Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3
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Tempore praeterito Tellus divisa maligno
Unitur tuo ecce, tuente Deo [27] Leggesi questo Carme presso Pellegr. loc. cit. pag. 223.
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Siccome il valore e prudenza di Atenulfo I potè far argine alla ruina de' Longobardi, la quale per le tante rivoluzioni e disordini di queste province, era imminente; così ora la potenza di Pandulfo Capo di ferro trattenne alquanto il corso della loro caduta; ma s'avrebbe potuto sperare dal valore di questo Principe qualche buon frutto, se non avesse già poste profonde radici quella pessima usanza de' Longobardi di partir ugualmente i loro Stati tra' loro figliuoli, i quali se bene presentemente si vedevano ne' titoli uniti in una sola persona, non è però, che Capo di ferro non avesse aggiudicato il Principato di Benevento a Landulfo IV, suo figliuolo, e quello di Salerno a Pandulfo altro suo figliuolo. Tutti i Principi longobardi della razza di Landulfo I Conte di Capua, que' di Benevento ancora e gli altri di Salerno, ebbero costume di provvedere tutti i loro figliuoli di proprj Feudi; e se bene nel principio gli amministravano indivisi, ancorchè ciascuno riconoscesse la sua parte, e sotto le medesime leggi; nulladimanco la condizione umana dovea portare per conseguenza la discordia fra di loro, onde poi divisi in fazioni diedesi agli esterni pronta occasione d'occupargli. Le massime della politica s'apprendevano allora dalla Scrittura Santa, non avendo per la barbarie de' tempi altri libri donde fossero meglio istrutti: essi leggendo quivi l'ammonizione di Davide, dicente, non esservi cosa più gioconda, che habitare fratres in unum , si regolavano da questo detto: ma non vedevano che ciò era ben da desiderare, e conseguito da tenersi caro; ma per la condizione umana era difficile a porsi in pratica; e potevano dalla medesima scrittura apprendere, che ogni regno diviso, per se stesso sì dissolverebbe. Comunque siasi non gli dava il cuore che al primogenito si dasse tutto, per ciò fattosi luogo alla successione, la città principale era ritenuta dal primogenito, e gli altri fratelli erano investiti di Contadi ed altri Feudi, de' quali per essere i possessori della stessa razza, da dependenti Signori, che ne erano, se ne rendevano assoluti. Così abbiam veduto di Radelchiso Principe di Benevento, il quale avendo da Caretruda generati dodici figliuoli, oltre Radalgario, che gli succedette, gli altri furono tutti Conti. Lo stesso accadde del Principato di Salerno, il quale, come si è detto, diviso da Gisulfo, con indignazione de' Salernitani, in tanti Contadi tra i figliuoli di Landulfo, fu veduto possedersi da tanti, oltre i Proceri salernitani, i quali ne' loro castelli viveano ben fortificati con assoluto ed independente arbitrio.
Ma sopra tutto il Principato di Capua patì questa deformazione; poichè dalla razza d'Atenulfo, come dal cavallo trojano ne uscirono tanti Conti e Signori, che riempierono non meno Capua, che Benevento di Contadi e Signorie. Del sangue di questo Principe uscirono i Conti di Venafro, di Sessa, d'Isernia, di Marsico, di Sarno, di Aquino, di Cajazza, di Teano e tanti altri. Li quali se bene, come si è altre volte detto, nel principio fossero stati conceduti in Feudo, nulladimanco poi ciò che era loro stato dato in amministrazione passò in signoria; ed insino a questi tempi la cosa era comportabile, perchè la concessione per la morte o fellonia del Conte, restava estinta, nè il Contado passava all'erede; ma in questi tempi indifferentemente praticavasi, per la ragione altrove rapportata, che passasse a' figliuoli ed eredi, concedendosi l'investiture pro se et haeredibus , siccome tra gli antichi monumenti si legge investitura fatta nell'anno 964 in Capua da Pandulfo Capo di ferro, e da Landulfo suo figliuolo della città d'Isernia colle sue pertinenze a Landulfo e suoi eredi [28] Leggesi questa investitura presso Ciarlant. nel Sannio, pag. 241. Concedimus et confirmamus tibi supranominato Landulfo Comiti dicto fratri nostro et haeredibus tuis praedictam civitatem Iserniae cum omnibus castellis, etc. ad avendum et possidendum et fruendum et dominandum vos et haeredibus vestris.
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Così concedendosi tanti Contadi e Feudi, non solo vennero a multiplicarsi e poi dividersi in tante parti, ma investendone quelli del medesimo loro sangue, si invogliavano ad aspirare alla signoria independente, e posero con ciò in iscompiglio e disordine gli Stati, che per ultimo restarono preda d'altre nazioni.
§. I. Cognomi di famiglie restituiti presso di noi, che per lungo tempo erano andati in disuso
Dal numero di tanti Feudi e Contadi posseduti da varie famiglie, sursero i cognomi per disegnarle; poichè i Longobardi non avendo cognomi per denotare le particolari famiglie, dalle città e terre che possedevano ed ove aveano fermata residenza, presero i cognomi; e cominciossi tratto tratto in queste nostre parti a restituire il costume degli antichi Romani; i quali cognomi se bene in questi tempi degli ultimi nostri Principi longobardi si cominciassero a restituire, succeduti da poi i Normanni, questi furono che gli accrebbero in immenso, onde si restituirono in tutti i cognomi, che diedero da poi distinzione alle famiglie.
I Romani, che non conobbero Feudi trassero i cognomi altronde, non da' luoghi che forse avessero i loro maggiori posseduti. Ma come che presso i medesimi la pastorizia e l'agricoltura era avuta in molta riputazione, moltissime famiglie trassero il cognome dalle cose rusticane a queste appartenenti: quindi i Latuzj, i Melj, gli Frondisj, i Fabj, i Pisoni, i Lentuli ed i Ciceroni; e dalla pastorizia, i Bubulci, i Bupecj, Juvenci, i Porzj, Scrofe, Pilumni, Juni, Satirj, Tauri, Vituli, Vitellj, Suilli, Capriani, Ovini, Caprillj, Equini ed altri, de' quali fece lungo Catalogo il Tiraquello [29] Tiraq. de nobilit. cap. 32 num. 10. V. Alex. ab Alex. dier. gen. V. Sirm. in Sidon. tom. 1 in praefat.
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Anche presso i medesimi sortirono le famiglie il cognome dalla natura, che ora propizia, ora inimica deformò loro il corpo o l'animo d'alcun vizio, o l'arricchì di qualche speziale avvenenza, o di buon costume: così dalla larghezza de' piedi, surse il cognome de' Planci; dalla grassezza, quello de' Grassi; dagli capegli l'altro de' Cincinnati; da' nasuti, i Nasoni e tanti altri. Sovente da' costumi, come Metello Celere, dalla sua celerità; altronde dal caso, come Valerio Corvino; altrove dal luogo conquistato, come Scipione Affricano, e così degli altri [30] V. Knipschild. de Fideicom. c. 1 num. 20.
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Ma presso questi ultimi nostri Longobardi per la maggior parte i cognomi sursero dalle città e castelli, che i loro antenati possederono, e ne' quali essi trasferivano la loro abitazione, ed ivi dimoravano in tutto il tempo della loro vita. Così dal castello di Presensano surse il cognome di Presensano , la qual famiglia insieme col castello mancò in Capua dopo il tempo del Re Roberto. Così ancora presso Erchemperto [31] Erchemp. num. 26.
, Marino in cognominato Amalfitano, perchè presideva in Amalfi, della quale città fu Duca; e presso il medesimo Autore [32] Erchemp. num 27 et 67.
, Landulfo fu appellato Suessulano, perchè presideva a Suessula; e da Lione Ostiense [33] Ostiens. lib. 1 cap. 49.
Gregorio fu cognominato Napoletano, perchè fu Duca di Napoli; e il medesimo Autore [34] Lib. 2. cap. 15.
cognominò Landulfo di Santa Agata (del quale più innanzi parleremo) non per altro, perchè fu Conte di quella città. E poichè tutti questi Proceri da Capua, dalla prosapia d'Atenulfo discesero, perciò presso gli Scrittori di questi tempi furono anche detti Nobili capuani, onde surse il cognome della illustre Famiglia capuana, e furon detti per lungo tempo Nobili capuani tutti coloro che furono della razza de' Conti e Principi di Capua, ancorchè fossero divisi in più famiglie, come il dimostra con somma accuratezza il diligentissimo Pellegrino [35] Pellegr. de Stem. Princ. Long. p. 287.
: quindi si fece che alcuni ritenessero anche da poi il cognome di Capuani o di Capua ; ed altri dai luoghi che possedevano, ancorchè dell'istesso genere, si cognominarono. Così la famiglia di Sesto surse dal castello di questo nome nel Contado di Venafro, che da' Conti di questo luogo e da Pandulfo, al quale fu dato il cognome di Sesto, uscì, della quale parla Pietro Diacono [36] In Auctuar. ad Ostiens. lib. 4 cap. 75.
; la qual famiglia sotto il Re Guglielmo II ancor si legge essersi mantenuta con sommo splendore, ed occupare i primi posti della milizia, come potrà osservarsi presso Luigi Lello [37] Aloys. Lellus in Elencho privilegiorum Archiepiscopalis Ecclesiae Montis Regalis, num. 4.
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