Per Sempre 1
PATRICIA MORENZ
Traduzione italiana Valeria Bragante
Titolo originale: Para siempre es mucho tiempo
Para siempre, 1
© 2020, Patricia Morenz
©1 aEdizione italiana, 2020
Tutti i diritti riservati.
Illustrazione: Camila “Tsuki” Arévalo
Tutti i nomi, i personaggi, i luoghi e gli avvenimenti di questo romanzo sono prodotti dell’immaginazione dell’autrice, o sono utilizzati per mera finzione.
Qualunque somiglianza con persone vive o decedute è pura coincidenza.
INDICE
Pagina del titolo PER SEMPRE È TANTO TEMPO Per Sempre 1 PATRICIA MORENZ Traduzione italiana Valeria Bragante
Diritto d'autore Titolo originale: Para siempre es mucho tiempo Para siempre, 1 © 2020, Patricia Morenz ©1 a Edizione italiana, 2020 Tutti i diritti riservati. Illustrazione: Camila “Tsuki” Arévalo Tutti i nomi, i personaggi, i luoghi e gli avvenimenti di questo romanzo sono prodotti dell’immaginazione dell’autrice, o sono utilizzati per mera finzione. Qualunque somiglianza con persone vive o decedute è pura coincidenza.
Dedizione A quei primi amori che non si dimenticano mai, i più sinceri.
Prologo A quei primi amori che non si dimenticano mai, i più sinceri.
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 5
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Capitolo 31
Capitolo 32
Capitolo 33
Capitolo 34
Epilogo
Prossimo libro
Ringraziamenti
Informazioni sull'autrice
Contatti
A quei primi amori che non si dimenticano mai,
i più sinceri.
PROLOGO
«I biscotti che fa tua madre sono i migliori» assicurò Jake assaporando quelli che gli avevo portato.
«Lo so … Mia mamma è la cuoca migliore» e poi precisai, «anche la tua mamma cucina molto bene.»
«Certo, ma questo» indicò il biscotto con scaglie di cioccolato che teneva nell’altra mano, «questo è a un altro livello.»
Restammo in silenzio mentre masticavamo, il pomeriggio era perfetto sulla casa sull'albero che c’era nella sua proprietà. Suo padre voleva abbatterla quando si trasferirono qui, anche prima che noi nascessimo, ma ci ripensò vedendo che a Scott – fratello maggiore di Jake – piaceva molto; lui era sempre stato il suo figlio prediletto, lo notai negli anni, dato che la casa rimase intatta. Adesso, tuttavia, Scott aveva molti amici ed era troppo cool per passare il suo tempo qui, quindi era diventata il nostro rifugio.
«Come vanno le cose con i tuoi genitori?» chiese Jake, rompendo il silenzio.
«Bene» risposi facendo spallucce «Bene per quanto possibile … e i tuoi genitori?»
«Bene» disse ripetendo il gesto con le spalle «Bene per quanto possibile.»
Lo facevamo spesso. Ripetevamo le nostre domande e risposte, ci guardavamo sorridendo. Entrambi sapevamo ciò che nascondevano queste parole e riuscivamo a capirci anche senza dire niente.
Erano mesi che a casa le cose non andavano bene e lo avevo raccontato a Jake; lui era il mio migliore amico. Anche se avevamo solo quasi dieci anni, tutta la mia vita ruotava intorno a lui, non ricordo nemmeno quando lo conobbi, perché lo conoscevo da sempre. Eravamo vicini di casa, compagni di scuola e migliori amici, ed io non avevo fratelli, così che lui era diventato quasi mio fratello.
Le nostre madri erano vicine di casa e amiche, poiché qualche volta le avevo sentite scambiarsi ricette di cucina. Ma la mamma di Jake, al contrario della mia, era più riservata – anche troppo in molte occasioni – specialmente quando suo marito, il Sig. Johnson, era presente. Infatti, tutti erano più riservati intorno a lui; era un tipo duro, insegnava all’Università di New York.
Jake mi raccontava sempre le cose per le quali i suoi genitori discutevano ogni giorno o le cose che gli diceva suo padre, paragonandolo a suo fratello, ma ci appoggiavamo l’uno all’altro e ci tenevamo a galla a vicenda. Uno aveva sempre l’altro e questo rendeva tutto migliore.
«Ora del silenzio?» chiesi divertita.
Non era mai un silenzio imbarazzante. Ci piaceva stenderci sul freddo pavimento di legno e semplicemente ascoltare il nulla, sostenerci a vicenda senza dire una parola.
Sentii il suo respiro agitato, stavolta qualcosa era cambiato.
«No» affermò deciso. «Voglio dirti qualcosa …»
Vidi il dubbio nei suoi occhi, anche se non ne conoscevo il motivo.
«Sai che puoi dirmi qualunque cosa» assicurai, con il presentimento di qualcosa di serio.
«Io …» non riusciva a continuare la frase e i suoi occhi vagavano tra il mio sguardo e il pavimento.
«Dillo e basta» lo incoraggiai, avvicinandomi e mettendomi proprio di fronte a lui.
«Io … non posso dirlo … a parole …» sussurrò.
Altri dubbi si accumulavano nei suoi occhi a ogni secondo che passava, ma prima che potessi intervenire di nuovo, annullò i pochi centimetri che ci separavano e stampò le sue labbra sulle mie. Entrambi chiudemmo brevemente gli occhi e poi ci tirammo indietro subito. I miei occhi erano spalancati sicuramente con uno sguardo da cosa-diavolo-è-successo, mentre vedevo Jake deglutire con difficoltà, ma sosteneva il mio sguardo aspettando la mia reazione.
«Ti è piaciuto?» borbottò, incerto.
Mi era piaciuto? Di cosa diavolo stava parlando? Non sapevo nemmeno che cosa era appena successo. Nella mia testa si era scatenata una tempesta di pensieri, ma non riuscivo a smettere di guardarlo.
«Jocelyn!» gridò la mamma di Jake da sotto l’albero, facendoci trasalire e interrompere il contatto visivo, «Jocelyn, tesoro, tua madre ha chiamato, ha detto di andare immediatamente a casa.»
La Sig.ra Johnson era molto seria e il mio stomaco si chiuse ancora di più. Mamma non faceva mai così, io tornavo sempre all’orario stabilito, ma non avrei verificato nulla se prima non arrivavo a casa.
Iniziai a scendere senza dire una parola, seguita a prudente distanza dal mio amico.
«A domani, Sig.ra Johnson» dissi timidamente. «Ciao, Jake» pronunciai appena, uscii rapidamente da un lato della casa.
Appena raggiunto il marciapiede, iniziai a correre con le mie scarpe da ginnastica nere, non sapevo se perché ero preoccupata di arrivare a casa e verificare cosa mamma voleva da me, o perché stavo scappando, da cosa? Non ne avevo idea. Sapevo solo che il mio migliore amico mi aveva baciata ed io non riuscivo ancora a rendermi conto di cosa significava.
Jake era il mio migliore amico. Era? … Non so perché non dissi: É.
Non sapevo se era giusto. Cavolo, no, non era giusto. Eravamo appena due bambini, o no? Anche se il suo bacio non aveva malizia, al contrario era stato così dolce … ed anche impacciato, una goffaggine dolce.
Non sapevo come lo avrei affrontato a partire da quel momento, ma non dovetti nemmeno farlo, perché quella sera stessa lasciai la città.
CAPITOLO 1
CINQUE ANNI DOPO
Appena metto un piede fuori di casa, mi viene voglia di tornare sui miei passi, mettermi a letto, nascondere la testa sotto le coperte e pregare che il tempo torni indietro. Sì, questo andrebbe bene.
Posso quasi vedere Jake passare da casa mia per andare insieme alla fermata dell’autobus della scuola. Quasi … ma non oggi. Mi chiedo se sa già che sono tornata, se conosce le ragioni per le quali me ne sono andata e cosa più importante perché sono tornata.
Читать дальше