Giuseppe Garibaldi - I Mille
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Una scelta schiera di prodi dovea aprire la strada nella capitale dei Vespri.
Tucheri dovea condurla, e per compagni egli aveva nientemeno che Nullo, Cairoli, Vigo, Taddei, Poggi, Uziel, Scopini, Perla, Cucchi, ed altri valorosissimi, i di cui nomi, io raccomando vengano pubblicati dal prode Stato Maggiore dei Mille e dai condottieri nobili delle otto famose compagnie, come pure dal capo delle guide, le quali primeggiavano fra i più coraggiosi 16 16 Non potendo, com’è ben naturale, ricordare i nomi di coloro che fecero parte di quella sacra Legione, ho pensato d’introdurvi quei gloriosi martiri dei Mille che mi si presentano alla memoria, sebbene non tutti appartenenti a detta schiera.
.
Quella schiera scelta tra i Mille, non contava il numero, le barricate ed i cannoni che i mercenari dei Borboni avevano assiepati fuori di porta Termini. – Essa tempestava e fugava al ponte dell’ammiraglio gli avamposti nemici, e proseguiva.
Le barricate di porta Termini furono superate volando – e le colonne dei Mille, e le squadre dei Picciotti calpestavano le calcagna della valorosa avanguardia, gareggiando d’eroismo.
Non valse una vigorosa resistenza dei nemici su tutti i punti, nè il fulminare delle artiglierie di terra e di mare, massimamente d’un battaglione di cacciatori indigeni 17 17 V’erano varii corpi stranieri.
collocato nel dominante convento di S. Antonino che ci fiancheggiava sulla nostra sinistra a mezzo tiro di carabina. – Nulla valse: la vittoria sorrise al coraggio ed alla giustizia, ed in poco tempo il centro di Palermo fu invaso dai militi della libertà italiana.
Trovandosi la popolazione della capitale della Sicilia completamente inerme, essa non poteva il primo giorno esporsi ai fuochi tremendi che avean luogo per le strade. – Giacchè non solo sparavano le artiglierie della truppa concentrata in Palazzo Reale, Castellamare, ecc., ma la flotta Borbonica infilando le strade principali, le spazzava coi suoi forti proietti e distruggeva non pochi edifizi con granate e bombe.
Ed ognuno sa che quando i bombardatori 18 18 I bombardatori di città e quei bulli che fucilano individui inermi come i Ciceruacchio ed i volontari fucilati dopo Aspromonte, son gente che non dovrebbero più vivere nei paesi civili, ma come Aynau essere gettati nei fiumi o presi a bastonate.
ponno bombardare una povera città senza esserne molestati, la loro bravura da cannibali si accresce in ragione geometrica.
Ben presto però il popolo di Palermo accorse all’erezione di quei propugnacoli cittadini, che fanno impallidir la tirannide – le barricate – e vi si distinse come direttore il colonnello dei Mille, Acerbi, milite valoroso di tutte le battaglie italiane.
I popolani, armati d’un ferro in qualunque guisa dal coltello alla scure, presentavano nei giorni susseguenti, quelle imponenti masse, irresistibili in una città, a qualunque truppa, per ben organizzata che sia. E quando un’intimazione di deputati borbonici fece significare ai Palermitani: di dover ricorrere alla clemenza del Re, un ruggito di sublime sdegno – somigliante a quello dei terribili nostri vulcani quando scuotono la superficie del globo – si udì nelle illustri vie che risuonano ancora l’eco sterminatore di un esercito di tiranni.
Allora potè vedersi cosa vale una città di dugento mila anime disposta a seppellirsi sotto le macerie dei suoi focolari, pria di piegar il ginocchio sotto la prepotente tirannide.
Da quel momento le barricate sortivan da terra come per incanto – e che barricate! da poter sfidare anche le più forti artiglierie. Palermo n’era stipata. – Ogni finestra di casa presentava un’alta barricata di materassi, cuscini, mobilia d’ogni specie, e le più pesanti suppellettili vedevansi sospese, pronte ad esser precipitate sulle teste dei mercenari, in caso essi avessero tentato di assalire i figli della libertà.
Salve! città dalle grandi memorie – anche questa volta l’eroica tua iniziativa valse la quasi unità della patria italiana, che sarebbe compiuta oggi, senza la prevalenza della menzogna, del dottrinarismo e degli adoratori del ventre!
CAPITOLO XXI
LA CAPITOLAZIONE
Les Républicains sont des hommes,
Les esclaves sont des enfants.
Io ho sempre inteso per repubblicani i propugnatori dei diritti dell’uomo contro la tirannide; e tali eran certamente i Mille ed i loro valorosi commilitoni del 60. Ciò sia detto, spero, per l’ultima volta, a confutazione di quei dottrinari che voglion oggi far monopolio dell’idea repubblicana, come se fossero essi gl’inventori – come se non fossero mai esistite repubbliche – e che hanno sempre l’aria di non volermi perdonare la spedizione di Marsala, per non avervi proclamata la repubblica e di non averla proclamata in altre occasioni, in cui mi sono trovato in comando.
Dopo la Fieravecchia, occupato il palazzo Pretorio col quartier generale, i nostri militi rinforzati sempre dai robusti abitatori delle campagne, armati di cattive carabine – ma audacissimi – i nostri militi, dico, a poco a poco, cacciarono da tutti i punti centrali della città i soldati borbonici verso il Palazzo Reale a mezzogiorno, e verso Castellamare a tramontana. Le comunicazioni tra il quartier generale e la flotta divennero impossibili, ed i primi indizi d’una capitolazione furono: la richiesta del permesso di condurre i feriti nemici sulla flotta, per esser trasportati a Napoli, e quello di seppellire i morti che ammonticchiati nei siti delle pugne, cominciavano ad infettar l’aria.
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1
I due piroscafi che trasportarono i Mille in Sicilia imbarcandoli a Villa Spinola, residenza dell’illustre C. A. Vecchi, che tanto fece in favore della spedizione.
2
Di cuore avrei voluto aggiungere del contadino , ma non voglio alterare il vero. Questa classe robusta e laboriosa non appartiene a noi, ma al prete, col vincolo dell’ignoranza. E non v’è esempio di averne veduto uno tra i volontari. Essi servono, ma per forza, e sono i più efficaci istrumenti del dispotismo e del clero.
3
Per Infinito intendo Dio come lo spazio.
4
Palischermi genovesi.
5
Il comandante Giorgini, facilitando ogni cosa, si acquistò il titolo di benemerito della patria. Il governo però non mancò di punirlo per la sua condiscendenza.
6
In proposito di codesti giovani, che poi non si vollero considerare come facienti parte dei Mille, il generale Garibaldi, in data 25 maggio 1869, scriveva una lettera la quale conteneva la seguente dichiarazione. «Fu per ordine mio che la spedizione Zambianchi in Talamone si staccò dal corpo principale dei Mille per ingannare i nemici sulla vera destinazione di detto corpo.
«Io sono certo che i componenti la spedizione Zambianchi, Guerzoni, Leardi e tutti sarebbero stati degni, come sempre, dei loro compagni, ove avessero avuto la fortuna di partecipare ai gloriosi combattimenti di Calatafimi e di Palermo».
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