Vittorio Bersezio - La plebe, parte IV

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La plebe, parte IV: краткое содержание, описание и аннотация

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Codesto spinse vieppiù Nariccia alla determinazione di adoprarsi in guisa da potere, morto il marchese, presentare ad Aurora il bambino fatto rivivere; vedremo più tardi come e che cosa egli facesse per ciò; ma intanto si può dire fin d'ora che in breve tutto fu da lui immaginato e preparato, perchè dopo la morte del vecchio marchese fossero soddisfatti i voti e le speranze d'Aurora.

E di costei che cosa ne avveniva? La cresciuta infermità del padre e l'avvicinatosi pericolo avevano consigliato al fratello d'Aurora di tentare una riconciliazione fra il moribondo e la figliuola. Al primo fece, per mezzo di fra' Bonaventura, inculcare la virtù del perdono, alla seconda scrisse egli medesimo dicendo esser obbligo de' figli innanzi all'agonia de' genitori obliar tutto e cancellar dall'animo anche i più giusti risentimenti. Riuscì ad ottenere che il padre consentisse ad accogliere la figliuola, e questa non si rifiutasse ad entrare di nuovo nella casa paterna. Tra padre e figlia nel ritrovarsi in presenza di nuovo dopo tali e tanti avvenimenti, non si scambiò una parola d'affetto, nè un cenno pure qualsiasi che alludesse a quanto era passato. Fu peggio che freddo il loro contegno: il dovere solo riuniva ora quelle due persone fra esse, non più la menoma corrente di benevolenza; nel contegno del vecchio, anzi, un'irritazione quasi un accanimento d'ostilità, frenato, ma non punto sminuito da quello che aveva voluto la morte di Valpetrosa e le lagrime amarissime d'Aurora.

Questa si pose a dare al padre tutte quelle cure che lo stato di lui richiedeva, che il suo dovere di figlia imponevale; ma il vecchio mostrò che quelle attenzioni e la presenza medesima di lei tornavangli fastidiose, ed Aurora si tenne, per quanto le convenienze permettevano, lontana dal letto e dalla camera paterna.

In questo stato di cose il marchese figliuolo ebbe l'infelicissima ispirazione di credere che il vecchio padre non avrebbe voluto scendere nella tomba senza riparare, quando ciò si potesse, al soverchio dolore dato alla figliuola, alla barbara ingiustizia usata verso l'innocente di lei creaturina, se pur era vero che il bambino vivo fosse stato strappato alle braccia della madre, e condannato al disonore ed alle miserie del trovatello. Aspettò un di in cui parve tornato qualche poco più di forza all'infermo, e chiamando in aiuto tutto il coraggio ond'era capace, entrò risolutamente nel discorso, e disse a suo padre dei sospetti di Aurora, del passo ch'egli aveva fatto presso Nariccia, dell'ambiguo contegno di costui onde ancor egli aveva sentito qualche dubbio cui prima non avrebbe accolto mai, e finì colle più calde suppliche e deprecazioni affinchè, se tanta crudeltà era stata veramente commessa, non si tardasse oltre a rimediarvi, non volesse il malato tenere sotto il peso di sì grave risponsabilità la sua vecchiaia. Il marchese padre al discorso del figliuolo rimase in apparenza perfettamente insensibile, da un vivo lampeggiar d'occhi all'infuori che alle prime parole udite gli accese lo sguardo e poi tosto si spense. Quando il fratello d'Aurora si fu taciuto, il vecchio volse verso di lui un sogghigno ironico ed una faccia beffarda.

– E tu credi a codeste fandonie? diss'egli. Un diplomatico tuo pari, un uomo d'ingegno, come ti ho sempre creduto!.. Va, lasciami tranquillo, e non venire altrimenti a turbare la mia quiete con simili fiabe.

Ma rimasto solo, il vecchio marchese fece venire a sè il suo servo di confidenza e gli comandò senza indugio, andasse in cerca della Modestina e glie la menasse il più sollecitamente possibile, facendola passare per la segreta scaletta del palazzo e in ora tale che i figliuoli di lui non potessero non che vederla, ma neppure avere il menomo sentore della sua venuta. Fu egli prontamente obbedito, e poche ore dopo, quella che doveva poi essere sopranominata la Gattona , trovavasi presso al letto del vecchio marchese. Questo esigeva da lei gli raccontasse la verità, ma proprio e tutta la verità di quello che era accaduto alla nascita di quel bambino, cui egli aveva voluto e voleva per l'affatto smarrito; e lo esigeva in quel modo con cui sapeva imporre a chiunque l'ubbidienza ed a cui non c'era caso di resistere. Modestina disse tutto dal principio alla fine; e il marchese ascoltò colla massima attenzione.

– Come segni di riconoscimento: disse il vecchio di poi, come per confermare viemmeglio nella sua memoria la cosa; egli ha seco il rosario d'agata della mia defunta, un bottone di livrea di vostro marito e la carta scritta dalla vostra mano?

– Sì, signor marchese.

– Sta bene. Andate e non parlate con anima viva di quanto avete detto, e sia per tutti, anco per voi, come se qui non foste oggi venuta, come se questo colloquio non avesse avuto luogo mai.

Modestina giurò il più assoluto silenzio e se ne fu a' fatti suoi. Il marchese meditò tutto quel giorno profondamente e non volle veder nessuno nè della famiglia nè dei conoscenti tranne il fidatissimo suo servitore. Alla sera diede a quest'esso il comando di andar a prendere e condur seco al palazzo messer Nariccia. Con costui, del quale erasi fatto ora mai un giusto concetto, per riuscire sicuramente nel suo disegno, il vecchio marchese aveva pensato usare un inganno. Gli disse che vedendosi avvicinare ogni di più il fine della sua vita, il rimorso lo aveva assalito di aver tolto alla figliuola il suo bambino ed un gran desiderio gli era nato di restituire a quella poveretta suo figlio, parendogli che dopo ciò più tranquillamente avrebbe potuto avviarsi verso la tomba; aver udito con molta soddisfazione che al bambino erano stati posti certi contrassegni per cui riconoscerlo e poter riaverlo, Nariccia saper egli dove questo bambino si trovasse, glie io dicesse perchè si fosse in grado senza ritardo, di provvedere pel ricupero del medesimo.

Nariccia, con tutta la sua accortezza, cadde compiutamente nella rete. La cosa era troppo naturale perchè non si avesse da crederla, chi non sapesse qual provvista d'odio avesse continuato a rammontarsi, invece che diminuire, nell'anima fiera e crudele del marchese contro il morto Valpetrosa e il rampollo del sangue di lui. Attonito che il marchese sapesse così bene ogni particolare della cosa, l'ex-intendente non osò negar nulla; ma quando il suo antico padrone volle svelasse il luogo dove il bambino era stato posto, fu egli l'uomo più impacciato del mondo, e per torsi d'imbarazzo fini per dire:

– A S. E. non importerà gran che il sapere ch'e' si trovi in questo o in quell'ospizio, purchè la conclusione sia ch'Ella riabbia il bambino. Di qualcheduno Ella avrà pur sempre bisogno il quale vada a prenderlo; chi può far ciò meglio di me che conosco appuntino i contrassegni, e so il giorno e l'ora precisi in cui venne il neonato deposto? Affidi dunque a me siffatto còmpito, ed io fra quindici giorni le prometto di presentarle il bimbo con tutti quegli oggetti che, come S. E. conosce, ne stabiliscono l'identità.

Il marchese guardò ben fisso un istante il suo interlocutore, e poi disse:

– Sia pure… fra quindici giorni la cosa deve esser fatta, e conto aver nelle mani il bambino ed i contrassegni… Se ci mancate, guai a voi!.. Non comparitemi più dinanzi che per annunziarmi il giorno e il momento in cui potrete farmi la consegna di quel che voglio. E di tutto questo sopratutto, assoluto silenzio con mio figlio e con Aurora… Siamo intesi!

Nariccia si curvò in un profondo inchino.

– Andate.

I quindici giorni non erano ancora trascorsi quando Nariccia introdotto furtivamente presso il marchese dicevagli a bassa voce:

– Eccellenza ho nelle mie mani il bimbo.

Uno strano lampo passò negli occhi del vecchio, il quale, con impeto che pareva indicare tornato in lui tutto il primitivo vigore, si levò a sedere sul letto.

– Dove ce l'avete?

– A casa mia.

– Proprio desso?

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