Pietro Giannone - Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5

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Istoria civile del Regno di Napoli, v. 5: краткое содержание, описание и аннотация

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Prefigge in prima certo termine al Re Manfredi, perchè comparisse avanti di lui e dassegli soddisfazione, ed ammenda di tutto ciò, che contro la Sede Appostolica avea attentato, altramente l'avrebbe deposto, scomunicato e privato di tutti gli onori; ma non comparendo Manfredi, poco curante di queste minaccie, egli lo scomunica, lo dichiara ribelle, inimico della romana Chiesa, e sacrilego occupatore e predone delle sue ragioni, e che avea stretta confederazione co' Saraceni, de quali s'era fatto Capo. Lo priva del Principato di Taranto e di tutti i feudi, ragioni, onori e preminenze. Lo dichiara reo di esecrandi delitti, di aver preso, ed in oscuro carcere posto Fra Ruffino suo Cappellano, e suo Legato in Sicilia e Calabria; d'aver stese le sacrileghe mani sopra i beni delle Chiese del Regno di Sicilia; d'aver preso, e con dure catene tenuto in istrette prigioni l'Arcivescovo di Brindisi, con ispogliarlo di tutte le sue robe; e d'avere con esecrando ed orribile attentato aspirato al soglio regale di Sicilia, con aver occupato quel Regno devoluto alla Sede Appostolica, e sacrilegamente fattosene incoronare Re, senza sua permissione e consenso. Dichiarava perciò col voto, e consiglio de' suoi Cardinali Manfredi scomunicato, nulla ed irrìta la sua incoronazione, e tutti gli atti di unzione, ed ogni altro attinente a quella.

Interdisse tutte le città, luoghi e castelli, che ricevessero Manfredi, e lo avessero per Re. Proibì a tutti gli Arcivescovi, Vescovi, Abati e qualunque altra persona ecclesiastica di celebrare i divini uffici presente Manfredi, e che non ricevessero da lui beneficii ecclesiastici, e niuna amministrazione di Chiesa o monasteri; e che coloro, che si trovassero avergli ricevuti, fra due mesi dovessero onninamente resignargli.

Oltre ciò, asserendo egli, che mentr'era in Napoli rigorosamente avea ordinato a tutti i Prelati, ed a qualsivoglia persona ecclesiastica, che non s'accostassero a Manfredi, nè gli mandassero ambasciadori, nè ricevessero messi da lui inviati, nè gli prestassero ajuto, o consiglio; che ciò non ostante, contro questo suo divieto, quasi tutti gli Arcivescovi, Vescovi, Abati ed altri Prelati del Regno di Sicilia s'erano portati a Palermo, ed erano intervenuti alla di lui incoronazione: perciò avea fatti citar generalmente tutti coloro, che v'erano intervenuti, e nominatamente alcuni, che dovessero comparire personalmente fra certo termine avanti di lui; ma perchè niuno era comparso, niente curando della intimazione fattagli; perciò scomunicava Rinaldo Vescovo d'Agrigento, e lo deponeva dalla vescovil dignità, per aver colle sacrileghe sue mani unto in Re quel Principe, ed avea nel giorno dell'incoronazione solennemente celebrata la messa. Scomunicava ancora l'Arcivescovo di Sorrento, e lo deponeva della sua Chiesa come anche l'Abate Cassinense, privandolo del governo di quel monasterio per aver assistito a detta unzione e coronazione; comandando a' Capitoli delle Chiese d'Agrigento e di Sorrento, al Convento del monasterio di Cassino, ed a tutti i vassalli delle Chiese e monasterio suddetti che non li ubbidissero nè li riconoscessero per tali; nè più gli contribuissero l'entrate e loro ragioni. Agli Arcivescovi di Salerno, di Taranto e di Monreale, ch'erano parimente intervenuti alla coronazione, li quali all'indegno capo di Manfredi avean posta la real corona, e l'aveano posto nel regal Trono di Palermo, citò con termine perentorio e prefisso, che dovessero personalmente presentarsi avanti di lui nella prossima festività dell'ottava de' SS. Pietro e Paolo. La carta di queste terribili censure che Alessandro scagliò contro Manfredi e suoi partigiani, ove con formole orrende si lanciano tanti fulmini ed interdetti, vien rapportata dal Tutino e si legge nel suo trattato de' Contestabili del Regno [67] Tutin. de' Contest. pag. 63 et 64. .

Ma di questi fulmini non si facea alcun conto, erano riputati vani e senza ragionevol cagione scagliati; onde non si mossero punto nè Manfredi nè le città del Regno nè i Prelati, nè que' Popoli ad obbedirgli; anzi Manfredi godendo il frutto delle tante sue vigilie e sudori, sovente divertivasi in giuochi e nelle caccie rigorosamente comandando che si proseguissero per tutte le Chiese del Regno, come prima i divini uffici, nel che non incontrò veruna repugnanza ne' Prelati, ed in tutte l'altre persone ecclesiastiche. E resosi da per tutto potente e glorioso, già stendeva le sue forze fuori dei confini del Regno, e nell'altre parti d'Italia avea reso celebre e famoso il suo nome, tanto che per lui la fazione Ghibellina cominciò a sollevarsi sopra la Guelfa; ed in Lombardia ed in Fiorenza avea fatti mirabili progressi.

E perchè vedeva, che l'opulenza dell'uno e l'altro Regno, ancorchè fosse grande, non avrebbe bastato a mantenere grandi eserciti come bisognava, che e' tenesse per l'inimicizia de' Pontefici romani, prese partito di mandare parte dell'esercito in Toscana e parte in Lombardia in sussidio de' Ghibellini; onde venia insieme ad evitar la spesa, ed a divertire il pensiero del Papa dal molestarlo, al quale era più necessario attendere alla conservazione de' Guelfi, del patrimonio di S. Pietro, di Romagna e della Marca [68] Costanzo lib. 1 hist. di Nap. . Ed egli rimase nel Regno, dove trattanto viveva quel tempo con molta felicità e splendidezza: dimorando nelle città marittime di Puglia e più d'ogni altra in Barletta.

Or mentr'egli dimorava in questa città giunsero quivi gli Ambasciadori della Regina Elisabetta , secondo l'Anonimo, ovvero di Margherita (secondo per una carta che rapporta, crede il Summonte) madre del Re Corradino e del Duca di Baviera, i quali esposero a Manfredi la loro ambasciata dicendogli, che Corradino era vivo, e che si doveano punire quelli che falsamente aveano pubblicata la sua morte; onde in nome della Regina e del Duca lo pregavano che volesse lasciare il Regno, che legittimamente era di Corradino. Manfredi ricevè gli Ambasciadori con grand'onore e stima; e come molto accorto e prudente avendo prevista l'ambasciata, prontamente loro rispose: ch'era già notorio e palese a tutti, che il Regno era perduto per Corradino, e che egli con tanti sudori e vigilie per viva forza avealo ricuperato dalle mani di due Pontefici: ch'essendo Corradino di poca età tornerebbe facilmente a perderlo; ed i Pontefici romani fieri inimici della casa Sveva con facilità glielo ritoglierebbero; oltre che le genti del Regno non avrebbero comportato, dovendosi egli valere de' Tedeschi, dei quali aveano orrore, che dominasse più in quello la nazion tedesca; che non bisognava ora che i popoli erano assuefatti al suo dominio, ed alle sue maniere placide ed all'Italiana, con dar loro nuovo Principe, mettersi in pericolo di nuove rivoluzioni; e perchè si scorgesse, che non per ambizion di regnare, ma per maggior utile del piccolo Re, egli non lasciava il Regno, prometteva di conservarlo per lui e governarlo per lui, e mentr'egli vivea, e da poi lasciarlo a Corradino: che perciò avrebbe la Reina fatto assai prudentemente di mandarlo a lui ad allevare, acciocchè apprendesse i costumi italiani perch'egli l'avrebbe tenuto, non come nipote, ma come proprio suo figliuolo [69] Costanzo lib. 3. . Gli Ambasciadori ricevuta tal risposta, chiesta licenza, si partirono riccamente presentati; e mandò al Duca di Baviera dieci corsieri bellissimi, ed al picciolo Corradino molte gioie.

Rimandati con queste risposte i Legati del Duca e della Regina, riputando questa infelice Principessa esser molto dura e difficil impresa poter colle sue forze ritoglier ora dalle mani di Manfredi il Regno, le fu forza dissimular il tutto, riserbando a tempo migliore di poter vedere il piccolo Re suo figliuolo restituito al Trono di Sicilia.

Intanto Manfredi stabilito ora più che mai nel Regno, avendo abbassate le forze del Pontefice, e dei Guelfi in Italia, s'era reso formidabile a tutta Italia, avea esteso oltre quella la sua fama e grido per tutte le altre Nazioni d'Europa per lo suo coraggio, munificenza e splendidezza, e per tutte le altre virtù, che adornavano la sua persona, veramente regie. Si vide perciò favorito e stimato da quasi tutti i Principi di Europa, co' quali egli trattava con estraordinaria magnificenza e splendore; ed accadde in questi tempi, ch'essendo venuto a Bari Baldovino Imperador di Costantinopoli, trovandosi egli in Barletta, andò subito cortesemente a riceverlo, e lo trattenne in splendidissime feste e diversi giuochi d'armi; e non perdonando a spese, fece far superbi apparati e giostre continue, ove furono invitati i Signori più riguardevoli così dell'uno, come dell'altro reame.

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