Volodyk - Paolini1-Eragon.doc

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Lo assillava un tormentoso dilemma: allevando un drago, sarebbe potuto diventare un Cavaliere. Tutti conoscevano e amavano i miti e le leggende sui Cavalieri, e diventare uno di loro gli avrebbe assicurato un posto fra quelle leggende. Ma se l'Impero avesse scoperto il drago, lui e la sua famiglia sarebbero stati condannati a morte, a meno che lui non si fosse unito al re. Nessuno avrebbe potuto - o voluto - aiutarli. La soluzione più semplice sarebbe stata sopprimere il drago, ma l'idea era così ripugnante che la scartò subito. I draghi erano creature sacre per lui. E poi, che cosa potrebbe tradirci? pensò. Viviamo in una regione sperduta, e non facciamo nulla per attirare l’attezione.

Il problema era convincere Garrow e Roran a permettergli di tenere il drago. Nessuno dei due sarebbe stato favorevole a una cosa del genere. Potrei allevarlo di nascosto.In un paio di mesi diventerà troppo grande perché Garrow possa sbarazzarsene: ma lo accetterà? E se anche fosse, come faccio a procurargli il cibo finché lo tengo nascosto? Adesso è grande quanto un gatto, ma si è divorato una montagna di carnei. Immagino che alla fine sarà in grado di cacciare da solo, ma fino ad allora? Sopravviverà al freddo che fa fuori? Il desiderio di tenere il drago era troppo forte. Più ci pensava, più si sentiva convinto. Comunque fossero andate le cose con Garrow, Eragon avrebbe fatto di tutto per proteggerlo.

Finalmente deciso, si addormentò con il drago accoccolato al fianco. :

All'alba, trovò il drago appollaiato sulla colonnina del letto, come un'antica sentinella intenta a salutare il nuovo giorno. Eragon ammirò il suo colore. Non aveva mai visto un blu così limpido e intenso. Le sue squame splendevano come centinaia di pietre preziose. Il ragazzo notò che l'ovale bianco sul palmo della mano, dove aveva toccato il drago, riluceva argenteo. Pensò di poterlo nascondere tenendo le mani sporche.

Il drago si lanciò dalla colonnina e atterrò sul pavimento, Eragon lo prese e uscì dalla casa silenziosa, fermandosi solo per prendere dell'altra carne, qualche correggia di cuoio e diversi stracci. L'aria del mattino era frizzante; tino strato di neve fresca ricopriva la fattoria. Sorrise quando dal rifugio sicuro delle sue braccia la creatura si guardò intorno con curiosità. Attraversò i campi di corsa e s'inoltrò nell'oscura foresta, in cerca di un luogo protetto dove nascondere il drago. Alla fine trovò un sorbo rosso solitario in cima a una collinetta brulla, i rami grigi coperti di neve che svettavano come dita scheletriche verso il cielo. Posò il drago alla base del tronco.

Con dita abili ed esperte, usando le cinghie di cuoio, intrecciò un cappio che fece passare sulla testa del drago, intento a esplorare i mucchietti di neve attorno all'albero, il cuoio era consumato, ma avrebbe retto. Eragon osservò il drago annaspare nel tentativo di spostarsi: allora sciolse il cappio e ne fece invece una briglia, perché la creatura non si strangolasse. Poi raccolse una bracciata di rametti e ricostruì sopra l'albero un piccolo rifugio, che foderò di stracci e riempì di carne secca. L'albero ondeggiò sotto il suo peso; sul viso gli piovve una cascatella di neve. Allora sistemò altri stracci sull'apertura del rifugio per mantenerlo caldo e osservò compiaciuto l'opera finita. «È ora di mostrarti la tua nuova casa» disse, e scese a prendere il drago. La creatura subito cercò di divincolarsi, poi entrò nel rifugio e mangiò un pezzo di carne, si rannicchiò e lo guardò con aria schiva. «Finché resterai qui, andrà tutto bene» disse Eragon. Il drago continuò a fissarlo. Sicuro di non essere stato capito, Eragon lasciò libera la mente finché non avvertì la coscienza del drago. Ancora una volta provò una terribile sensazione di apertura, uno spazio così immenso da opprimerlo come una coltre pesante. Appellandosi a tutte le sue forze, si concentrò sul drago per imprimergli nella coscienza un unico concetto: Resta qui . Il drago smise di muoversi e inclinò la testa verso di lui, Eragon insistette: Resta qui. Avvertì un debole cenno affermativo attraverso il contatto, ma dubitò che la creatura avesse davvero capito. A lla fine, è solo un animale . Si ritrasse con sollievo dal contatto e tornò nei confini sicuri della propria mente.

Scese dall'albero e si allontanò, gettandosi continue occhiate alle spalle. Il drago fece capolino dal rifugio e lo guardò con gli occhi spalancati.

Tornato di corsa a casa, Eragon sgattaiolò in camera sua per sbarazzarsi dei frammenti d'uovo. Era sicuro che Garrow e Roran non avrebbero notato l'assenza della pietra: l'avevano dimenticata non appena avevano saputo di non poterla vendere. Quando si svegliarono. Roran disse di aver sentito dei rumori nella notte, ma con grande sollievo di Eragon, non insistette.

L'entusiamo aiutò Eragon a far passare in fretta la giornata. La facilità con cui era riuscito a nascondere il segno sulla mano lo liberò da ogni preoccupazione. Ben presto tornò al sorbo rosso, portando con sé delle salsicce che aveva sottratto dalla dispensa. Si avvicinò all'albero con apprensione. Riuscirà a sopravvivere all'inverno?

Le sue paure erano infondate. Appollaiato su un ramo, il drago stava masticando qualcosa che teneva fra le zampe davanti. Non appena lo vide, cominciò a squittire, eccitato, Eragon fu lieto che fosse rimasto sull'albero, alla larga da eventuali predatori. Non appena lui posò le salsicce ai piedi dell'albero, il drago scese. Mentre divorava vorace il cibo, Eragon esaminò il rifugio. Tutta la carne che aveva lasciato era scomparsa, ma il covo era intatto, e il pavimento era cosparso di piume. B ene. Sa procurarsi il cibo da solo.

In quel momento si rese conto di non sapere se il drago era maschio o femmina. Lo prese in braccio e lo voltò, ignorando i suoi squittii di disapprovazione, ma non riuscì a trovare alcun segno distintivo. A quanto pare non rivela i suoi segreti senza combattere.

Passò molto tempo col drago. Lo slegò, lo posò su una spalla e andò con lui a esplorare il bosco. Gli alberi carichi di neve li sovrastavano come solenni pilastri di una grande cattedrale. In quell'isolamento, Eragon disse al drago tutto ciò che sapeva della foresta, senza curarsi se capisse le sue parole. Era il semplice atto di mettere in comune una conoscenza che era importante. Gli parlò di continuo. Il drago ricambiava il suo sguardo con occhi brillanti, bevendosi ogni sua parola. Per un po' Eragon sedette con la creatura in grembo, guardandola con stupore, ancora turbato dai fatti recenti. Si avviò verso casa al tramonto, sentendo il duro sguardo azzurro che gli trafiggeva le spalle, pieno di risentimento per l'abbandono.

Quella notte fu tormentato dall'angoscia di quello che sarebbe potuto succedere al piccolo animale indifeso. Immagini di tempeste di ghiaccio e feroci animali gli affollarono la mente, impedendogli di prendere sonno. Quando, dopo parecchie ore, si addormentò, sognò volpi e lupi neri che sbranavano il drago con zanne insanguinate.

Alle prime luci dell'alba, Eragon uscì di corsa dalla casa con cibo e altre pezze di stoffa per isolare meglio il rifugio. Trovò il drago sano e salvo, che osservava il sorgere del sole dall'alto di un ramo. Eragon ringraziò con fervore tutti gli dei, noti e sconosciuti. Il drago scese mentre lui si avvicinava e gli balzò in braccio, rannicchiandosi contro il suo petto. Il freddo non lo aveva infastidito, ma sembrava spaventato. Emise dalle narici un breve sbuffo di fumo nero. Eragon lo accarezzò e si sedette con la schiena appoggiata al sorbo rosso, mormorando dolcemente. Restò immobile mentre il drago gli ficcava la testa sotto la giacca. Dopo un po' si sciolse dall'abbràccio e gli salì sulla spalla. Eragon gli diede da mangiare, poi sistemò altri stracci sulla piccola capanna. Giocarono insieme per un po': ma Eragon doveva tornare a casa presto.

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