Michele Amari - Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I
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27. Waw – w inglese.
28. Ia – i italiana.
La vocale fatha si rende e , e quando è seguíta dalla alef di prolungaz. , â.
La vocale kesra si rende i ed î nel detto caso.
La vocale dhamma si rende o ed û nel detto caso.
Mi rimane adesso a rendere testimonianza degli aiuti altrui. Debbo ai signori Reinaud e Hase, professori, l'un d'arabico, l'altro di greco moderno, nella École des Langues Orientales vivantes a Parigi, quel che so di dette due lingue e della paleografia appartenente all'una o all'altra: debbo loro inoltre di avermi avviato allo studio della erudizione musulmana e bizantina, non meno che guidato nelle ricerche su manoscritti o libri stampati. Mi diè consigli di questa fatta, nel primo anno de' miei studii, il barone Mac-Guckin De Slane, dotto orientalista. E, in ogni tempo, i due professori lodati di sopra m'assisteano cortesemente, anzi amorevolmente, nella interpretazione di qualche passo di testo, o in altra grave difficoltà.
Dissi di sopra che altri mi procacciava copie di parecchi testi arabi. Riconosco tal favore, innanzi ogni altro, dal mio amico il dottor Dozy, or professore d'istoria nella Università di Leyde; il quale, studiando quella ricca collezione di manoscritti, ne prese quanto potea giovare al mio intento. Altri estratti di testi mi sono stati mandati cortesemente da M. Alphonse Rousseau, primo interprete della Legazione francese a Tunis; dal dottor Weil, bibliotecario a Heidelberg; dal professore Gayangos di Madrid; da M. Cherbonneau, professore d'arabo a Costantina; dal signor Wright; e dal conte Miniscalchi da Verona, benemeriti delle lettere arabiche. Tra i non orientalisti, il Conte di Siracusa mi fece ottenere nel 1846 copia di un MS. di Madrid; il duca di Serradifalco impetrò per me lo stesso anno il prestito di un manoscritto di Pietroburgo, il quale mi fu mandato a Parigi per mezzo della Legazione di Russia, con liberalità di cui debbo lodar quel governo, non ostanti le mie opinioni politiche le quali non ho bisogno di ripeter qui. L'ingegnere alemanno signor Honnegar, venendo alcuni anni fa da Tunis a Parigi, mi recò altri squarci di testo, fatti copiare per conto mio. Il lucido d'una iscrizione di Sicilia e alcune notizie bibliografiche ebbi nel 1846 per favore dell'erudito principe di Granatelli, al quale io era obbligato d'altronde per assai più efficaci prove di amistà. Altri lucidi di iscrizioni mi ha fatto copiare il duca di Serradifalco, chiaro per opere archeologiche, e ne tengo anche dal mio amico Saverio Cavallari, ingegnere e archeologo. Debbo far menzione ancora del mio fratel cognato Giuseppe di Fiore, per varie notizie raccoltemi in Sicilia; del dotto ellenista siciliano Pietro Matranga, per aver procacciato il confronto di un testo arabico alla Vaticana; e del signor Power bibliotecario a Cambridge, e del defunto Samuel Lee professore in quella Università, per altro simil favore.
Mentre io studiava in Parigi, risegnato lo impiego nel Ministero di Palermo e lo stipendio di quello che m'era unico mezzo di sussistenza, parecchi amici dal 1844 al 1846 mi soccorsero di danaro, da rimborsarsi col prezzo dell'intrapreso lavoro. Il fecero per benevolenza verso di me, e zelo per un'opera che speravano illustrasse la storia del paese: tra i quali se alcuno partecipava delle mie opinioni politiche e altri allora vi si avvicinava, altri non era meco legato che di privata amistà; nè questa associazione ebbe mai indole nè scopo politico, foss'anco di mera dimostrazione. L'associazione fu promossa dal barone di Friddani e da Cesare Airoldi, nominato di sopra; la secondarono in Sicilia Mariano Stabile, amico mio dalla fanciullezza, il principe di Granatelli e altri amici; e lo Stabile si incaricò di riscuotere il danaro in Sicilia, e, riscosso o no, me ne somministrava. Io accettai la profferta. Soscrissero Cesare Airoldi, Massimo d'Azeglio, la signora Carpi, il barone di Friddani, la famiglia Gargallo, Giovanni Merlo, Domenico Peranni, il marchese Ruffo, il duca di Sammartino, il principe di Scordia, il conte di Siracusa, Mariano Stabile, il signor Troysi, e quegli che primo mi avea confortato agli studii storici tanti anni innanzi, il carissimo mio Salvatore Vigo; i nomi dei quali ho messo per ordine alfabetico. Non tutti fornirono la stessa somma di danaro: poichè chi pagò in una volta tutte le cinque quote di ogni messa, le quali si doveano fornire successivamente; e chi fu richiesto d'una o due quote, e non fu sollecitato per le altre: i particolari del qual conto van trattati tra me e i soscrittori, e al pubblico non ne debbo dir altro che il beneficio e la gratitudine mia. Mutato alla fin del 1846 il disegno della pubblicazione, e intrapresa questa dall'editore signor Le Monnier, io non ho altrimenti usato, d'allora a questa parte, il comodo che mi aveano offerto sì liberalmente i soscrittori.
Parigi, luglio 1854.
TAVOLA ANALITICA DELLE SORGENTI ARABICHE DELLA STORIA DI SICILIA
PARTE PRIMA.– OPERE PERDUTE
I. Ibn-Katâ'(Abu-'l-Kasem-Ali-ibn-Gia'far-ibn-Ali, detto Ibn-Katâ') discendente della regia schiatta aghlabita, nacque in Sicilia il 433 (1041-1042); uscì dopo il conquisto normanno, e morì in Egitto il 515 (1121-1122). Di questo sommo filologo darò, a suo luogo, la biografia. Tra le molte opere ch'ei scrisse, era un Târîkh-Sikillîa (Cronica di Sicilia) ricordato da Soiûti 26 26 MS. del dottor John Lee, e MS. di Parigi, al nome Ali-ibn-Gia'far etc.
e da Hagi-Khalfa 27 27 Ediz. di Fluegel, tomo II, p. 135, nº 2243; e tomo III, p. 203, nº 4935.
. Nessuno annalista par che abbia letto quella cronica. Compose di più El-Dorra-el-Khatîra (La nobil Perla), antologia dei versi di censettanta poeti arabo-siculi 28 28 Soiûti e Hagi-Khalfa, l. c.
, della quale molti frammenti ci ha conservato Imad-ed-dîn da Ispahan 29 29 Imad-ed-dîn, nella Kharîda , tomo XI, MS. di Parigi, Ancien Fonds 1375, fog. 20 verso, e MS. del British Museum, Rich. 7593.
; e ciò si vegga al nº XXVIII della parte seconda di questa Tavola.
II. Abu-Zeîd-el-Gomri, di origine berbera come sembra al nome, scrisse anch'egli una cronica di Sicilia. Lo afferma Sekhâwi, autore del XV secolo, in un suo studio di storiografia 30 30 MS. di Leyde, 677, Warn, notato nel Catalogo del Dozy, tomo II, pag. 142, nº DCCXLVI. Debbo questa notizia al Dozy stesso.
; e lo ripete Hagi-Khalfa 31 31 Ediz. Fluegel, tomo II, p. 135, nº 2213.
. Nè il primo nè il secondo ci dicono dove e in qual tempo sia vivuto questo Abu-Zeîd; non citato per altro da alcuno annalista.
III. Ibn-Rekîk(Abu-Ishâk-Ibrahîm-ibn-Kasem-ibn-Rekîk) liberto ei medesimo, o il padre, come potrebbe argomentarsi dalla voce rekîk (schiavo), fu segretario in un oficio pubblico a Kairewân, verso la fine del decimo secolo 32 32 Baiân , tomo I, p. 254, nell'anno 387 (997), cita uno squarcio d'Ibn-Rekîk sopra un magistrato per nome Iusûf, col quale ci solea fare il giro delle province per levar le tasse.
. Egli scrisse una Cronica d'Affrica, che talvolta fa menzione della Sicilia, ed è citata spesso dai compilatori: Ibn-Wuedrân, Ibn-Abbâr, Ibn-Adsari autore del Baiân , Ibn-Khaldûn, Nowairi, Tigiani, Leone Affricano. Quantunque io accetti il giudizio del dotto barone De Slane, il quale gitta su le spalle d'Ibn-Rekîk le favole che si mescolarono al racconto delle prime guerre dei Musulmani in Affrica 33 33 Lettre à M. Hase , nel Journal Asiatique , série IV, tomo IV, p. 349 e 350; Histoire des Berbères par Ibn-Khaldoun , tomo I, p. 292, nota del traduttore.
, penso pure che costui potea compilar senza critica le narrazioni dei tempi andati, e scrivere schiettamente le vicende de' suoi proprii. Si badi a tal distinzione, quante volte si vedrà citata l'autorità d'Ibn-Rekîk nel corso del presente lavoro.
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