In Castello
Nella Caserma S. Francesco
Nella caserma S. Gerolamo
Nella caserma S. Vittore
Nella caserma delle Grazie
Nella caserma di S. Eustorgio
Nella caserma di S. Angelo
Nella caserma dell'Incoronata
Nella caserma di S. Simpliciano
Collegio di S. Luca
In questo stato di forze non si trovano comprese le armi morte, cioè quelle non combattenti (chiamate dei Tedeschi planisti), le quali sommavano a un migliaio. Nei giorni successivi però al 18 marzo, avendo Radetzky chiamato a Milano altri corpi, l'ammontare della forza militare tedesca aumentò sino a ventimila.
Tutte queste truppe però trovavansi nel 18 e 19 marzo disseminati in 52 posti, i quali erano: la gran Guardia in angolo alla piazza Mercanti, ove erano 2 cannoni;—le undici porte della città;—il Castello;—le altre undici caserme;—l'Arena;—il General Comando;—il Genio;—la Cancelleria militare in casa Cagnola;—la casa Arconati in via di Brisa (alloggio di Radetzky);—i forni militari;—l'Ospitale militare a S. Ambrogio; i granai militari a Porta Tosa;—le case sul vicino baluardo presso la Polveriera;—il baluardo del monte Tabor a Porta Romana;—il magazzino a S. Apollinare;—la Polizia generale e gli altri suoi uffici di Piazza Mercanti, Andegari, S. Simone e S. Antonio;—la Casa di correzione;—il Tribunal criminale;—il Tribunal civile;—il Duomo;—l'Arcivescovado;—la Corte, provveduta anche di artiglieria;—il Broletto in cui eranvi pure cannoni;—il Demanio; il Palazzo del Tesoro (Marino);—la regia Villa al giardino pubblico;—il palazzo di governo;—la Zecca.
La giornata del 18 marzo era piovosa:—sembrava che la natura, prevedendo le crudeltà che avrebbe commesse una soldatesca straniera, avversa agli Italiani per la ragion stessa ch'era straniera, indispettita e resa feroce per l'odio che conosceva esser nutrito contro di essa non per le nazioni a cui appartenevano i diversi militari, ma per l'uso a cui eran diretti, cioè a servir di strumento alla tirannide ultramontana,—sembrava che la natura s'attristisse nella previsione delle crudeli lotte che si preparavano pei Milanesi, e pel sangue che si sarebbe versato.—Era giornata piovosa, melanconica, triste come il cielo sotto cui eran nati que' soldati:—ma in mezzo alla tristezza della giornata splendeva il raggio dell'entusiasmo popolare, e i cittadini ricordando i crudeli destini a cui avea anticamente ridotta la città un tedesco imperatore, dal color della barba chiamato Barbarossa , rammentaronsi ben anco Legnano e la vittoria ottenuta sull'alemanno oppressore,—e giurarono vincere o morire, rammemorando l'ingiunzione delle madri spartane ai lor figli in partenza per la guerra, allorchè, additando lo scudo di cui eran muniti: Ritornerai , dicevano, o con questo o su questo : ossia o vittorioso o morto.
Nell'interno intanto della città gli avvenimenti prendevano una piega di una gravita straordinaria. Ad un'ora circa pomeridiana, narra una storia contemporanea 5 5 Racconti di 200 e più testimoni oculari dei fatti delle gloriose cinque giornate in Milano.— Milano, presso Luigi Ronchi , 1848.
, comparvero dieci gendarmi di cavalleria, comandati dal Commesso di polizia Zamara. Entrarono dalla Piazza Mercanti e si presentarono di fianco alla piazza del Duomo. Il cavallo del commesso cadde, ed allora un uomo del popolo arditamente s'interpose fra la squadra ed il suo comandante, togliendo di mano ad un gendarme la carabina; indi, rifugiandosi dietro una bara caricata di vino, con cui si fece barriera, scaricò il fucile, spargendo il terrore e la confusione nei militari, i quali chiesero soccorso ad un corpo di ussari alla Piazza Mercanti. Quel momento fu il segnale della lotta, poichè lasciò campo al distaccamento dei granatieri di guardia alla corte di fare una sortita.
A questo cenno storico però della storia suaccennata, noi dobbiamo per omaggio alla verità aggiungere che il signor Antonio Zamara in un suo opuscolo intitolato: Giustificazione del cittadino Antonio Zamara sul di lui operato nelle cinque giornate , ecc. (pubblicato dalla Tipografia Valentini e C.) volle negare il fatto d'esser stato lui quello che capeggiava quella pattuglia, cercò giustificare il proprio servizio nella polizia, asserendo ch'egli era stato soltanto incaricato per la direzione del corso delle carrozze ed al teatro della Scala sul palco scenico, e finalmente ritenne giustificare il suo passato col far professione di fede liberale. Sebbene possa essere avvenuto benissimo un errore di persona in quello che dirigeva la pattuglia di cavalleria, dobbiamo però notare sulle altre giustificazioni che un impiegato di polizia che immediatamente dopo il trionfo di una rivoluzione soglia proclamare di esser sempre stato di sentimenti liberali, egli è lo stesso che rendere molto sospetto quell'uomo, a meno che fosse un praticante soltanto; giacchè l'Austria allorchè poneva a soldo un impiegato politico, voleva esser ben garantita che avrebbe potuto far calcolo del suo zelo e della sua fedeltà. Ma di questi casi di bugiarde professioni ne abbiam vedute molte; avendo persino veduti commissarii superiori di polizia far da liberale appena partito il governo austriaco. A questi impostori diremo di gettar la maschera con cui hanno illuso il popolo e colla quale se ne sono approfittati per sedere a posti elevati negli ufficii costituitisi subito dopo la rivoluzione nel 1848, come dopo la partenza dei Tedeschi nel 1859: gettino la maschera giacchè l'Austria non promoveva al grado di commissario superiore uomini de' quali non avesse avute guarentigie sulla loro sincera adesione al dispotismo. In nuovo governo potevano servire gli antichi impiegati: sta bene! sarebbesi con ciò compiuta un'opera di conciliazione, avrebbe il nuovo governo usufruttato delle cognizioni che da una lunga pratica d'ufficio acquistatasi, avrebbe mostrato doversi ammettere la riabilitazione dell'uomo: ma io sprezzo coloro che dopo aver servito fedelmente l'Austria, fecero il cerretano col proclamare di averla tradita: questi son quelli capaci di disertare bandiere ad ogni volger di casi. La giustificazione quindi anche del Zamara non può essere rifiutata in tutto, ma accolta soltanto col beneficio dell'inventario.
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