Alexandre Dumas - Garibaldi e Montevideo

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Al domani la piccola truppa, fatta una requisizione di cavalli, cui aveano acceduto i proprietari, marciava alla volta della capitale, quando venne incontrata da duecento cavalieri, quaranta dei quali erano Brasiliani, gli altri Orientali. Lavalleja, comechè avesse modo di evitare lo scontro, si fa loro innanzi, ma prima di venire alle mani, richiese d'un abboccamento il comandante Giuliano Laguna suo antico fratello d'armi.

– Che chiedete, e a che venite? dissegli questi.

– A liberar Montevideo dello straniero, rispose Lavalleja. Se siete per me, unitevi meco. Se contro di me, rendetevi o preparatevi alla pugna.

– Rendere le armi mi è ignoto sinora, nè, spero, alcuno potrà insegnarmelo.

– Dunque allora, in rango coi vostri, e vediamo qual'è la causa di Dio.

– Subito, riprese Laguna, e spronato il cavallo, raggiunse i suoi.

Ma spiegato il vessillo nazionale di Lavalleja, i centosessanta Orientali passarono a lui, e i Brasiliani vennero suoi prigionieri.

Allora la sua marcia in Montevideo fu un vero trionfo e la Repubblica Orientale, proclamata dal volere di tutto un popolo entusiasmato, ebbe nome tra le nazioni.

Frattanto alto levavasi la fama di tale che dovea più tardi essere il terrore della federazione Argentina.

Dopo breve tratto dalla rivoluzione del 1810, un giovane dai quindici ai sedici anni, lasciava la città di Buenos-Ayres e prendea la campagna; l'aspetto avea scuro, il passo concitato.

Questo giovane era Juan Manuel Rosas. Perchè egli, ancor fanciullo fuggisse il tetto paterno, e riparasse alla campagna, è orribile a dirsi. Quegli che un giorno dovea volgere le armi contro la patria, avea levato le mani sulla madre e perciò la maledizione paterna lo cacciava dalla casa che lo aveva visto bambino.

Un tale avvenimento non ebbe eco in mezzo allo svolgersi di più vitali interessi. Ora mentre la gioventù correva alle armi sotto la bandiera dell'indipendenza, egli perduto nelle immense foreste davasi alla vita del Gaucho , ne adottava il vestire e i costumi, diventava insomma un de' più destri nel domar cavalli, e nel maneggio del lazo e delle bolas , talchè al vederlo lo avresti scambiato per un uomo della campagna, per un vero Gaucho d'origine.

Rosas accomodavasi dapprima in qualità di peon (giornaliere) in un estancia 9 9 Estancia si dice quell'area di terreno in cui i proprietarii tengono i loro bestiami. Alcune di queste stanze contengono più di centomila animali. ; fu quindi capataz (capo de' giornalieri), poi mayordomo (agente); in quest'ultimo stato governava le proprietà della possente famiglia Anchorena, principio delle sue grandi ricchezze.

Essendo ora nostro disegno tratteggiare il carattere di Rosas in ogni sua parte, vediamo qual fosse la disposizione del suo spirito, nello avvicendarsi di tanti casi.

S'era egli trovato in Buenos-Ayres nei prodigi della rivoluzione contro la Spagna; in quel tempo l'uomo di cuore domandava un nome ai campi di battaglia, l'uomo di genio cercava la gloria nel reggimento della pubblica cosa. Avido di fama, vedeasene Rosas preclusa ogni strada, come quegli che non avea il coraggio della battaglia, nè il senno del governo. I gloriosi nomi di Rivadavia, di Pasos, d'Aguero come ministri; di San Martin, di Balcarce, di Rodriguez, di Las Heras come guerrieri, lo scuotevano nell'orrore della sua solitudine, e fermentavangli in cuore un tesoro d'odio per quella città che per tutti aveva un trionfo, ma non per lui.

Fin da quest'epoca Rosas sognava e preparava l'avvenire. Errante nei pampas 10 10 Pampas si chiamano quei popoli ancora oggigiorno incolti, che abitano la campagna di Buenos-Ayres. , confuso tra i Gauchos , divideva le miserie del povero; ora lusingando le antipatie dell'uomo della campagna, lo aizzava contro l'uomo della città; ora contando sul numero, gli additava facile al primo cenno assoggettar la città, che sì lungamente lo avea tenuto schiavo. Ottenuto così l'impero sugli abitanti delle pianure, lascia Rosas la sua solitudine.

Insorte nel 1820 le truppe di Buenos-Ayres contro il governatore Rodriguez, un reggimento di milizie della campagna, i colorados de las Conchas (i rossi delle Conchas) entra nella città il 5 ottobre, agli ordini d'un colonnello. Era Rosas. Ma venute il domani queste a conflitto con quelle della città, il colonnello era scomparso; un violento male di denti, cessato colla lotta, lo allontanava, suo malgrado, dalla mischia. L'entrata di Rosas a Buenos-Ayres può dirsi l'unica sua impresa guerriera.

Vinti gl'insorti della città, Rivadavia nominato ministro dell'interno, afferra le redini del potere. Quest'uomo, figlio della rivoluzione, ricco d'immensa erudizione, frutto de' suoi lunghi viaggi in Europa, era caldo del più ardente e più puro amore di patria. Nell'intento di recare in America i frutti della civiltà europea, fallì nei mezzi d'applicazione in un popolo ancor tardo e fanciullo; volle essere insomma all'America ciò che fu Pietro I alla Russia; ma privo degli stessi elementi, ove quegli riuscì, ei venne manco, sebbene avrebbe potuto riescire dissimulando; ma invece ferì gli uomini nelle loro abitudini, che spesso sono una nazionalità. Schernì i costumi americani, prese a disprezzo la chaqueta (giacchetta) e la chiripa dell'uomo della campagna, e simpatizzando nello stesso tempo per il costume europeo, venne a perdere a gradi a gradi la sua popolarità e il potere.

Malgrado di tutto questo, molte furono le istituzioni che lasciò in dote alla patria. Il suo governo fu dei più prosperi a Buenos-Ayres. Fondò università e licei, introdusse nelle scuole il mutuo insegnamento. Chiamò i sapienti e gli artisti d'Europa, e n'ebbero le arti e le scienze incremento; per lui infine Buenos-Ayres fu chiamato nella terra di Colombo, l'Atene dell'America del Sud.

Sorvenuta la guerra del Brasile nel 1826, Buenos-Ayres soccorse alla nazione con ogni sorta di sacrifizi. Assorbite le finanze, disordinata l'amministrazione, indebolito il governo, nacquero i torbidi. Cresceano intanto coi diversi interessi, varie le opinioni tra gli abitanti della campagna e della città. Levatasi Buenos-Ayres a tumulto, la campagna in massa assalì la città, e fe' Rosas suo capo, centro del potere. Eletto egli nel 1830 governatore, malgrado l'opposizione della città, tenta riconciliarsi con essa. Spogliati i selvaggi costumi del Gaucho , come il serpente fa della pelle, finge rifarsi uomo della città. Ma essa resiste, e la civilizzazione sdegna perdonare a un traditore che è passato sotto la bandiera della barbarie. Se avviene ch'egli si mostri in abito militare, è un chiedere sommesso in qual campo di battaglia abbia Rosas guadagnato il suo grado; se parla in qualche convegno, si domanda ove abbia appreso un simile stile; se arriva in una tertulìa (conversazione serale) le donne segnandolo a dito, lo chiamano il Gaucho mascherato. In breve, Rosas è fatto segno dovunque ai pungenti epigrammi, per cui i Porténnos godono alta la fama.

Questa lotta mortale al suo orgoglio durò tutti i tre anni del suo reggimento, e quando cesse il potere, coll'odio nell'anima e il fiele nel cuore, fatto certo che tra sè e la città era impossibile un componimento, cacciossi di bel nuovo nei suoi fedeli Gauchos , e nelle sue Estancias , di cui era il signore, ma col fermo proposito di rientrare, quando che fosse, dittatore in Buenos-Ayres, come Silla in Roma colla spada in una mano, la fiaccola nell'altra.

A tal fine egli richiese il governo d'un comando dell'armata che movea contro i selvaggi Indiani. Il governo che lo temeva, avvisando di allontanarlo coll'accedere al suo desiderio, gli diè tutte le truppe di cui gli era fatto disporre, dimentico che correva a rovina accrescendo le forze di Rosas.

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