Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3

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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 3: краткое содержание, описание и аннотация

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Non mancò chi credette, che al Metropolitano di Siponto, quando Benedetto IX, l'innalzò a tal dignità, le avesse ancor dati quattro Vescovi per suffraganei, cioè quello di Troja, l'altro di Melfi, e quelli di Monopoli e di Rapolla; ma come ben pruova l'Ughello, questi o non mai, o per poco tempo salutarono l'Arcivescovo di Siponto come lor Metropolitano; poichè nel Concilio lateranense celebrato nell'anno 1179, sotto Alessandro III, i Vescovi di Melfi, e di Monopoli si sottoscrissero con gli altri Vescovi immediatamente sottoposti alla Sede Appostolica; e que' di Troja, e di Rapolla non v'intervennero; e nel vecchio Provincial romano scritto da più di cinquecento anni addietro, questi due si dicono appartenere alla Provincia romana, e negli ultimi tempi quello di Rapolla fu estinto, ed unito al Vescovo di Melfi.

Non si vede ora l'Arcivescovo di Benevento avere suffraganei ne' due Apruzzi , che prima eran compresi nel Principato di Benevento; poichè i Vescovadi di queste due province, quasi tutti, come a Roma vicini, furono immediatamente sottoposti alla Sede Appostolica. L'Aquila edificata dall'Imperador Federico II, sopra le ruine d'Amiterno, del cui Vescovo fassi spessa memoria nell'Epistole di S. Gregorio M. fu fatta sede Vescovile da Alessandro IV, il quale da Forcone col consentimento di Bernardo, che n'era Vescovo, intorno l'anno 1257, traslatò quivi la sede, ed avendola collocata nella chiesa de' SS. Massimo e Giorgio, ordinò, che non si nomasse più Vescovo di Forcone, ma dell'Aquila, secondo che appare per la Bolla sopra di ciò spedita, riferita dal Bzovio negli Annali ecclesiastici, e se ne conserva copia autentica in pergameno nell'Archivio del convento di S. Domenico di Napoli, fatta estrarre ad istanza del Vicario di Paolo suo Vescovo nell'anno 1363. E questa Chiesa non è ad alcun Metropolitano suffraganea; ma immediatamente sottoposta a quella di Roma. Chieti parimente ebbe il suo Vescovo sotto l'immediata subordinazione del Papa, e non fu, se non negli ultimi tempi da Clemente VII, nell'anno 1527, renduta metropoli, a cui per suffraganei furono dati i Vescovi di Penna, d'Adria, e di Lanciano; ma questi pure da poi se ne sottrassero, e ritornarono sotto l'immediata soggezione di Roma; e Lanciano fu poi in metropoli innalzato, ma senza darsegli suffraganeo alcuno, ritenendo solamente le preminenze ed il titolo di Arcivescovo; e solo il Vescovo di Ortona rimane ora suffraganeo al Metropolitano di Chieti.

Principato di Salerno

Il Principato salernitano meritava pure, che in questo decimo secolo, siccome quello di Capua e di Benevento, avesse il suo Metropolitano; onde è che Giovanni Principe di Salerno ne richiese il Pontefice Benedetto VII, il quale nell'anno 974, innalzò questa città in metropoli, ed istituì Arcivescovo di quella Amato [119] V. Ughel. Ital. Sacr. de Archiep. Saler. ; gli fu poi confermata questa prerogativa dal Pontefice Giovanni XV, onde l'Indice aggiunto all'Istoria del Regno d'Italia del Sigonio, che rapporta l'istituzione di questo Arcivescovado a Sergio IV nel 1009 contiene manifesto errore. Ebbe prima per suffraganei molti Vescovi, fra' quali furono quelli di Cosenza, di Bisignano, e di Acerenza. Questi, secondo la disposizione delle sedi sottoposte al Trono costantinopolitano, rapportata nel libro sesto di quest'istoria, furono attribuiti dall'Imperador Lione, cioè i Vescovi di Cosenza e di Bisignano al Metropolitano di Reggio, di cui erano suffraganei, e il Vescovo d'Acerenza al Metropolitano di S. Severina; ma da poi furono restituiti al Trono romano, e al Metropolitano di Salerno aggiudicati. Il Vescovo di Consa parimente era suo suffraganeo, siccome quello di Pesto, di Melfi, de la Calva, di Lavello, e di Nola; ma da poi quel di Pesto fu unito a quello di Capaccio, gli altri di Melfi, di Lavello e di Bisignano, se ne sottrassero, e si sottoposero immediatamente alla Sede Appostolica, e quello di Nola fu fatto suffraganeo all'Arcivescovo di Napoli. Il monastero della Cava, essendo surto in questi tempi, di cui Alferio ne fu il primo Abate, innalzato poi in amplissima dignità, e da Urbano II nel 1091 decorato il suo Abate Pietro dell'uso della Mitra, fu da Bonifacio IX eretto in Cattedrale [120] Ab. de Nuce in Ostiens. lib. 2 cap. 30. . Ma Lione X diede poi alla Cava particolar Vescovo, e fu quello sottoposto immediatamente alla Sede Appostolica. Tre altri di questi Vescovadi furono da poi ancor innalzati a metropoli, e furon que' di Consa, di Acerenza e di Cosenza.

Il Vescovo di Consa da chi, ed in quali tempi fosse stato innalzato a Metropolitano, è molto incerto: forte conghiettura è quella dell'Ughello [121] Ughell. Ital. Sacr. de Archiep. Comps. , che crede da Alessandro II, ovvero da Gregorio VII suo successore, essersi Consa resa metropoli; poichè si vede, che nell'anno 1051 sotto il Ponteficato di Lione IX il Vescovo di Consa era ancor suffraganeo all'Arcivescovo di Salerno; ed il primo, che s'incontra nominarsi Arcivescovo di Consa, fu Lione, che visse sotto il Ponteficato di Gregorio VII, e da questo Lione poi successivamente senz'interruzione si veggono tutti gli altri nominati Arcivescovi. Gli furon dati per suffraganei i Vescovi, che di tempo in tempo s'andavan ergendo ne' luoghi vicini; onde se gli diede il Vescovo di S. Angelo de' Longobardi, quello di Bisaccia, di Lacedogna, di Montemurro, di Muro, e di Satriano; ma quest'ultimo passò poi sotto il Metropolitano di Salerno. Dell'altro di Belfiense, di cui nel Provinciale Romano fassi memoria, come sottoposto al Metropolitano di Consa, non ve n'è ora presso di noi alcun vestigio.

Il Vescovo d'Acerenza, che prima, secondo la Novella di Lione, era suffraganeo al Metropolitano di S. Severina, sottoposto al Patriarca di Costantinopoli, restituito al Romano, riconobbe per Metropolitano l'Arcivescovo di Salerno, e si legge dall'anno 993 insino al 1051 essere stato a costui suffraganeo. Fu poi da Niccolò II innalzato, e renduto Metropolitano; poichè ciò che alcuni scrissero questa dignità essergli stata conferita da Benedetto V, s'asserisce senza verun legittimo documento. Alessandro II, che a Niccolò succedè, nell'anno 1067 confermò all'Arcivescovo Arnolfo questa prerogativa di Metropolitano, e l'uso del Pallio; e gli diede per suffraganee le Chiese di Venosa, di Montemilone, di Potenza, Tulba, Tricarico, Montepeloso, Gravina, Oblano, Turri, Tursi, Latiniano, S. Quirico, e Virolo co' suoi castelli, ville, monasteri, e plebe; onde il nome degli Arcivescovi d'Acerenza cominciò a sentirsi, di cui anche nelle nostre decretali [122] Decretal. cap. cum Clem. de Testam. cap. si de collus. de reg. Eccles. Inn. III. in cap. cum olim, de Cleric. conjug. sovente accade farsene ricordanza. Ma in decorso di tempo, desolata Acerenza, per le continue guerre, d'abitatori, bisognò che a lei per sostenerla s'unisse la Chiesa di Matera, la quale da Innocenzio II, essendo stata renduta cattedrale, fu con perpetua unione congiunta a quella d'Acerenza con legge, che l'Arcivescovo d'Acerenza per accrescer dignità alla Chiesa di Matera, si chiamasse ancora Arcivescovo di Matera, e che quando dimorava in Acerenza, nelle scritture il nome di Acerenza fosse posto innanzi a quello di Matera; e tutto al rovescio poi si praticasse quando l'Arcivescovo trasferiva sua residenza in Matera. Questa alleanza non durò guari, poichè sotto Eugenio IV per togliere le discordie fra i Capitoli, e' cittadini dell'una e dell'altra città, furono divise, ed assegnato a Matera il proprio Vescovo. Tornaronsi poi ad unire; ma sotto Lione X insorte nuove contese, finalmente nel Ponteficato di Clemente VII fu dalla Ruota romana deciso il litigio a favor d'Acerenza, conservandole le antiche sue ragioni e preminenze. Ma questa città ridotta nell'ultimo scadimento, avendo perduto l'antico suo splendore; ed all'incontro, siccome portano le vicende delle mondane cose, Matera essendo divenuta più ampia, e d'abitatori più numerosa, bisognò trasferire la sede degli Arcivescovi di Acerenza in Matera, ove ora tengono la loro residenza; e le restano ancora cinque Vescovi suffraganei, quello d'Anglona trasferito nell'anno 1546 da Paolo III per la sua desolazione in Tursi, quello di Gravina, e gli altri di Potenza, di Tricarico e di Venosa.

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