Roberto Bracco - Don Pietro Caruso
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Roberto Bracco
Don Pietro Caruso
Don Pietro Caruso
Margherita , sua figlia
Il Conte Fabrizio Fabrizi
Voci interne.
La scena è a Napoli. – Epoca attuale.
ATTO UNICO
Una stanzetta poveramente ammobigliata. In fondo, nel centro, una porta grande, e, a qualche distanza, una finestra. A destra, una specie di basso focolare rusticano con la gran cappa affumicata, il quale serve anche da caminetto. A sinistra, una porticina. Quasi davanti al focolare, una scrivania con su carte in disordine e l'occorrente per scrivere. Una credenza, una tavola rotonda, poche seggiole sciancate, un bacile sopra un treppiede di ferro, una brocca di acqua, un asciugamani. Fra la porta d'ingresso e la finestra, un umile lettuccio con su un materasso avvoltolato. Sulla credenza, la statuina colorata d'un santo con innanzi una lampada a olio.
(È giorno, ma durante l'azione l'aria andrà lievemente oscurandosi.)
SCENA I
(è seduto, con le braccia incrociate, con la faccia buia.)
(è alla finestra, e parla a voce alta con una vicina.) Grazie, signora Punzo! (Poi, rivolgendosi pianissimo a Fabrizio) Scusa. È la signora Punzo qui accanto che mi ha avvertita di tirar su le lenzuola, ch'erano a prendere aria. (Da una funicella esteriore, ritira due lenzuola e le piega, seguitando a parlare con la vicina.) Se non mi aveste chiamata voi, io non me ne sarei nemmeno accorta del cattivo tempo.
(Lampeggia un poco e si ode qualche tuono.)
(alla vicina) Ci siamo, eh!
Il babbo è in casa?
Nossignora, sono sola… come sempre.
Stanotte, ho sognato un bue a tre corna e un morto con la gobba. Volevo consultare Don Pietro, che di queste cose se ne intende.
Eh! Quando tornerà… (Chiudendo la finestra) Permettete. (A Fabrizio, riponendo le lenzuola piegate sul materasso) Sono per il letto del babbo. Mi dispiaceva che si bagnassero. (Un silenzio. – Ella guarda Fabrizio, gli si accosta alle spalle e gli circonda il collo con le braccia, baciandogli i capelli.) Dunque, è uno scherzo… 1 1 Fin qui, la scena deve procedere lentamente, con mollezza tutta napoletana.
(liberandosi dalle braccia di lei) Non è uno scherzo, Margherita. Con te, non ho mai scherzato. Prima di risolvermi, ho molto riflettuto. Ed ho sofferto. Ora, sono irremovibile.
Ma io che male ti ho fatto?
Nessuno.
Ti sono di peso?
No.
Ti guasto la vita? Ti distraggo? T'importuno?
No, no! E questo ti prova appunto che io agisco esclusivamente a vantaggio tuo. Continuando, che ci rimetterei, io?
Non lo so; ma il certo è che per tenerti legato a me, io non avrei dovuto…
(interrompendola) T'inganni!
No, non avrei dovuto fare… quello che ho fatto. Credi ch'io sia tanto stupida da non capirlo?
Tu non capisci niente.
Il capriccio t'è passato.
Eccoci al solito capriccio !
Capriccio! Capriccio! Se fosse stato amore…
Va' là che non s'è ancora saputo se l'amore sia un capriccio che dura troppo, o se il capriccio sia un amore che dura troppo poco… Non capisci niente, ti dico. Io sento per te, oggi, ciò che sentivo un mese fa.
Si vede!
Non si vedrà, pazienza! Ma è così. E perchè dovrebb'essere altrimenti? Tu sei diventata anche più bellina, più graziosa, più docile. E, anzi, è la tua stessa docilità quel che maggiormente mi fa paura. Sì, il venire qui, di nascosto, come ho fatto finora, a guisa di un mariuolo o di uno sciocco, per una persona della mia posizione sociale non è bello; e il rischio di trovarmi tra i piedi un uomo della risma di tuo padre non è mica divertente: ma, via, non di questo mi preoccupo… perchè non sono un egoista. Io mi preoccupo di te, Margherita, di te. Tu ti sei lasciata andare senza prevedere le conseguenze. Cerchiamo di prevederle almeno ora. C'è tanti guai da evitare. Evitiamoli. Se stringessimo di più i nostri vincoli, non ne saresti tu, poverina, l'unica vera vittima? (Pausa.) Tutto quello che è accaduto tra noi non lo metteremo in piazza nè tu nè io. E, facendo il sacrifizio di separarci – ed è per me un gran sacrifizio, Margherita – ce la saremo cavata il meglio possibile.
Si direbbe che non mi conosci, Fabrizio! Tu credi, senza dubbio, di parlare con un'altra donna, con un'altra Margherita. Dici che io sarei l'unica vittima? Ma di chi? Ma di che cosa? Io non sarò vittima di nessuno e di nulla se tu non mi abbandoni; e una tua parola, una tua parola affettuosa, un tuo bacio, una mezz'ora della tua presenza potranno farmi sopportare allegramente tutti i guai che tu temi, tutte le conseguenze che prevedi.
È inutile: non mi convinci.
Io ti risparmierò qualunque imbarazzo, qualunque noia, qualunque fastidio…
Ed io invece ho il dovere di risparmiarti la pubblicità del fallo… e… chi sa… molte sofferenze morali… e… materiali… di cui tu non hai neppure una vaga idea.
Ma giacchè io sono pronta a tutto, perchè te ne preoccupi tu?
Perchè non voglio avere altri scrupoli di coscienza!
E se non vuoi avere altri scrupoli di coscienza, non devi lasciarmi morire di crepacuore!
(viene di giù, dal cortile, fioca e cadenzatamente stentorea) Signorina Margherita… signorina Margherita!..
Auff! Che c'è ancora?
È il portinaio che mi chiama. (Rassegnata, riapre la finestra e si ode il rumore della pioggia. Ella si mette un fazzoletto sulla testa e si affaccia.)
Il signor Chianese, può salire?
Non lo sapete che sono chiusa in casa?
Bada che mi ha visto entrare.
(a Fabrizio) Che novità! Lo so; ma le mance perchè le piglia?
Credevo che Don Pietro fosse rincasato.
No, non è rincasato.
Il signor Chianese vuole quella lettera che Don Pietro gli aveva promessa. A me non ha dato niente. L'avrà dimenticata sulla scrivania.
Vedrò. (Cerca sulla scrivania inutilmente. Torna alla finestra.) Sulla scrivania non c'è nessuna lettera.
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