legati agli alberi del parco, davanti al distretto di polizia di Tiraspol', e gli avevano piantato dei chiodi in testa.

Si diceva che dietro tutta la faccenda del complotto ci fossero i poliziotti, interessati a indebolire la comunità criminale della nostra città. Sarebbero riusciti a farlo poi cinque anni dopo, mettendo tanti giovani criminali contro i vecchi, e innescando una guerra sanguinosa che ha dato inizio alla fine della nostra comunità, che infatti oggi non esiste più nella forma in cui esisteva ai tempi di questa storia.

Nonno Kuzja è morto di vecchiaia tre anni dopo, e la sua morte — insieme ad altri avvenimenti — ha provocato un terremoto nella comunità siberiana. Molti criminali di vecchia fede, scontenti del regime militare e poliziesco instauratosi nel Paese, hanno lasciato la Transnistria e sono tornati in Siberia, oppure sono immigrati in luoghi lontani.

Mio padre è andato a vivere in Grecia, dove ha scontato cinque anni di prigione, e ancora oggi abita ad Atene.

Il vecchio Prugna è ancora vivo e sta sempre nel suo bar, ultimamente è diventato sordo e per questo motivo urla quando parla. Sua nipote, quella che faceva le torte di mele più buone di tutta la città e che era una mia buona amica, si è sposata con un bravo ragazzo che vende accessori per personal computer, e insieme sono andati a vivere a Volgograd.

Zio Fedja ha preso molto male l’avvento del regime governativo in Transnistria: fino all’ultimo ha resistito cercando con tutte le sue forze di convincere i criminali a combattere, ma poi si è arreso ed è andato a vivere in Siberia, in un piccolo villaggio sul fiume Lena, dove continua a svolgere la sua attività di Santo.

Barbos è diventato una persona molto importante nella comunità criminale: è sceso a patti con la polizia e adesso ha tra le mani un enorme potere nella nostra città, dove Seme nero è di fatto l’unica casta protetta dalla polizia e odiata da tutte le altre, ma nessuno può farci niente, perché ormai sono loro a comandare, sono loro che controllano tutte le galere e gli affari criminali.

All’interno della comunità georgiana c’è stata una sanguinosa guerra, che ha portato al potere i giovani. Soprattutto a causa delle loro idee nazionaliste i georgiani hanno litigato con gli armeni, con cui sono in guerra ancora adesso. Mino è stato ammazzato nel corso di quella guerra, gli hanno sparato mentre raggiungeva l’ospedale dove la moglie aveva appena partorito un figlio che lui non ha fatto in tempo a conoscere.

Nonno Frunzic, sempre per via della guerra tra georgiani e armeni, ha preferito lasciare Bender. Come hanno fatto tanti vecchi di tutte e due le comunità coinvolte, si è dichiarato fuori dagli affari ed è andato a vivere nella sua patria, dove ora si occupa di piccoli traffici di alcol.

Stepan continua a gestire il chiosco sulla strada, ma non vende più armi, i criminali di Seme nero glielo hanno impedito, cosi adesso sopravvive smerciando sigarette e qualche partita di vodka contraffatta. Sua figlia ha terminato gli studi e ha trovato lavoro in uno studio di architetti a Mosca. Nixon aiuta Stepan con la stessa fedeltà di sempre, ce l’ha ancora con i comunisti e i neri ma ha fatto finalmente amicizia con Mei: anche se per arrivare a questo Mei ha dovuto sacrificare il suo Game Boy, gioco che è riuscito a sostituire nel cuore di Nixon il vecchio e amatissimo Tetris.

Mei dice che però negli ultimi tempi a Nixon sono venuti tanti capelli bianchi, e che sta invecchiando troppo in fretta.

Gagarin ha vissuto solo tre anni dopo questa storia: è stato ammazzato a San Pietroburgo perché era entrato in un giro d’affari con gente che godeva della protezione della polizia e dell’ex Kgb. Della sua morte si è saputo solo più tardi, quando un’amante di Gagarin ha contattato i suoi genitori dicendo che era sepolto nel cimitero di Ligovo.

Gatto si è trasferito nel sud della Russia, dove per qualche tempo ha fatto parte della banda di un criminale siberiano che rapinava tir provenienti dai Paesi asiatici. Poi ha conosciuto una ragazza di Rostov sul Don, terra di cosacchi, ed è andato a vivere con lei in campagna sul fiume Don. Ufficialmente non si occupa più di affari criminali, ha tre bambini, due maschi e una femmina, va a caccia e fa lavori di falegnameria con il padre e i fratelli di sua moglie. Mei è andato a trovarlo parecchie volte, e in quelle occasioni Gatto ha cercato invano di convincerlo a sposare la sorella minore di sua moglie.

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