Giuseppe Bertini - Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4

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Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4: краткое содержание, описание и аннотация

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Salomo (Elia), prete francese del sec. XIII: nel 1274 dedicò a Gregorio IX un libro: De Scientiâ artis musicæ , che si era conservato manoscritto nella bibioteca Ambrosiana in Milano, donde lo ha tratto l'ab. Gerbert, inserito avendolo nel terzo tomo della sua collezione degli antichi autori di musica. L'Aut. vi tratta del numero delle chiavi, de' tuoni, delle figure, della dottrina del canto, e della maniera di cantare a quattro voci, ec.

Sammartini (Gio. Batt.), maestro di cappella assai celebre del suo tempo, e uomo singolare, nacque in Milano verso la fine del secolo XVII; fu prima suonatore d'oboe, e poi di violino. Devesi a lui l'uso del mordente , delle note sincopate , delle contro arcate , e delle punteggiature continuate , le quali grazie, se pure si conoscevano, non erano in grande uso: egli le introdusse nel violino, come è facile di rilevare dalle sue composizioni confrontate con quelle de' precedenti scrittori. Sammartini, dotato d'ingegno creatore, imparò il contrappunto da se, e si diede a scrivere musica instrumentale, singolarmente dei trio , e delle sinfonie. Il Generale Pallavicini, governatore di Milano, gli fece comporre le prime sinfonie a grande orchestra. Si sonavano esse in buona aria sulla mezzaluna della cittadella a divertimento dei cittadini che a diporto trovavansi nella sottoposta spianata le sere d'estate. Il Paladini , che morì troppo giovane, il Lampugnani , che il primo cominciò a lussureggiare negli accompagnamenti delle arie, ed altri gareggiavano su quel parapetto, divenuto sede e teatro di una guerra tutta piacevole col Sammartini, il quale tutti li vinse per la copia, il fuoco e la novità, sebbene rimanesse molto al di sotto del Paladini e degli altri per la scienza degli accordi. Fu in quelle sinfonie che si sentì per la prima volta il gioco separato dalle viole che da prima suonavano col basso, e che udironsi movimenti continuati di violini secondi, i quali si fecero con bella novità scorrere per un modo tutto diverso di quello dei violini primi. Anche il Sammartini aveva pratica cognizione di tutt'i strumenti, e fu da lui che la apprese, il Gluck, stato per più anni suo scolare. Se a questi pregi unito avesse il Sammartini una più fondata teoria, e una maggiore applicazione avrebbe avuto l'Italia il suo Haydn, prima che lo avesse l'Alemagna. Il Sammartini non fu sì felice nella musica vocale come lo era nella strumentale. Eccitato dai generali voti della sua patria, compose un'opera seria per quel teatro, e non piacque punto. Che anzi era egli il primo a burlarsi di se medesimo quando si rammentava quella sua produzione. Fu però essa la prima e l'ultima di tal genere, mentre non volle più comporre pel teatro, e fuori di qualche oratorio sacro, non abbiamo di lui altra cosa drammatica. Egli, come dissi, fu maestro del Gluck per dieci anni, e basta confrontare la musica instrumentale di Gluck con quella del maestro per capire quanto gli dovesse. L'Haydn stesso molto apprese per la parte ideale osservando le opere del Sammartini, benchè più volte detto avesse al suo amico Carpani non dover nulla a lui, aggiungendo di più ch' egli era un imbroglione . Ma confrontando le prime composizioni dell'Haydn con quelle del Sammartini si vedrà di quante idee, di quante bizzarríe e di quante invenzioni di questo rinomato scrittore si giovasse l'Haydn, non già da vile plagiario ma da maestro. Il Misliwechek trovandosi in Milano ad una accademia, e sentendovi alcune vecchie sinfonie del Sammartini, della di cui musica non aveva in prima contezza, proruppe in questa esclamazione: ho trovato il Padre dello stile d'Haydn! Il maestro Venceslao Pichl inclinava anch'egli alla opinione del suo patrioto; ma l'Haydn era troppo buon contrappuntista e troppo amico dell'ordine, e di quella regolata condotta che si trova in uno stile puro e ragionato, per imitare di proposito quel capricciosissimo milanese che nel creare non badava più che tanto alla tessitura, ma seguitava all'impazzata gli impeti della sua fervida fantasia, e quindi aveva quà e là dei lampi bellissimi, contigui a masse tenebrose di nubi. Il conte d'Harrach governatore della Lombardia Austriaca portò il primo a Vienna la musica del Sammartini, la quale subito ottenne applausi e voga in quella gran capitale. Il conte Palfi, il conte Schönborn, il conte di Mortzin, ed il principe Esterhazy facevano a gara in procurarsene della nuova, e quest'ultimo signore destinato aveva in Milano un banchiere per nome Castelli a pagargli otto zecchini d'oro per qualunque composizione gli desse per sua altezza. Il dottor Burney conobbe il Sammartini in Milano nel 1770, e scrive ne' suoi Viaggi pag. 95 di avere inteso una messa seguita sotto la sua direzione nella chiesa del Carmine. “Gli accompagnamenti, egli dice, erano ingegnosissimi, pieni di brio e di un fuoco tutto proprio di questo compositore. La parte instrumentale delle sue composizioni è fatta a maraviglia. Nessuno degli esecutori può restare lungamente in ozio. I violini soprattutto non hanno mai riposo; si potrebbe per altro desiderare ch'egli ponesse la briglia al suo pegaso, poichè sembra portarsi seco il cavaliere fuggendo di scappata. E per parlar fuori di metafora, la sua musica piacerebbe ancor più se fosse meno ricoperta di note e men ripiena di allegri; ma l'impetuosa foga del suo genio lo sforza a percorrere una successione di rapidi movimenti, la quale alla lunga, stanca l'esecutore e l'uditorio.” Alla pag. 103 parlando d'un'altra messa del medesimo dice, “Il Sammartini mi ricompensò de' movimenti posati de' quali mi aveva defraudato nella messa di giovedì, mediante un adagio che era veramente divino.” Rousseau nel suo dizionario parlando di composizioni eccellenti non ne nomina, in monte, che due, Un adagio, dic'egli, di Tartini, un andante di Sammartini , e di fatti questi suoi andanti eran degni di Anacreonte. Questa piccola biografia deesi all'erudito Carpani, giacchè la fama , egli dice, non ha parlato di lui quanto meritava ( Lettera IV ).

Sancho (Ignazio), negro della Guinea stabilito in Londra, ove fecesi cristiano, e coltivò con successo le scienze e la letteratura. Morì egli nel 1780. Fra le altre sue opere vi ha di lui Theory of music (Teoria della musica), London 1776, ch'egli dedicò alla principessa reale. Nelle belle arti possedeva un tatto, ed un gusto così delicato, che gli artisti medesimi si davan premura di consultarlo.

Santarelli, maestro della cappella del Papa a Roma e cappellano dell'ordine di Malta, ad una straordinaria abilità e consumata esperienza nella pratica della musica e del canto univa delle profonde cognizioni nella teoria e nell'istoria dell'arte. Nel 1764, pubblicò egli in Roma il suo trattato della musica di chiesa dalla sua prima origine sino a' nostri giorni, col titolo: Della musica del santuario, e della disciplina de' suoi cantori . Il secondo volume è del 1770. Egli comunicò anche al Dr. Burney in Roma un altro suo libro intitolato: Estratto di alcune notizie storiche appartenenti alla facoltà musicale , d'onde cavò l'inglese storico della musica l'origine de' primi eunuchi italiani. Ecco le proprie parole del Santarelli. “P. Girolamo da Perugia, prete della congregazione dell'oratorio fiorì nel sec. XVII. Fu eccellente cantore della parte di soprano, e fu il primo evirato che avesse luogo nella cappella pontificia, avendo fino allora servito la cappella in qualità di soprani i nazionali spagnuoli con voce di falsetto. Il prelodato padre fu ammesso tra' cantori pontificj nel 1601, e morì nel 1644.” Si vede da questa notizia, che non si esigevano allora da un prete tutte le qualità che gli sono necessarie oggigiorno, come l'erano nell'antica legge; e che non si era adottato ancora in Roma in tutto il suo rigore il divieto del Deuteronomio, cap. 33, v. 1. Santarelli è autore altresì di alcune Lettere su i compositori per chiesa, e sulla moderna musica sagra , che l'ab. Gerbert ha inserito nel 2º tomo della sua storia.

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