Luigi Blanch - Della scienza militare

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Luigi Blanch

Della scienza militare

PREFAZIONE

A QUESTA SECONDA EDIZIONE

Se a questa seconda edizione aggiungiamo una prefazione invece di un avvertimento, come facemmo prima, crediamo necessario dar conto ai nostri lettori delle ragioni che ci hanno ciò consigliato, e dire che cosa in essa ci siamo proposti. La ragione principale che ci ha determinato a mettere una prefazione innanzi al nostro lavoro, deriva particolarmente dai giudizi dei giornali militari stranieri, da alcune opere e da alcune opinioni di celebri personaggi e competenti giudici, i quali ci hanno spinto a modificare, per effettuarlo quando che fosse, il disegno che indicammo nell'avvertimento pubblicato in testa della prima edizione, e che è di dare un piú largo sviluppo al nostro lavoro, trasformandolo in una storia della bellica scienza considerata sotto l'aspetto da noi prescelto. Ancora indicammo quali subbietti meritavano di essere piú svolti e piú completamente posti in luce di quello che erano nei Discorsi . Dicemmo infine che per imprendere questo nuovo lavoro avremmo aspettato la critica per trarne profitto, ed alcun incoraggiamento per istabilire fermamente il nostro proposito. L'indulgenza benevolente con che hanno trattato il nostro lavoro i vari giornali italiani, lo Spettatore francese , il Giornale militare di Prussia, i generali Jomini e Oudinot, lo Zambelli ed altri autori e giornali di cui abbiamo mediate e non dirette notizie, fa che profittando anche delle critiche urbanissime e limitate che ci si sono fatte, ci siamo determinati a continuare il lavoro intrapreso. Ma due metodi ci si offrivano; e in prima quello enunciato nell'avvertimento, cioè di servirci del lavoro fatto per prima bozza e dargli un tale sviluppo che ogni discorso divenisse un libro, e l'opera tutta non un saggio sulla storia della scienza ma la storia della scienza nel suo senso compiuto. Questo modo però di trattare il subbietto ci parve che avesse un difetto essenziale, che sorgeva dall'aspetto sotto cui consideravamo la storia militare. Infatti noi la consideriamo come espressione della societá, e perciò credemmo dover in essa e per essa scovrire le condizioni della societá e lo stato del suo scibile, cioè tutto ciò che il grado di civiltá di un popolo costituisce. Ora niun dubbio vi è che per tesserla come storia sotto questo aspetto, bisognava far conoscere lo stato delle scienze esatte e naturali. Era anche piú necessario di dare alle scienze morali, come la legislazione, l'economia pubblica, la filosofia e la letteratura, uno sviluppo corrispondente alla loro importanza, per la tesi che sosteniamo e per il nesso e le moltiplici relazioni che sono tra esse e la scienza della guerra; perché un esercito è una societá compiuta, meno la famiglia, ond'è piú artificiale e piú difficile ad esser diretta nelle sue operazioni. Per tutto ciò trovammo che non si poteva che indicar solo e non mostrare come queste scienze tutte avevano seguíto quasiché parallelamente le stesse fasi che le militari, e che avevano tutte conferito di spontaneo concerto ad operare tutte quelle successive modificazioni che hanno finito per trasformare la societá antica in quella del medio evo e questa nella moderna. Fatto che per i suoi caratteri, per la costanza del risultamento finale, malgrado le lagune e le apparenti contraddizioni, si mostra come un avvenimento determinato in una piú alta regione, per modo che l'umanitá vi ha operato come istrumento senza aver avuto coscienza del suo fine. Penetrati da questa veritá, che senza sviluppo per le scienze morali poteva essere contraddetto il principio che imprendemmo a svolgere, sentimmo la necessitá di far precedere la composizione della storia, aggiornandola indefinitamente, da una serie di lavori parziali, ma rannodati dal loro scopo finale e dal nesso che in esso vi era, giacché questi offrivano sui vari rami dello scibile e sulle scienze belliche una larga ripruova di quanto nei Discorsi avevamo esposto; e cosí allora, se avevamo tempo, forza e vita, potevamo tesser detta storia condensando tutti questi lavori, oppure lasciarli come materiali a chi con maggior senno e sapere volesse questa impresa condurre a fine. Perciò nel 1836 pubblicammo una Miscellanea , ove riunimmo con una prefazione alcuni nostri discorsi pubblicati nel Progresso sull'economia pubblica e uno sulla filosofia, ch'erano o memorie originali o analisi di opere sorte alla luce, e sette discorsi sulla legislazione considerata sotto lo stesso aspetto che le scienze belliche. Successivamente abbiamo in una serie d'articoli riguardato dallo stesso lato la filosofia e la letteratura, e abbiamo cosí fatto aumento a quelli giá pubblicati sull'economia e sulla legislazione. Indipendentemente da questi lavori nel Progresso , abbiamo dall'anno primo dell' Antologia militare collaborato, e vi abbiamo scritto parecchi articoli che sono stati trattati con eguale indulgenza dai giornali di Francia, di Germania e d'Italia e ch'egualmente avevano per fine principale di servire di sviluppo e dimostrazione alla tesi primitiva e di dare una idea piú compiuta di alcune parti della scienza bellica che prevenimmo dover essere piú estesamente trattate. Esposta la ragione per la quale questa prefazione in testa alla nuova edizione mettiamo, prenderemo ora, per darle tutta l'importanza che si lega al suo titolo, a trattare qualche quistione che mette in luce il nostro lavoro e fa piú che mai conoscere perché questo secondo metodo al primo indicato preferiamo. Ecco appunto ciò che tratteremo prima di far termine e conchiusione a questo discorso preliminare.

La genesi di questo lavoro venne dalla sua utilitá; il subbietto che contiene si riduce a determinare l'origine della guerra come fatto sociale, i suoi effetti nell'ordine generale e le sue relazioni con esso: come si manifestò presso i popoli colti dell'antichitá e nel medio evo, come contribuí a trasformar questo stato nella moderna societá, quale fu l'azione ch'esercitò sullo scibile e sullo stato sociale e quale influenza ebbero questi su di essa, tanto come scienza che come fatto sociale, e come da ciò derivi che può esserne il simbolo e l'espressione.

Cominciato avendo la carriera delle armi nel primo anno del presente secolo, ci sforzammo di comprendere la scienza che al mestiero nostro corrispondeva, e tosto vedemmo che tante piú difficoltá incontravamo quanto piú alto ci innalzavamo nel suo studio, e scorgemmo che non poteva essere ben compresa una scienza nel suo piú ampio significato se non si acquistavano nozioni positive sulle scienze che con essa avevano molteplici relazioni. E poiché la base della guerra è nel suo principale agente ch'è l'uomo, e il suo teatro è il mondo, ne deducemmo che le scienze morali, che riguardano l'uomo nella sua natura e nelle sue manifestazioni e che fornivano le regole per facilitargli il cammino nel mondo, erano quelle che solo potevano dare spiegazione del grande fenomeno che le storiche composizioni e la piú alta parte delle poetiche narravano e rappresentavano. Considerammo egualmente che oltre a questi studi che l'agente riguardano, bisognava conoscere ove operava, cioè il mondo, per potersi calcolare il valore dello spazio, del tempo e dei locali accidenti, ed in ultimo tutte quelle sostanze che contengono gli attributi necessari per divenire propri istrumenti, cioè le armi di cui gli uomini dovevano far uso e tutto ciò che per materiale di guerra è necessario. Da ciò conchiudemmo che le scienze morali, le esatte e le naturali corrispondevano ai principali elementi della guerra, cioè agli uomini, alle armi e agli ordini, con la cognizione degli spazi ove quelli e questi operavano. Ciò fissato, ci sembrò che una scienza la quale aveva sí estese relazioni e che aveva servito di mezzo alle piú grandi trasformazioni sociali ed altre ne aveva impedite, doveva rannodarsi alla destinazione di tutta quanta la umanitá, e che doveva potentemente influire sulla fisionomia che riveste ogni periodo importante della storia delle nazioni.

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