Volodyk - Paolini1-Eragon.doc

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Eragon si accigliò e bevve qualche sorso di té in silenzio. Era ancora bollente da scottargli la gola. Quella era casa sua, e chi fosse o non fosse suo padre non contava nulla! «Che cosa è successo ai nani dopo che i Cavalieri furono annientati?»

«Nessuno lo sa per certo. Combatterono al fianco dei Cavalieri nelle prime battaglie, ma quando fu chiaro che Galbatorix avrebbe vinto, sigillarono tutti gli ingressi noti delle loro gallerie e scomparvero sottoterra. Per quanto ne so, nessuno li ha più visti da allora.»

«E i draghi?» chiese Eragon. «E loro, che fine hanno fatto? Non possono essere stati uccisi tutti.» Brom assunse un'espressione dolente. «È il più grande mistero di Alagasëia: quanti draghi sono sopravvissuti agli ignobili massacri di Galbatorix? Il re disse che avrebbe risparmiato quanti avessero accettato di servirlo, ma soltanto i draghi dei Rinnegati potevano assecondare la sua follia. Se è rimasto qualche drago vivo, a parte Shruikan, dev'essersi nascosto dove l'Impero non potrà mai trovarlo.»

E allora il mio drago da dove viene? si chiese Eragon. «Gli Urgali erano già qui quando gli elfi giunsero in Alagasëia?» chiese.

«No, seguirono gli elfi sul mare, come zecche succhiasangue. Furono una delle ragioni per cui i Cavalieri divennero sempre più stimati e apprezzati per il loro valore in battaglia e la capacità di mantenere la pace... Si può imparare molto dalla storia, È un peccato che il re lo abbia reso un argomento scottante» riflette Brom.

«Sai, ti ho ascoltato raccontare quel mito l'ultima volta che sono stato in città.»

«Mito!» ruggì Brom, gli occhi che sprizzavano scintille. «Se questo è un mito, allora sono vere le voci che parlano della mia morte, e tu stai parlando con un fantasma! Rispetta il passato: non puoi mai sapere in che modo ti segnerà.»

Eragon attese che il volto di Brom si rasserenasse prima di chiedere ancora; «Quanto erano grandi i draghi?»

Una voluta di fumo grigio salì oltre la testa di Brom, come un ciclone in miniatura. «Più di una casa. Anche i più piccoli avevano un'apertura alare di cento piedi; non smettevano mai di crescere. Alcuni degli antichi, prima che l'Impero li sterminasse, potevano essere scambiati per colline.» Eragon cadde in preda all'avvilimento. C ome farò a nascondere il mio drago negli anni futuri? Sebbene dentro si sentisse fremere, si sforzò di mantenere un tono neutro. «Quando maturavano?» «Be'» disse Brom, grattandosi il mento. «non potevano sputare fuoco se non verso i cinque, sei mesi, quando raggiungevano anche la capacità di riprodursi. Più vecchio era un drago, più a lungo poteva sputare fuoco. Alcuni ci riuscivano per minuti interi.» Brom soffiò un anello di fumo e lo guardò fluttuare verso il soffitto.

«Ho sentito dire che le loro squame brillavano come gemme.»

Brom si protese in avanti e borbottò: «Hai sentito bene. Erano di ogni forma e colore. Si diceva che un gruppo di draghi avesse l'aspetto di un arcobaleno vivente, sfolgorante, in perenne mutamento. Ma chi te ne ha parlato?»

Eragon ammutolì per un istante, poi mentì. «Un mercante.»

«Come si chiamava?» domandò Brom, le folte sopracciglia corrugate in un'unica striscia bianca, la fronte aggrottata. La brace nella pipa languiva.

Eragon fece finta di riflettere. «Non lo so. Stava parlando da Morn, ma non so chi fosse.» : «Peccato» mormorò Brom.

«Ha detto anche che un Cavaliere poteva sentire i pensieri del suo drago» si affrettò ad aggiungere Eragon, sperando che il suo mercante fittizio lo proteggesse dai sospetti.

Brom socchiuse gli occhi. Con lenti gesti, riprese la scatola con l'acciarino e accese di nuovo la pipa. Si levò un filo di fumo mentre aspirava a fondo ed espirava lentamente. Con voce atona disse: «Non è vero. Nessuna storia ne parla, e io le conosco tutte. Ha detto altro?»

Eragon si strinse nelle spalle. «No.» Brom mostrava troppo interesse per il mercante immaginario. Il ragazzo tentò di sviare il discorso. «I draghi vivevano a lungo?»

Brom non rispose subito. Teneva il mento appoggiato sul petto, meditabondo, mentre le dita tamburellavano stilla pipa e l'anello rifletteva la luce del focolare. «Scusa, stavo pensando ad altro. Sì, un drago vive a lungo, per sempre in effetti, a meno che non venga ucciso e il suo Cavaliere non muoia.»

«Come fai a saperlo?» obiettò Eragon. «Se un drago muore quando muore il suo Cavaliere, allora potrebbe vivere solo fino a sessanta, settantanni. Durante la tua…narrazione, hai detto che i Cavalieri vissero per centinaia di anni, ma questo è impossibile.» Il pensiero di sopravvivere alla sua famiglia e ai suoi amici lo turbava.

Un sorriso indulgente comparve sulle labbra di Brom quando disse: «Che cosa sia possibile o no, è una questione aperta. Alcuni sostengono che non si può viaggiare sulla Grande Dorsale e sopravvivere, ma tu lo fai. Dipende dai punti di vista. Devi essere molto saggio per sapere tante cose alla tua giovane età.» Eragon arrossì e il vecchio ridacchiò. «Non te la prendere; nessuno si aspetta che tu le sappia. Dimentichi che i draghi erano magici, ed esercitavano strane influenze su tutto ciò che li circondava. Grazie alla stretta convivenza, i Cavalieri ne subirono i più vistosi effetti. Il più comune era il prolungamento della vita. Il nostro re è vissuto abbastanza da dimostrarlo, anche se la maggior parte della gente ne attribuisce la causa ai suoi poteri magici. C'erano anche altri cambiamenti, meno evidenti. Tutti i Cavalieri avevano un fisico più resistente, una mente più scaltra e una vista più acuta rispetto agli uomini normali, E i Cavalieri umani col tempo sviluppavano orecchie a punta, anche se non grandi come quelle degli elfi.» Eragon fece appena in tempo a frenare la mano che d'istinto gli saliva alle orecchie. I n quale altro modo quel drago cambierà la mia vita? Non solo mi e entrato nella mente, ma anche il mio corpo si trasformerà «I draghi erano intelligenti?»

«Non hai sentito quello che ti ho detto prima?» esclamò Brom, spazientito. «Come avrebbero potuto gli elfi stringere accordi di pace con delle bestie ottuse? Certo che erano intelligenti, come te e me.»

«Ma erano animali» insistette Eragon.

Brom sbuffò. «Non più animali di noi. Per qualche ragione, la gente. esaltava tutto quello che facevano i Cavalieri, ma ignorava i draghi, considerandoli niente più che un esotico mezzo di trasporto. Be', non lo erano. Le grandi gesta dei Cavalieri furono possibili soltanto grazie ai draghi. Quanti uomini avrebbero osato sguainare la spada, sapendo che un lucertolone sputafuoco, con più saggezza e astuzia di quanta perfino un re possa mai sperare di avere, sarebbe arrivato a fermare la violenza? Eh?» Soffiò un altro anello di fumo e lo guardò volar via.

«Ne hai mai visto uno?»

«No» disse Brom. «Scomparvero molto prima della mia epoca.»

E adesso il nome . «Sto cercando di ricordare il nome di un certo drago, ma continua a sfuggirmi. Mi pare di averlo sentito quando sono venuti gli ambulanti a Carvahall, ma non ne sono sicuro. Mi puoi aiutare?»

Brom si strinse nelle spalle ed elencò una serie di nomi. «C'erano Jura. Hìrador, e Fundor, che combatterono contro il gigantesco serpente di mare. Galzra. Briam. Ohen il Gagliardo. Gretiem. Beroan. Roslarb...» Ne aggiunse molti altri. Alla fine ne pronunciò uno a voce talmente bassa che Eragon lo udì appena: «... e Saphira.» Brom svuotò la pipa nel focolare. «Era uno di questi?» «Temo di no» disse Eragon. Brom gli aveva fornito parecchio materiale su cui riflettere, e comunque si stava facendo tardi. «Be', probabilmente Roran ha finito da Horst. Mi dispiace, ma devo andare.»

Brom inarcò un sopracciglio. «Cosa? Tutto qui? Credevo di dover rispondere alle tue domande finché non fosse venuto a chiamarti. Nessuna domanda sulle tattiche di guerra dragonesche, niente descrizioni di combattimenti d'aria mozzafiato? Abbiamo finito?»

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