Antonio Caccianiga - Il bacio della contessa Savina
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- Название:Il bacio della contessa Savina
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– Io la comunicai ad alcune persone influenti, che mi accordarono la loro benevolenza, vivendo in rapporti quotidiani nello stabilimento balneare di Bormio, e mi promisero il posto di maestro appunto nel villaggio di X**, ove andresti ad abitare la mia casetta…
– In Valtellina?..
– In Valtellina! Il vecchio maestro mio locatario ha ottenuta una pensione dal Comune, e si ritira a Sondrio coi suoi parenti. Io pongo a tua disposizione la mia casetta e i pochi campi, una sommetta di denaro pei necessari ristauri, ti raccomando al mio buon amico il parroco don Vincenzo Liserio, ed all'ottima famiglia Bruni, che conosco da tanti anni, e te ne vai a vivere beato e felice in quell'aria elastica delle montagne che stuzzica l'appetito e conserva la salute… Ecco quanto mi premeva di comunicarti, e credo che sarai contento di così bella notizia!..
Rimasi sbalordito, e senza parole. Pensando alla finestra del palazzo Brisnago, che si sarebbe fra poco riaperta, alla riapparizione della divina fanciulla, alla felicità di rivederla e di riprendere quelle soavi contemplazioni, tanto indispensabili alla mia anima, quanto l'aria ai miei polmoni, Milano mi appariva in tutta la sua bellezza. Io vedevo come in un sogno rapido, intenso, tutti gli splendori della città, il lusso, i corsi, i teatri, una scena spettacolosa irradiata da uno sguardo che animava ogni cosa, mentre le parole dello zio m'indicavano confusamente e lontano un povero villaggio deserto al piede delle Alpi, con un orizzonte di montagne nevose nel fondo.
Mio zio mi guardava in silenzio, aspettando tranquillamente la mia risposta. Io sentiva tutto l'orrore della mia posizione, ed una lotta terribile si agitava nel mio animo. Finalmente, vedendomi esitante, egli soggiunse:
– Io confesso che aspettavo tutt'altra accoglienza alla mia proposta, e mi sorprendo assai della tua esitazione.
– Caro zio… l'idea di abbandonare Milano mi opprime talmente, che forse mi sfuggono i vantaggi della proposta che mi fa. Un collocamento che mi permettesse di continuare a vivere presso di lei sarebbe il mio più ardente desiderio, ma allontanarmi dalla sua casa, e da Milano, io solo, per recarmi in un ignoto villaggio, è un progetto che mi spaventa… le confesso ingenuamente la verità…
– Ma come vuoi che un giovane appena ottenuta la patente di maestro trovi il modo di collocarsi a Milano? questa è davvero una strana pretesa! Bisogna che ciascheduno percorra la propria strada, incominciando dai primi passi; quando avrai acquistati dei titoli maggiori potrai ottenere degli avanzamenti, e coi meriti e il tempo ritornare anche a Milano. Ma dovendo incominciare con un posto modesto, dimmi ove potresti essere più felice che in un villaggio, nel quale trovi una casa e dei campi che ti vengono ceduti gratuitamente, e dei vecchi amici della nostra famiglia disposti ad accoglierti colle braccia aperte, come un'antica conoscenza?.. Tutti non hanno di queste fortune… ma nessuno sarebbe così difficile di contentare… e devo dirtelo francamente, nessuno tanto ingrato verso la sorte!..
Il malcontento di mio zio era evidente, e d'altronde l'obbligo di lasciare Milano mi sembrava che corrispondesse ad una sentenza di morte. Tuttavia per rinunciare ad un impiego, con l'aggiunta di eccezionali vantaggi, ci volevano delle ragioni importanti. Diventava inevitabile la necessità di manifestare il vero motivo che metteva ostacolo alla mia riconoscenza per questo nuovo benefizio offerto con tanta cordialità. E mi parve che l'amore irresistibile che accendeva il mio cuore dovesse giustificare pienamente la mia condotta, e spiegare la fede che animava i miei lavori letterari, i soli che potessero aprirmi la strada della fortuna. Pensai dunque che fosse giunto il momento d'aprire sinceramente il cuore a chi mi teneva luogo di padre, pensai che la mia ingenua confessione l'avrebbe commosso e convinto, e che avrei trovato nel suo cuore generoso un consiglio e un aiuto. Deciso a tale rivelazione, ruppi il silenzio colle seguenti parole:
– Zio!.. la mia gratitudine per tutte le bontà che mi ha prodigato avrà fine colla vita… Ma io non posso lasciare Milano; la mia partenza è impossibile. Un vincolo superiore alla volontà decide del mio destino!.. Io non sono più padrone di me stesso!..
Il povero canonico cogli occhi spalancati dalla sorpresa, colla bocca semichiusa, mi fissava in volto attentamente senza pronunziare parola, ma il suo sguardo doloroso e severo m'interrogava con ansiosa inquietudine. Sentii la necessità di abbreviare le sue pene, e soggiunsi:
– Non tema nulla per la mia onestà, non ho commesso veruna azione malvagia, la coscienza non mi rimprovera alcuna colpa… ma io amo, amo teneramente una fanciulla, e tutte le mie aspirazioni tendono a meritarmi la sua affezione… abbia pietà del mio cuore…
Mio zio si alzò in piedi, e fece un giro per la stanza, come se volesse acquetare l'animo esagitato, prima di rispondermi. Io pure m'ero alzato da sedere, e diritto in un angolo della stanza, rivolto verso il mio giudice, colle mani giunte e con voce commossa, andavo ripetendo queste parole:
– Abbia pietà del mio cuore.
Dopo alcuni giri, egli mi si arrestò dirimpetto, esclamando con parole interrotte:
– Non me l'aspettavo… così presto!.. Ah gioventù, gioventù! che non sa mettere freno alle sue passioni, che si lascia trasportare facilmente in balìa del pericolo… che non diffida dei precipizii!.. mah!.. fragilità dell'umana natura!..
E continuava i suoi giri. Dopo qualche sospiro che parve sollevarlo da un peso, raddolcendo a poco a poco la voce, come un uomo rassegnato che ha preso una determinazione decisiva, soggiunse:
– Ebbene… pazienza!.. pazienza!.. vedremo di accomodare anche questa… Sei molto giovane… ma privo di famiglia… e talvolta una buona compagna può salvare un giovane da pericoli gravi… Iddio benedice le buone famiglie… e il mio desiderio è di vederti contento.
A tanta bontà caddi ginocchioni ai suoi piedi, io sentiva la riconoscenza fino all'entusiasmo, la vita mi sorrideva, presi le mani di mio zio e le ricopersi di baci, e vidi due grosse lagrime che scendevano sulle guance rugose del povero vecchio, commosso dalle mie dimostrazioni affettuose. Io mi sentiva rinascere.
Poi dopo breve sosta, guardandomi con occhio benevolo,
– Su via, – mi disse, – ora puoi completare la confessione, e dirmi senza altre ambagi il nome della tua innamorata!
Mi alzai, e sorrisi ingenuamente, ma esitavo a pronunziare il suo nome. Egli mi fece coraggio dicendomi:
– Su via, sbrigati… andiamo alla fine.
Allora io dissi balbettando:
– È la contessa Savina Brisnago…
Non mi è possibile descrivere l'effetto prodotto sullo zio dalle mie parole.
Dapprima rimase come istupidito dall'impreveduta sorpresa, poi diede in uno scroscio così impetuoso e violento di risa, che temetti per un istante che gli avesse dato di volta il cervello. Furono tre assalti successivi, così clamorosi, così sbardellati, e irresistibili, che lo facevano evidentemente soffrire, ma non poteva calmarsi. Si contorceva sopra una sedia, convulso; pareva che si calmasse un istante, soffiava e ansava, e poi già un altro assalto più sganasciato del primo, accompagnato da singhiozzi e da lagrime… una vera tortura.
Ritto, immobile, insensato, io era rimasto al mio posto, e un brivido mi percorreva le membra, come se mi fosse caduta addosso una doccia d'acqua gelata.
– Mio Dio!.. non ne posso più… – furono le prime parole di mio zio… poi il pover'uomo mi domandava scusa, voleva riprendere la sua serietà, ma ricadeva nelle risa. Dopo una lunga vicenda di soste e di ricadute, finalmente giunse a calmarsi intieramente, e mi disse:
– Vedi, Daniele, non è per offenderti, ma la tua ingenua rivelazione mi riuscì così impreveduta, così strana, così esorbitante, che ne rimasi colpito, e poi una convulsione irresistibile mi assalì con tale violenza, che credevo morire. Che vuoi?.. se tu fossi uno sciocco, non mi sarei sorpreso di nulla, ma colla tua intelligenza, col tuo buon senso, colla tua modestia e moderazione in ogni cosa, vederti così tranquillamente annunziarmi il nome della contessa Savina come la cosa più naturale del mondo… ne sono rimasto colpito… e mi hai fatto terribilmente soffrire… Ora che è passata, ti prego di dirmi, come mai ti è entrata in testa una simile dabbenaggine!.. Tu non ignori certamente il numero di milioni attribuiti alla famiglia Brisnago?..
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