Vittorio Bersezio - La plebe, parte IV
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Il marito di Paolina ricadde nelle sue tristi meditazioni. La notte! Egli era dunque il vero che avrebbe dovuto passare la notte in quell'orribil luogo? Oh! non sarebbe stato possibile che prima del cader del giorno qualche cosa avvenisse per cui egli fosse liberato? Dei momenti ciò sperava, gli pareva quasi una cosa sicura; si diceva che chi comanda non doveva volere che un uomo, il quale non era mai stato incarcerato, sul conto del quale non s'era mai trovato nulla da ridire, stesse pure un minuto di più del bisognevole frammezzo a quelle muraglie, in quella scellerata compagnia; si lusingava che della sua colpa nessuno potesse avere, non che prova, un indizio, che lo si sarebbe quindi ritenuto tosto per affatto innocente, e mandato a liberare, di quel giorno medesimo, fra poche ore, forse a momenti. Ma l'illusione era troppo vanamente fondata per poter reggere a lungo. S'accorgeva di accarezzare una chimera; gli nasceva il sospetto, il presentimento di quello che era la verità: che cioè quando un povero diavolo viene incarcerato, lo si dimentica, fino a che il giuoco dell'ordigno sociale della giustizia non lo riporti a galla, che di lui quindi nessuno per allora più non si occupava, come se non esistesse al mondo.
– Sì, dovrò passar qui la notte: diceva egli allora a se stesso, con cupa rassegnazione. E quante notti!.. E se fossi poi condannato?.. Oh a che cosa mai potrebbero condannarmi? Bisognerà ch'io consulti un avvocato… E Paolina intanto?
Venne la notte. Quando tutti giacevano immersi nel più alto sonno e suonavano per lo stanzone i fragorosi russamenti de' suoi compagni, Andrea che non poteva chiuder occhio, vide Marcaccio porre la testa presso presso alla sua, ed udì come un soffio nell'orecchio che gli diceva:
– Ora parliamo. Qual è il motivo del tuo arresto?
– Io non ho che un atto solo nella mia vita che mi possa meritare questa sciagura: quello che mi hai fatto eseguir tu.
– Vuoi dire le chiavi false della casa di Nariccia?
– Sì.
– Oh che credi tu che siavi alcun sospetto di qualche cosa?
– Dopo il colpo di cui fu vittima stanotte messer Nariccia.
– Colpo! Vittima! esclamò con infinito interesse Marcaccio. Oh che, è successo qualche cosa?
Andrea lo guardò con istupore.
– Non lo sai, o fingi di non saperlo?
– Non so niente.
– Io ho creduto che tu ci avessi parte.
– Niente affatto. Non mi si disse manco che la cosa doveva farsi la notte scorsa: quel sornione di Graffigna fa sempre così. Ed io fui arrestato alla fabbrica Benda.
– Tanto meglio: disse Andrea, cui tornò una specie di sollievo sapere che quell'uomo con cui discorreva non s'era macchiato dell'atroce delitto, e sentì alquanto scemarsi la ripulsione che aveva a parlargli.
Raccontò a Marcaccio tutto quello che aveva appreso intorno alla sorte di Nariccia: e ciò che sul mariuolo fece maggior effetto fu l'idea del vistosissimo bottino che gli assassini dovevano aver fatto.
– Alla croce di Dio! de' bei sacchetti e' li avranno portati via di colà… Mi par mill'anni di esser fuori di qui per averne la mia parte… chè una buona porzione ce ne viene a noi due… anche a te che li hai messi dentro quella casa… Senza di noi non ci sarebbero riusciti.
Andrea tornò a provare tutto il ribrezzo ed il rimorso di poc'anzi.
– E tu dunque, riprese a dire Marcaccio, poichè il suo compagno si taceva; tu temi che per tal cagione t'abbiano arrestato. Or dunque dimmi un po': all'interrogatorio che cosa conti tu di rispondere?
– Ah non so davvero. Ho paura che leggano subito nel mio turbamento tutta la verità.
– Bubbole! Ci vuole franchezza e coraggio. Dà retta a me e ringrazia il tuo santo protettore che ti ha fatto incontrar qui con un amico par mio: altrimenti tu mi avresti fatta una solenne frittata, rovinato te e compromesso altrui. Bisogna negare fermo, forte e tutto. Non c'è alcuno che possa tradirti, perchè nè io nè altri con cui tu avesti da fare puoi esser certo che aprirà bocca. Non si è tanto gonzi. Tu non hai visto nulla, tu non sai di nulla, tu non hai sentito di nulla. Non si esce di lì. Ti terranno un par di settimane a mangiar gratis il pan dello Stato e la minestra della Misericordia e poi ti daranno il largo…
– Un par di settimane! esclamò spaventato Andrea: oh che io avrei da rimaner qui cotanto?
L'emozione gli fece dimenticare la prudenza inculcatagli da Marcaccio, e queste parole furono pronunziate con voce quasi alta.
– Zitto, per amor di Dio! disse il suo compagno serrandogli forte un braccio. T'ho detto che bisognava parlar tanto piano che neppure le mosche, se ci fossero, non ci avessero da sentire… Ora s'è discorso abbastanza: mettiam berta in sacco e dormiamo.
Marcaccio non tardò in fatti a prendere una parte distinta nel concerto di russamenti che eseguivano con una specie di foga accanita i carcerati; ma pel marito di Paolina non ci fu possibilità di chiuder occhio. Troppo nuove e troppo dolorose erano le impressioni che egli aveva ricevute, perchè si potesse tanto presto acquetar l'anima sua. La notte gli parve eterna; ed egli salutò quasi come un amico il primo fioco barlume di luce che s'insinuò in quel lurido camerone traverso le inferriate e i ragnateli polverosi dell'alto finestrino.
Comparve poi finalmente Andrea innanzi al giudice istruttore. Gl'indizi a carico dell'accusato si erano fatalmente accresciuti e fatti gravi. S'era raccolto da testimonianze che Andrea aveva espresse assai fiere minaccie prima contro il suo antico principale, il signor Giacomo Benda, perchè non aveva più voluto accettarlo nella sua officina, e siccome l'assalto, il saccheggio e l'incendio di quell'opificio conoscevasi essere il risultamento d'un complotto, era naturalissimo il credere che questo operaio, amico e compagno indivisibile d'altronde d'uno dei caporioni della riotta, arrestati in flagranti , avesse preso parte principale ancor esso al complotto medesimo, ed anzi, alla esecuzione di esso; quanto all'assassinio di Nariccia, Andrea aveva contro di lui la sua abilità conosciuta di fabbro, e le minaccie ancora più terribili che nell'osteria di Pelone egli s'era lasciato scappare a più riprese contro il padrone di casa che gli aveva gettata la famiglia sul lastrico della strada.
Andrea alle pressanti, accorte, pericolose interrogazioni del giudice non rispose altrimenti, seguendo il consiglio di Marcaccio, che con decise negative; ma egli spinse questo metodo ad un eccesso che lo compromise maggiormente. Timoroso delle conseguenze che da principio aveva veduto trarre dalle circostanze le più lievi coll'arte induttiva dell'interrogatore, non essendo abbastanza accorto, nè abbastanza libero di mente per indovinare o presentire soltanto a qual meta mirassero le fattegli domande anche le più semplici, egli credette miglior partito negar sempre e negar tutto. Ma queste sue negazioni non sapevano essere tanto risolute che non lasciassero scorgere lo sforzo della menzogna; ma elleno, poco accortamente, volevano escludere anche delle cose e circostanze che erano provate evidentemente, così che l'impressione del giudice fu quella affatto di avere innanzi a sè un reo ancora novizio, ma reo assolutamente dei due gravi delitti che gli si imputavano.
Andrea s'accorse dell'impressione che produceva sul suo interrogatore, e perdette ancora più la bussola, tanto che, non sapendo oramai più che farsi, nè che dire, quasi avesse speranza di intenerire quell'uomo e da lui dipendesse la sua salute, proruppe in confuse supplicazioni quasi con voce di pianto. Giurò ch'egli ned era andato ad assalire la fabbrica Benda, nè aveva saputo dell'assassinio di messer Nariccia fuorchè al mattino; sì, era pur vero, disse, che inconsiderate parole gli erano sfuggite contro il fabbricante ed il padrone di casa, ma in quel momento, coll'animo vivamente esagitato, egli aveva detto cose a cui non pensava, che non aveva per nulla l'intenzione di eseguire; lo lasciassero andare ch'egli ne aveva gran bisogno: parlò della moglie moribonda all'ospedale, dei figliuoli all'ospizio, che non per lui, ma per quei poveretti gli usassero pietà.
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